L’appello, a quanto pare, ha funzionato. Fumata bianca, oggi, dopo l’incontro che si è svolto a Palazzo Chigi tra il ministro Gelmini, il sottosegretario Gianni Letta, l’on. Lupi e alcuni tra i firmatari dell’appello appellogiovani.it, lanciato pubblicamente nei giorni scorsi per richiamare l’attenzione sul problema dell’accesso ai percorsi universitari che dovrebbero abilitare alla professione i nuovo insegnanti.
I firmatari chiedevano al ministro di rimettere mano al decreto che dal prossimo ottobre avrebbe drasticamente limitato gli accessi ai percorsi formativi attivati dalle università per formare i nuovi docenti. L’accusa era quella di chiudere la scuola al futuro delle nuove generazioni e di fare dell’Italia «un paese per vecchi» (questo lo slogan dell’appello, sottoscritto da più di 14mila firmatari, tra i quali rettori, docenti universitari, giornalisti, esponenti del mondo economico e della finanza, etc), dando una corsia preferenziale – ma al lato pratico, esclusiva – ai precari collocati nelle graduatorie. Col risultato che per sette anni, e forse più, la quasi totalità dei giovani entrati in università col desiderio di intraprendere la strada dell’insegnamento avrebbero trovato un muro sbarrato, e l’invito, di fatto, a dedicarsi ad altro. Un “di qui non si passa” contro il quale diverse voci, anche da mondo politico, si sono sollevate, chiedendo al ministro di rivedere una scelta politica singolarmente allineata, per l’occasione, a quella dei sindacati.
Il risultato dell’incontro è stato positivo. Esprime soddisfazione Francesco Magni, presidente del Clds (Coordinamento liste per il diritto allo studio), che in un comunicato si dichiara soddisfatto dell’accordo raggiunto «per il fatto che, insieme al fabbisogno, si è finalmente tenuto conto dell’offerta formativa delle università come elemento decisivo per stabilire il numero di posti da assegnare ai giovani per consentire loro di conseguire l’abilitazione all’insegnamento».
Proprio sul calcolo del fabbisogno si erano registrati i maggiori attriti tra le parti. Attraverso i numeri del fabbisogno infatti l’amministrazione aveva fatto valere il principio che l’esigenza di nuovo personale, calcolato su base regionale, non era tale da giustificare l’apertura, a cominciare da questo anno accademico, dei percorsi abilitanti in numero significativo e proporzionato alla domanda. In alcune regioni, anzi, le cifre del fabbisogno erano prossime allo zero. Moltissimi giovani, in altre parole, sarebbero rimasti fuori. Senza domanda, le università non avrebbero nemmeno aperto i percorsi di studio, mandando in soffitta i corsi abilitanti predisposti dallo stesso Regolamento voluto dal ministro. Con la conseguenza di creare un vero e proprio stop generazionale, vista il numero eccezionale di precari (più di 200mila) che avrebbero avuto garantita l’assunzione a discapito dei giovani.
Oggi la situazione si è sbloccata e, come dice il comunicato ufficiale diffuso dal Miur, «si prospetta dunque una situazione più favorevole, che tiene conto anche delle esigenze dei giovani. I numeri dei posti che saranno assegnati risulteranno, infatti, dall’incrocio tra quelli pubblicati dal Miur e l’offerta formativa formulata dalle università». In altri termini, non sarà soltanto il Miur a regolare gli accessi, che saranno invece determinati anche sulla base delle indicazioni provenienti dalle università.
Nel corso dell’incontro «il Ministero» dice il comunicato ufficiale «ha presentato i problemi aperti relativi all’attivazione dei Tirocini Formativi Attivi (TFA) transitori di cui si è discusso in questi giorni. Come risulta dai dati pubblicati il giorno 8 settembre sul sito del MIUR, i posti disponibili erano già pari a 10.285. Sono stati implementati di ulteriori 3.000 posti riservati ai TFA per le Scuole superiori, per un totale di 13.285 posti per i soli TFA transitori, finalizzati al conseguimento dell’abilitazione all’insegnamento nelle Scuole secondarie di I e II grado per l’a.a. 2011/12».
A questo punto «il Ministero diramerà quindi una nota ai direttori degli uffici scolastici regionali e una nota alle università, incoraggiandole a presentare piani formativi sulla base delle loro capacità di offerta. Contemporaneamente viale Trastevere solleciterà i comitati regionali di coordinamento affinché recepiscano l’offerta formativa degli atenei e valutino la congruenza didattica delle proposte».
L’accordo ha accontentato tutti, studenti e ministro. Se la Gelmini infatti vede sostanzialmente confermato il Regolamento sulla formazione iniziale degli insegnanti elaborato in questi anni, gli studenti possono salutare con soddisfazione il fatto che i TFA disponibili non saranno solo quelli decisi centralmente, ma terranno conto anche della domanda proveniente dalle università. In questo modo, le università, ha detto Francesco Magni, «avranno un ruolo di primo piano nel promuovere il futuro dei giovani che stanno formando. Si riapre uno spiraglio per il futuro delle giovani generazioni, ma il lavoro è ancora lungo e occorrerà continuare a dare il nostro contributo, invitando i nostri docenti e i nostri rettori a fare altrettanto».