Il Coordinamento Liste per il Diritto allo Studio ha diffuso oggi un appello (L’Italia è un Paese per vecchi?) in merito all’entrata in vigore il prossimo mese di ottobre del decreto Gelmini sull’abilitazione all’insegnamento. Un decreto che il presidente del CLDS Francesco Magni definisce negativo, in quanto bloccherebbe ai giovani la possibilità di abilitarsi. Il documento, diffuso su Internet, è a firma Appellogiovani.it e contiene la possibilità di firmarlo e di diffonderlo.



Francesco Magni sottolinea che tale decreto  colpisce “gravemente gli studenti, le università, le scuole e tutto il paese. Il fatto è estremamente grave e iniquo”. Si legge nell’appello che quanto il ministro Gelmini si appresta a firmare “avrà l’effetto di escludere per diversi anni le giovani generazioni dall’insegnamento nella scuola secondaria di primo e secondo grado. Nei prossimi anni i posti disponibili per le lauree magistrali e le abilitazioni all’insegnamento saranno ridotti a una quantità irrisoria, che oltre ad essere assolutamente insufficiente a rispondere alle reali necessità della scuola, impedirà ai giovani di abilitarsi”.



Un decreto, si legge ancora, sostenuto dai sindacati per privilegiare i diritti acquisiti dai numerosi precari già inseriti nelle graduatorie ad esaurimento e far pagare il prezzo del passato solo ed esclusivamente ai giovani. Di fatto verrebbero tagliati fuori dall’abilitazione tutti coloro che insegnano dal 2008 senza abilitazione, chi è ancora in fase di formazione e chi s’iscriverà nei prossimi anni all’università. Tutto questo, secondo Appellogiovani, porterà a due conseguenze: “1) In ambito scolastico si determinerà un vuoto generazionale di almeno 7 anni (ma stime meno ottimistiche dicono 10), che aumenterà l’età media del corpo docente italiano, già oggi tra le più alte in Europa. 2) In ambito universitario saremo spettatori dell’inevitabile e drastica diminuzione degli iscritti alle Facoltà umanistiche e scientifiche che hanno nell’insegnamento un loro naturale e costitutivo sbocco professionale (anche se ovviamente non l’unico), con conseguenze irreparabili per il livello culturale del Paese”. Si chiede dunque la revisione del decreto, con la proposta di tre possibili soluzioni:



1. Sganciare l’abilitazione dal reclutamento, come già avviene per le altre professioni: abilitarsi non significa, infatti, ottenere di diritto il posto d’insegnante in ruolo, ma conseguire un titolo spendibile sul mercato del lavoro, sul modello delle idoneità (è quanto già avviene in tutto il resto d’Europa).

2. Rendere disponibile per le lauree magistrali e per le abilitazioni all’insegnamento un numero di posti sufficiente a garantire un effettivo ricambio generazionale e una risposta alle reali necessità della scuola.

3. Avviare contestualmente e con urgenza una ridefinizione delle modalità di reclutamento dei docenti che assicuri selezione e qualità e che garantisca sia i diritti acquisiti di chi è già iscritto in graduatoria, sia le aspettative dei giovani abilitati di inserirsi nel mondo del lavoro.

Al momento hanno già firmato l’appello numerose personalità del mondo della cultura. Tra gli altri, Eugenio Borgna (primario di psichiatria  dell’ospedale di Novara), Angelo Bianchi (preside della facoltà di lettere dell’Università Cattolica del Sacro Cuore), Davide Bassi (rettore dell’università di Trento), Alessandro D’Avenia (insegnante e scrittore), Eugenio Corti (scrittore), Franco Branciaroli (attore e regista), Luigi Lacchè (rettore dell’Università di Macerata), Domenico Laforgia (rettore dell’università di Salerno).

 

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