Neanche la scuola potrà dirsi impermeabile all’ondata liberalizzante che, nelle intenzioni del governo, interesserà pressoché ogni settore della vita pubblica ed economica del nostro Paese. A breve – l’auspicio è entro fine gennaio – sarà emanato un decreto con un pacchetto di importanti liberalizzazioni. Secondo il ministro dell’Istruzione Francesco Profumo dovrà contenere alcuni provvedimenti, relativi alla sua definizione di priorità: ovvero, edilizia scolastica, autonomia e turn over. Abbiamo chiesto all’ex ministro Fioroni se è d’accordo con il suo successore.
Cosa ne pensa delle priorità elencate dal ministro?
Anzitutto, devo fare una premessa.
Prego.
Credo che lo stile di sobrietà del presidente Monti dovrebbe essere contagioso. E si è sobri quando si riesce a resistere alla tentazione degli annunci.
Cosa intende?
Il mondo della scuola ha già subito negli anni di governo del centrodestra degli attacchi tali per cui non ci si può permettere di fare degli annunci prima di aver verificato con certezza, assieme ai soggetti coinvolti, che quanto si va affermando sia fattibile. Si deve resistere alla tentazione, cioè, di riempiere i giornali per concentrarsi sull’individuare strategie condivise dal sistema dell’istruzione.
Fatta la premessa, le risulta che l’edilizia scolastica sia una priorità?
Effettivamente è l’emergenza del nostro Paese. Non a caso durante il governo Prodi fu lanciato il patto per la sicurezza dei nostri figli che prevedeva il cofinanziamento di Stato, Comune e Regioni e che attivò più di un miliardo di interventi sull’edilizia scolastica.
Oggi come dovrebbe muoversi, in tal senso, il governo Monti?
E’ un’illusione pensare che si possano attivare dei percorsi virtuosi affidandosi esclusivamente al project financing; deve essere, prima di tutto, lo Stato a metterci dei soldi, predisponendo le condizioni affinché si attirino ulteriori risorse, pubbliche e private.
Affidarsi, invece, esclusivamente al project financing cosa comporterebbe?
Si rischierebbe in una parte del Paese di far arricchire i soliti noti con una nuova speculazione edilizia.
Secondo il ministro occorre valorizzare la scuola ripartendo, inoltre, da un’autonomia responsabile.
Credo che, per principio, non sia elegante affermare che esista un’autonomia non responsabile. Le scuole italiane hanno esercitato la propria autonomia con grande senso di responsabilità.
Di chi è, quindi, la colpa dello stallo?
La responsabilità di cui si parla è spesso mancata in chi ha governato in sede nazionale e regionale. Non si può parlare di autonomia quando ad essa manca la responsabilità delle gestione delle risorse finanziarie e umane. Non è sufficiente trasferire alle scuole, per i compiti ordinari, risorse modeste destinate in maniera già insufficiente ad altre finalità. In questo modo, più che potenziare la responsabilità e l’autonomia si rischia di renderla vittima di una furbizia centralizzata.
Crede che ci sia anche un problema legato al turn over e all’accesso dei giovani all’insegnamento?
Certo, per questo occorre dar vita ad una nuova forma di reclutamento, perché la scuola italiani si normalizzi, assumendo, in tal senso, i connotati di qualunque altra pubblica amministrazione.
Lei cosa propone?
Sulla base dei posti disponibili si fa un concorso. Chi vince entra, chi non vince o fa un altro mestiere, o prova un altro concorso. Ma finiamola con il dar vita a nuove graduatorie. Si ha il dovere di calcolare con precisione il fabbisogno e bandire i concorsi in modo da esaurire le graduatorie permanenti e consentire i nuovi accessi. Per questo occorre redigere il regolamento per il nuovo reclutamento e far partire subito il Tirocinio formativo attivo (Tfa).
Cosa si attende dal decreto sulle liberalizzazioni?
Un decreto a costo zero sortirà scarsi risultati. I cambiamenti senza risorse, a carico della scuola, non si possono fare. Spero che il ministro trovi, quindi, le risorse aggiuntive.
Quali sono, in generale, secondo lei, le priorità?
Oltre a quelle succitate, aggiungo la valutazione. Non possiamo essere l’unico Paese occidentale che affidi agli ispettori che dipendono direttamente dal ministro e dal capo dipartimento, quindi dagli organi politici, la valutazione dei dirigenti scolastici e delle scuole.
Come valuta il fatto che il ministro continui a mantenere la presidenza del Cnr?
Fare il ministro della Scuola richiede, più di ogni altra funzione governativa, un’assunzione di responsabilità. E’ necessario dimostrare ai nostri giovani che non è sufficiente parlare, ma occorre manifestare coerenza tra ciò in cui si professa di credere e il proprio modo di agire. Da questo punto di vista, fare il ministro che nomina gli organismi del Cnr, che fornisce gli indirizzi e le risorse e che vigila su esse, ed essere contemporaneamente il presidente del Cnr, confligge altamente con l’operatività dei delle due istituzioni. Altri ministri possono permetterselo, quello della scuola no. Profumo è persona intelligente, di cui ho stima. Credo che se ne renda conto da sé, non è né opportuno né sufficiente delegare i propri “vice” al Ministero e al Cnr.
(Paolo Nessi)