Da quando l’Anvur ha pubblicato la lista delle riviste scientifiche, si sono moltiplicati gli attacchi sul nostro operato: abbiamo deciso da tempo di non rispondere – in caso contrario non ci resterebbe tempo per lavorare – ma ci sembra necessaria qualche precisazione anche per tutelare l’impegno dei nostri collaboratori, che con sacrificio e senza alcun compenso hanno collaborato con Anvur nel poco gratificante compito di tentare un riordino nella giungla delle pubblicazioni.
Oggetto di sarcasmo è in particolare la Rivista di suinicultura (cui si aggiunge Stalle da latte, che non è una rivista, ma un supplemento de L’informatore agrario), il cui titolo ha colpito la fantasia dei critici. Se il titolo è così importante, suggeriremo alla redazione di cambiarlo in “Sus Scrofa Domesticus Proceedings”… Del resto, Il caffè (1764-1766) dovrebbe forse essere escluso dal novero delle riviste che hanno fatto la cultura italiana perché ha un nome che lascia piuttosto pensare alla cucina? Stessa sorte per le riviste di nautica: si tratta in realtà di un caso in cui si tutela il rischio così paventato di ignorare un articolo scientifico comparso in una rivista che contiene scritti divulgativi e informativi: ci scrivono infatti studiosi di merceologia, di veterinaria e, nel caso della nautica, architetti che si occupano di cantieristica. Tutte tematiche di nicchia che non trovano facilmente spazio nelle riviste maggiori.
Vediamo qualche altro titolo. Leadership medica (67 articoli dei filosofi morali) è una delle poche riviste che si occupano sistematicamente di bioetica. Etruria oggi è la rivista di una banca, e Alta Padovana di una fondazione bancaria, ed entrambe pubblicano collane di saggi sull’arte e la cultura dei territori. Ma, parafrasando il Vangelo, può forse venire qualcosa di scientifico da Vigonza? Cineforum ha cinquant’anni di vita, e conta un certo numero di accademici nel comitato di redazione. Wired è una rivista americana, forse la più famosa nel campo degli studi sul web, fondata nel 1993 da Nicholas Negroponte e nota, un po’ semplicisticamente, come “la Bibbia del Web”. Dal 2009 ne esce un’edizione italiana. Su CN comune notizie di Livorno hanno scritto colleghi di quattro diverse aree scientifiche, su La rivista del clero italiano di sei.
Alcune notazioni sono più sottili, ma ciò nondimeno imprecise: Areté e Topicos, non sono riportate due volte con accenti diversi, ma sono riviste diverse: nel primo caso, una peruviana e una italiana, nel secondo la versione a stampa e la versione on line. L’Issn (International Standard Serial Number, per i non addetti ai lavori il codice che identifica le riviste, e non è stato indicato nella lista pubblicata) è presente in 16 delle 25 riviste più citate come cattivo esempio: fra quelle che non ce l’hanno, c’è ad esempio Andersen, il mondo dell’infanzia, che ha trent’anni di vita, e su cui pubblicano studiosi come Pino Boero, ordinario a Genova.
Queste note significano che il lavoro di Anvur e degli esperti è al di sopra di ogni critica? Certamente no, e la presenza del Sole 24 Ore, del Mattino di Padova o di Airone testimonia che errori ci sono stati. Avremmo certo desiderato che chi ci fa le pulci, oltre agli errori, avesse preso in considerazione anche lo sforzo fatto nell’iniziare a riordinare la giungla delle pubblicazioni (sono stati esaminati oltre 44mila titoli), con un lavoro che è perfettibile e che sarà perfezionato in tempi più distesi, ma sarebbe forse stato chiedere troppo. I nostri critici dovrebbero piuttosto chiedersi come sia possibile che nelle pubblicazioni “scientifiche” degli accademici italiani compaiano più di 3mila riviste che, manifestamente, scientifiche non sono: e li invitiamo a leggere, per avere un esempio di un uso corretto dei dati, Il bradipo (e il) sociologo, di Pisati e Santoro (certamente non sospetti di favoritismi nei nostri confronti) nel sito www.perlasociologia.blogspot.
Come si dice in questi casi, degli errori siamo responsabili solo noi, anche se ci sembra importante precisare che tutte le riviste contenute nell’elenco sono state valutate come scientifiche da almeno una società scientifica, tranne forse pochissimi casi di errori nella trascrizione (come è probabilmente accaduto per l’Annuario del liceo di Rovereto…). Chi pensa che siamo manifestamente incapaci, è libero di farlo: ma respingiamo con tutte le forze ogni accusa di essere asserviti a loschi interessi, come chi ci attacca sembra spesso suggerire. Ma si sa, criticare è più facile che collaborare, e porta una maggiore popolarità.