Caro direttore,

avevo proprio ragione a mettere in guardia quando il ministro Profumo, per giustificare l’indizione del suo concorso-quizzone, equiparava i professori agli altri dipendenti statali. Coerentemente col suo pensiero, si giustifica l’innalzamento dell’orario d’insegnamento a 24 ore. Perché se gli insegnanti sono come i funzionari che lavorano in un ufficio qualunque, allora è logico e giusto che il loro orario di lavoro sia aumentato, senza aumentare gli stipendi.



Il problema è che un insegnante non è come un impiegato statale qualsiasi, e che le sue 18 ore (oltre a non essere veramente tali, perché bisognerebbe aggiungere tutte le ore spese in riunioni, aggiornamenti, colloqui con le famiglie e lavoro, molto lavoro, portato a casa), valgono per lo meno il doppio. Chi critica gli insegnanti “perché lavorano poco”, dovrebbe passare anche solo una settimana in una classe di scuola media della periferia di una città o di un paese, o magari dovrebbe entrare (e starci) in un istituto professionale qualsiasi. Il primo a farlo dovrebbe essere proprio il ministro.



La responsabilità di un docente, in quelle 18 ore settimanali, è infinitamente più grande e pesante di quella di molti altri impiegati statali: gli insegnanti stanno educando, aiutando, indirizzando, incoraggiando, formando ragazzi che spesso sono sbandati, che hanno problemi di ogni tipo, a cominciare da quelli, gravissimi, familiari. Cercano di motivare i demotivati, di “scolarizzare” gli esagitati, di integrare gli extracomunitari (i quali spesso non sono neanche disponibili a farsi integrare) e, nello stesso tempo, di salvare e di aiutare gli eccellenti, i volenterosi. Spesso devono parlare di speranza ad una gioventù che sente solo piangere il mondo degli adulti.



Gli insegnanti stanno aiutando il futuro del Paese, il futuro di tutti. Stanno ammortizzando la disperazione dei giovani. Li stanno aiutando in tutti i modi. E tutto questo lo fanno sempre più di frequente all’interno di classi che viaggiano sul numero di 30 ragazzi, perché questo vuole la legge. E tutti e 30 quei ragazzi vanno portati a livelli tali da superare le fatidiche prove Invalsi, che sennò l’Europa si arrabbia e sembra anche che i docenti non sappiano fare il loro mestiere.

Profumo, Monti e le forze politiche che sostengono il governo tecnico non dovevano proprio permettersi di umiliare così il mondo della scuola. Non dovevano permettersi di trattare in questo modo i docenti, di proporre l’innalzamento orario a 24 ore, quasi facendo passare il ragionamento “lavorate di più, privilegiati che non siete altro, perché anche voi dovete fare i sacrifici che stanno facendo tutti gli altri”.

La scuola, in questi anni, ha già pagato. Una riforma era necessaria, ma è un fatto che la coppia Tremonti-Gelmini ha concepito i nuovi piani degli studi tenendo in mano le forbici. Tagli necessari, certo, l’ho sempre sostenuto. Ma comunque tagli. Si arriva al punto che tagliare non si può proprio più. E soprattutto non si può entrare in questo modo in quella speciale cristalleria che è la scuola, con la grazia di un elefante e con l’indifferenza di un padrone disumano. Tra l’altro non è neanche un buon investimento, quello concepito da Monti-Profumo: ci saranno nell’immediato dei risparmi, certo, ma cresceranno la disoccupazione e la disperazione. Per una folla di precari, ad esempio, non ci sarà più lavoro. La domanda scenderà ulteriormente. Ma è proprio così che va risanata l’economia di un Paese?

Colpire la scuola è colpire al cuore una nazione. Non si può continuare a colpire così. Tra l’altro, i docenti sono, all’interno della categoria degli statali, quelli meno esposti a scorciatoie e favoritismi e clientelismi. Voglio dire che chi lavora nella scuola è lì perché ha studiato, ha conseguito dei titoli, ha fatto un concorso o ha ottenuto un’abilitazione, è entrato in graduatoria, ha fatto il precario per anni e alla fine ha ottenuto il posto. Quello dell’insegnante è un cursus honorum che difficilmente si presta ad inciuci di vario tipo, come invece avviene in molte amministrazioni pubbliche. Sarebbe meglio continuare a sfoltire da altre parti. La scuola non si può più toccare.

Mi auguro che i docenti riescano a mettere in atto, questa volta, una protesta forte e motivata. Ne va della nostra dignità, dell’affermazione del nostro ruolo. Mi auguro, ad esempio, che negli istituti non ci sia più nessuno disponibile a portare in gite e visite d’istruzione i ragazzi. Fino ad ora lo si è fatto, senza percepire alcuna diaria, addirittura rimettendoci di tasca propria. Lo si è fatto e tutti sono stati contenti: ministri, famiglie, studenti, tour operator, alberghi, ristoranti, guide turistiche, musei… E se ora invece i docenti facessero un Aventino?