Caro direttore,

rileggendo l’intervista del prof. Berlinguer mi sono soffermata sulla seconda domanda, che pone la questione di come deve essere la scuola. Nella risposta leggiamo una parola importante quale comunità educante, si parla di ruoli decisivi, si collega la funzione del genitore come educatore alla scuola “vera”. Una risposta decisa, che introduce un dilemma: ma la scuola di chi è? Io direi di nessuno e di tutti, o meglio di ciascuno.



È innegabile che molte volte noi genitori ci sentiamo ai bordi del campo di gioco, a volte in panchina, a guardare, a tifare con dentro una tensione per i nostri ragazzi, ma difficilmente siamo sul campo a giocare in prima persona. È vero, molti di noi sono forse genitori un po’ “sindacalisti”, ma il Papa con grande intelligenza ci richiama continuamente alla consapevolezza circa l’urgenza educativa e richiama proprio le famiglie, in primo luogo, a farsi carico di questa urgente istanza. Dove il ragazzo inizia a divenire “miniera”, come scrive Berlinguer, se non dentro la sua casa, nel rapporto relazionale con i genitori, i fratelli e fa esperienza di quel desiderio che muove il mondo?



Non è questione di un modello educativo astratto  ma di un’esperienza di libertà. Ciò che ci appassiona oggi è questa sfida educativa che interroga fortemente le coscienze più sensibili e responsabili. Infatti nell’era attuale, fortemente caratterizzata dalla mentalità tecnologica, voler educare e non solo istruire non è scontato, ma è una scelta. Abbiamo bisogno di scuotere le famiglie come pure le scuole, lavorare perché ci si stimi a vicenda con la consapevolezza che concorriamo a costruire un pezzo di storia generando e rigenerando culturalmente i nostri figli. Scrive il Papa: “Un ruolo essenziale per lo sviluppo della persona è svolto dalle istituzioni educative: esse sono le prime istanze a collaborare con la famiglia e faticano a compiere il compito loro proprio se viene a mancare un’armonia di intenti con la realtà familiare” (Discorso in occasione della presentazione degli auguri del corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede).



Torna allora impetuosa la domanda: ma di chi è la scuola? Il genitore si sente a “casa” quando entra nella scuola, non per fare o dire quello che vuole ma per respirare un’aria di sana complicità con i docenti nei riguardi dei ragazzi. Adulti educatori quindi in posizione di ricerca continua e di lavoro personale, dentro un’amicizia operativa, che creano alleanze educative semplici ma vere, nei consigli di classe, tra famiglie e famiglie, tra docenti e docenti. Scuola quindi aperta alla realtà, una realtà che provoca l’intelligenza e il desiderio.