«Dalle indiscrezioni di stampa abbiamo appreso che il governo ha intenzione di accorciare il percorso di istruzione di un anno per permettere agli studenti italiani di uscire dalla scuola dopo 12 anni, alzando allo stesso tempo l’obbligo scolastico a 17 anni. Crediamo che siano entrambi obiettivi condivisibili, ma allo stesso tempo siamo convinti che la scuola italiana, dopo tre anni di tagli da parte del precedente governo e di interventi per fare cassa di Tremonti e della Gelmini, sia davvero stremata». Francesca Puglisi, responsabile Scuola del Pd, commenta in questa intervista a Ilsussidiario.net l’ipotesi di istituire anche per il nostro Paese un percorso scolastico più breve di un anno, insieme alla proposta del ministro dell’Istruzione Francesco Profumo di innalzare la scuola dell’obbligo a 17 anni.
Lei si dice quindi d’accordo con queste proposte?
Siamo convinti che il percorso di riordino dei cicli, che richiede il taglio di un anno di istruzione, debba essere condiviso con tutto il mondo della scuola. Chiediamo quindi al governo di intervenire non con atti impositivi come un decreto, ma attraverso un vero confronto con tutto il mondo della scuola, le associazioni di categoria, le parti sociali e ovviamente il Parlamento. Affinché questo intervento si riveli davvero utile ad aiutare i nostri ragazzi e le nostre ragazze ad avere un’istruzione competitiva con i propri coetanei d’Europa, è necessario innalzare anche la qualità del sistema scolastico.
Questo cosa significa?
Significa che le risorse umane non devono essere toccate; che dove occorre, bisogna correggere o cancellare tutti quegli interventi che sono stati fatti dallo scorso governo. Bisogna quindi riportare le attività di laboratorio alle superiori ed eliminare le classi pollaio, perché è impensabile avere una scuola di qualità con prime classi di scuole superiori composte da 42 alunni. E’ poi necessario il tempo pieno nella scuola primaria e l’allungamento del tempo scuola alle medie. Il Partito Democratico lavora su questo da molto tempo, ascoltando e collaborando con tutte le forze necessarie del mondo della scuola, per cui crediamo davvero che un intervento di questo genere debba essere un percorso davvero coinvolgente per tutti.
In che modo questa riduzione del percorso scolastico può andare a favore delle generazioni future?
Oggi gli studenti italiani compiono un percorso d’istruzione di 13 anni ed escono quindi dalla scuola con un anno di ritardo rispetto ai loro coetanei europei. Di conseguenza entrano nel mercato del lavoro un anno più tardi, e questo naturalmente li rende meno competitivi. Si discute ormai da molto tempo di questa esigenza di riallineare l’età di uscita dalla scuola con il resto d’Europa e ricordo che, siccome su questa vicenda è già caduto un governo e vari ministri, è importante coinvolgere ed ascoltare tutto il mondo della scuola, come gli insegnanti, i dirigenti scolastici, il personale Ata ma soprattutto gli studenti e le loro famiglie. Chiediamo che sia un percorso partecipato, perché è in gioco la competitività del nostro Paese, che può essere rilanciata solo restituendo all’Italia una scuola pubblica di qualità.
Profumo ha parlato di “autonomia responsabile”: per lei cosa vuol dire?
Noi crediamo che la riforma dell’Autonomia scolastica, avvenuta dieci anni fa, sia rimasta come un titolo scritto sulla sabbia, perché oggi le scuole autonome non possono contare su adeguate risorse umane e finanziarie. Per prima cosa è importante, sempre per innalzare la qualità del sistema scolastico, puntare a una autonomia responsabile delle scuole e permettere quelle riforme che possono sancire un forte legame tra scuola e territorio, quindi tra autonomie scolastiche e autonomie territoriali.
In che modo queste proposte possono aiutare a combattere il grave fenomeno della dispersione scolastica nel Meridione?
Noi del centrosinistra avevamo già alzato l’obbligo di istruzione a 16 anni, mentre il governo precedente, con l’apprendistato a 15 anni, lo ha di fatto riabbassato riportandoci ai livelli di Cipro, Grecia e Portogallo. Se si decide di investire risorse nel Mezzogiorno, come questo governo sta facendo con il Piano per il Sud, per combattere la dispersione scolastica è importante aprire le porte delle scuole già in tenera età: asili nido e scuole dell’infanzia servono moltissimo nel Mezzogiorno del Paese, perché tutte le ricerche dimostrano che il successo formativo scolastico migliora solo se si inizia precocemente ad andare a scuola. Le vere emergenze del Mezzogiorno nella scuola sono il settore 0-6 anni – perché pochissimi bambini riescono a vedere una scuola prima dell’età di 5 anni – e la mancanza quasi totale di scuole a tempo pieno, che attualmente sono solo il 3%. Più che in progetti, occorre investire nella possibilità reale di aiutare ciascun ragazzo a trovare la strada per la propria vita. Formazione professionale compresa.
(Claudio Perlini)