Approvati a fine 2011, i finanziamenti per la ricerca universitaria (i cosiddetti Prin) nonché quelli per i giovani ricercatori (Firb Giovani) stanno suscitando un vivace dibattito. Protagonisti sono naturalmente i rettori e i direttori di università ed enti di ricerca. Critici ad esempio sono stati il direttore della Scuola Normale di Pisa e la direttrice della Scuola Sant’Anna, che lamentano nei nuovi finanziamenti limiti quantitativi ai progetti a discapito di quelli qualitativi. Altri, come il direttore del dipartimento di Medicina del Cnr si dichiarano in gran parte soddisfatti da quanto il ministro Profumo ha varato. Per Marco Ricotti, docente di Impianti nucleari al Politecnico di Milano nonché delegato del rettore del Politecnico alla Ricerca, contattato da IlSussidiario.net, “ci sono tre aspetti decisamente positivi in quanto reso pubblico dal ministero. E cioè i concetti di internazionalizzazione della ricerca, quello di massa critica e i progetti multidisciplinari”. Aggiunge Ricotti che poi “non si discute l’indirizzo politico che il ministero sta prendendo: lo reputo importante,  fondamentale e giustissimo”.



Ricotti, a fronte dei vari punti di vista espressi sino a oggi sull’argomento, lei come giudica il bando sulla ricerca formulato dal ministero?

In realtà, proprio per quello di cui mi occupo in quanto delegato del Rettore alla ricerca, il mio parere al momento è che ci stiamo facendo un parere. Stiamo studiando il bando del ministero e stiamo cercando di capire come muoverci al meglio, come cioè valorizzare al massimo le eccellenze che ci sono al Portello come in altre università italiane.



Immagino che avrà però seguito le polemiche che ci sono state fino ad oggi.

Certamente: devo dire che ci sono aspetti positivi in tutti gli interventi e capisco anche bene la strategia che il ministero sta cercando di impostare. Credo sia importante, e questo è un aspetto positivo della nuova strategia del ministero, l’idea di favorire la formazione di gruppi  multi disciplinari.

Ci spieghi meglio.

Ormai le complessità dei problemi scientifici sono talmente ampie, vaste e complesse che è importante dare vita a gruppi di una certa consistenza, a una massa critica anche numerica che li possa affrontare.



Altrimenti?

O si ragiona anche in questi termini o di risultati significativi soprattutto a livello internazionale non se ne raggiungono. Un altro aspetto positivo al proposito è il concetto di internazionalizzazione dei progetti. Verranno cioè favoriti quei progetti che presentano termini di collegamento internazionale, è questo è un aspetto nuovo e fondamentale.

Le dimensioni dei finanziamenti le sembrano adeguate?

Direi proprio di sì: pensando ad esempio ai progetti che seguo al Politecnico di Milano, che raduna facoltà di ingegneria, architettura e design, avere a disposizione cifre che vanno da un minimo di 800mila euro a un massimo di due milioni permette senz’altro di lavorare a progetti importanti e interessanti. Tendo conto che quando ci sono di mezzo attività sperimentali, ci sono costi molto alti.

E sul fronte delle critiche, lei non ne ha?

Ci sono senz’altro aspetti che si sarebbero potuti considerare meglio. Penso a quanti si sono lamentati a proposito del numero massimo di progetti che si possono presentare e mi sembra una critica legittima. E’ un po’ come dire: si premia la qualità o c’è già un limite imposto al numero?

Ci sono altri aspetti che lei ritiene di sottolineare?

C’è un aspetto che non giudico né positivamente né negativamente, ma di cui prendo atto. Una politica di questo tipo con una implementazione fatta così spinge e favorisce la realizzazione di gruppi di università che possano trovare un accordo strategico comune. Questo potrebbe in effetti favorire gruppi di università di qualità, di eccellenza, facendo nascere un circolo di università affini per interessi e strategie. E’ certamente un discorso a lungo termine che non si risolve con un semplice bando ministeriale, però è una occasione che i Prin danno di favorire la discussione tra università in modo tale da trovare un interesse a collaborare operativamente su alcuni progetti di grande respiro, strategici e di livello internazionale.

Infine cosa ne pensa di chi dice che il bando ministeriale  limita la libertà individuale del ricercatore costringendo a sottoporsi all’esame di gruppi numericamente compositi?

Diciamo subito che questa possibilità in Europa non esiste. Cioè, esiste solo per i giovani ricercatori ma quando si tratta di ricercatori senior nessun progetto a livello europeo viene presentato e può avere chance in modo individuale. Addirittura i programmi europei prevedono anche la presenza dell’industria. La libera iniziativa del singolo in linea di principio è giusta, ma ritengo sia importante che in Italia si cominci a fare un salto di qualità pensando a progetti ambiziosi di grande respiro che richiedono massa critica. La libertà in questo modo non è limitata ma anzi sollecitata a trovare un interesse comune.