Il buon articolo di Marco Lodoli su Repubblica ha il merito di sollevare la questione delle emozioni. Lo fa parlando della scuola, ma certo si capisce sta parlando della cultura tutta. Il primato delle emozioni, è veramente ciò che caratterizza questa epoca; e la scuola ne fa le spese, come ogni altro ambito. Basta accendere la televisione per vedere come tutto sia ridotto ad emotività, pura reazione: ce ne accorgiamo soprattutto nelle sitcom dove le risate registrate suonano subito isteriche a un orecchio appena appena attento, nei reality in cui la gente finge di ritrovarsi e tutti fanno ohhh! lo stesso, ma anche in molti film che strappano il cuore solo perché in grado di toccare le corde giuste con dei trappoloni emozionali.
Eppure l’alternativa non sta in logica-razionalità-analisi-sintesi, per dirla alla Lodoli. Anzi proprio tale scissione fra ragione e sentimento è la radice del guaio in cui siamo cascati. Emozioni vs pensiero, è questa la guerra che si combatte ogni giorno nei luoghi di convivenza, scuola compresa. Le emozioni, che esistono e spesso sono potenti (se non addirittura prepotenti) hanno infatti nel tempo assunto quel ruolo di guida e di orientamento che invece è proprio del pensiero individuale; lo hanno spodestato occupandone il terreno.
Le emozioni hanno la caratteristica di riportare ogni fattore a una presupposta interiorità, riducendone il valore. Soprattutto prendono il sopravvento quando si è persa la concezione del rapporto: nella loro logica l’altro è parte solamente di un meccanismo di azione-reazione, è ridotto suo malgrado a un sollecitatore di ormoni e mediatori chimici. Con un altro così non si possono fare affari e neanche stabilire un contradditorio, tantomeno imparare qualcosa. Ossia non c’è rapporto. Dobbiamo piuttosto tornare a porre la centralità del pensiero nient’affatto astratto o fumoso, ma dotazione di partenza di ogni singolo soggetto che lo rende capace di formulare giudizi sulle cose, sugli uomini e sui loro atti, così come sulle loro creazioni. Va riconosciuto in primis in noi e poi nei ragazzi. E’ il giudizio che dovrebbe sollecitare la scuola, quella specialissima capacità di esplorare e valutare ogni aspetto della realtà, che sia un evento storico o un’equazione di primo grado, secondo un principio di convenienza personale. Lo potrà fare in qualche caso anche alleandosi con le emozioni. Effimere e labili quanto si vuole, ma non sempre immotivate o irragionevoli.
E assieme al giudizio ci auguriamo che in classe vengano suscitate passioni, lontane anni-luce dalle pure emozioni. Le passioni si trasmettono per opera di un altro, le emozioni fan da sé. Le passioni nascono dall’impegno e originano dal giudizio di convenienza di un aspetto particolare della realtà col proprio io. Le emozioni non chiedono nessun impegno, travolgono da sole. Le passioni col tempo si consolidano e crescono, le emozioni bruciano e spariscono.
Ecco allora l’augurio per l’inizio di questo nuovo anno scolastico: che i ragazzi incontrino adulti che per primi si sottraggano al predominio delle emozioni, adulti che sappiano comunicare la passione per le materie coltivate in tanti anni di studio e pratica, che esercitino e sollecitino il giudizio sulla realtà. Tutto il resto sono tattica e organizzazione. Importantissimi, anzi imprescindibili e quindi da curare al massimo; ma sempre secondari rispetto al pensiero che vi mette ordine e orienta.