Rivoluzione o banale perfezionamento? La novità introdotta dal ministro dell’Istruzione, Francesco Profumo, potrebbe modificare le abitudini delle famiglie o rivelarsi un semplice adeguamento ai tempi. Si tratta del progetto “Scuola in chiaro” e consentirà, dal 12 gennaio, di reperire le informazioni sulla scuola a cui si vorrà iscrivere i propri figli – sia paritarie che pubbliche – sul web, attraverso il sito del ministero dell’Istruzione. «Mi pare che si tratti di un’anagrafe costituita da dati oggettivi e quantitativi, sicuramente utile per incrementare gli elementi di cui le famiglie devono disporre per scegliere la scuola in cui mandare i propri figli. Ma che non esaurisce di certo il problema», afferma, contattato da ilSussidiario.net, Pier Cesare Rivoltella, ordinario di Didattica e Tecnologie dell’istruzione e dell’apprendimento. Il data base accessibile dai genitori dello studente fornisce indicazioni sulla ripartizione in trimestri o quadrimestri, sull’adozione del tempo pieno o parziale, sui corsi pomeridiani e sulle attività extrascolastiche, sul numero di insegnanti e di alunni e via dicendo. «Manca ciò che consente di far conoscere alla famiglia la qualità della scuola in maniera esaustiva.Tutti, infatti, sappiamo benissimo che la differenza, prevalentemente, la fanno gli insegnanti. Sapere, quindi, che ci sono tot laboratori di informatica o lo psicologo scolastico fornisce delle garanzie su alcuni standard, ma non consente di disporre dei parametri fondamentali, che vanno conosciuti in altra maniera», spiega Rivoltella. «Ovvero, la qualità degli insegnanti si scopre unicamente incontrandoli di persona, attraverso, magari, gli open day delle scuole; oppure, grazie al passaparola».



Tornando al progetto del ministero: «fino a quando non si avrà un sistema di valutazione degli insegnanti che funzioni e possa aggiungere delucidazioni relative alla qualità delle scuola, l’iniziativa, per quanto utile e funzionale, non rappresenta di certo una rivoluzione». Una rivoluzione che, invece, altrove è già avviata da tempo. «In buona parte del mondo anglossassone il dispositivo di ranking tra le scuole si nutre di questi parametri. Che comprendono, tra le altre cose, le percentuali di successo all’università, agli esami di Stato e le medie degli anni precedenti». Di certo, in Italia non sarebbe trapiantabile tout court: «Comporre tutto questo con il sistema italiano è reso difficile, ad esempio, dal fatto che i titoli continuano, da noi, ad avere un valore».



Ci sarebbero, inoltre, una serie di svantaggi: «Si tratta di meccanismi che nel mercato libero dell’istruzione tipica del mondo anglosassone hanno una loro ratio. Riportati al nostro sistema scolastico sarebbero da porre in relazione con tutto ciò che nel bene e nel male caratterizzano la nostra tradizione scolastica. Se per esempio una scuola risultasse, dall’anagrafe informatica, di indiscussa qualità, sarebbe, al contempo, necessario impedire che l’accesso a tale scuola venisse precluso ad alcuno».  

 

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