A poco più di un mese dall’inizio ufficiale delle scuole in Emilia Romagna (17 settembre) può essere interessante andare a verificare come e se sono iniziate le lezioni nelle zone colpite dal sisma del 20 e 29 maggio. Dopo tanto clamore sui giornali, non se ne parla più, se non sulla stampa locale, e tutto sembra far pensare che le cose procedano regolarmente: tanto, gli emiliani ce la fanno sempre, “tengono botta” come si dice dalle nostre parti.
La campana dell’inizio delle lezioni nella scuola che dirigo è suonata (in realtà era un campanaccio azionato a mano da una bidella volenterosa) il 24 settembre, con una sola settimana di ritardo. Gli edifici scolastici temporanei (Est) previsti in sostituzione delle scuole classificate secondo le schede Aedes della protezione civile come classe E, cioè inagibili, in molti casi non sono stati disponibili fino al 15 ottobre. Già alla fine di luglio, leggendo il bando della gara di appalto (ordinanza del 5 luglio 2012) si era capito che gli edifici scolastici temporanei (Est) non sarebbero stati pronti per l’inizio delle lezioni, a maggior ragione laddove il sisma aveva colpito duramente. Basta andare a vedere su alcuni siti delle scuole della bassa modenese per rendersi conto che la situazione è a dir poco complicata. Nel comune di Novi di Modena, sede dell’Istituto comprensivo “R. Gasparini” che dirigo, su sei plessi scolastici solo due sono agibili (le scuole dell’infanzia), gli altri 4 (scuole elementari e scuole medie che contano circa 800 alunni) sono inagibili quindi da sostituire con i prefabbricati.
A che punto sono questi prefabbricati? Li stanno costruendo, lavorano a ritmo serrato, ma siamo già alla fine di ottobre. Per Rovereto si parla di inizio novembre, per Novi di metà/fine novembre, poi ci sarà il recupero degli arredi e dei materiali rimasti nelle scuole inagibili, il trasloco e le pulizie.
E nel frattempo? Ci si arrangia come si può: con “tensostrutture” (ma chiamarle tendoni rende più l’idea) e quando possibile (raramente se il paese è piccolo e in buona parte distrutto) si può affittare qualcosa in zona. I nostri tendoni sono stati montati domenica 23 settembre e il pomeriggio della domenica i bidelli sono andati a pulire per far trovare ai ragazzi per il giorno dopo un luogo un minimo accogliente. L’IC “R. Gasparini” gravita su due paesi distanti 13 chilometri (Novi e Rovereto s/Secchia) e la situazione è complessa. L’abbiamo chiamata “scuola diffusa”, nel senso che è dislocata in punti diversi dei due paesi.
A Rovereto, uno dei paesi più colpiti sia nelle abitazioni civili quanto negli edifici pubblici, le classi di scuola elementare sono dislocate in quattro punti diversi: scuola dell’infanzia, tensostrutture davanti ad una palazzina, negozi a piano terra della stessa palazzina e tensostrutture vicino al campo sportivo dove sono accolti anche i ragazzi della scuola media. A Novi 15 classi di primaria e media sono in due enormi tensostrutture nella zona industriale del paese, al limitare della campagna, altre classi di primaria sono state accolte nei locali della canonica e altre ancora nella scuola dell’infanzia che è anche la sede provvisoria della segreteria della scuola.
Le lezioni sono iniziate a orario ridotto, cioè senza rientri pomeridiani. Il primo giorno di scuola è stato emozionante: i genitori avevano preparato una colazione calda per tutti con brioche, tè e latte. I bambini erano felici di incontrarsi dopo tanto tempo, i genitori spaventati del distacco, un campanaccio suonato dalle bidelle ha dato il via all’anno scolastico. La vita nelle tensostrutture non è facile, ma a poco a poco queste “aule” da grigie che erano sono diventate colorate; sono state attrezzate con tavoli e sedie da festa di paese, non ci sono lavagne ma fogli di carta appesi alle tende divisorie; i ragazzi cercano di fare meno rumore possibile per non disturbarsi a vicenda, ma il brusio e a volte la confusione sono inevitabili, gli insegnanti cercano di fare del loro meglio per rendere normale quello che normale non è. Andare in bagno è una specie di viaggio, perché fuori e lontano dalle tensostrutture sono stati sistemati alcuni bagni chimici e abbiamo avuto la sensazione di tornare alla normalità quando su uno dei bagni è apparso il cartello “fuori uso”. Quando pioverà i bambini dovranno essere accompagnati in bagno con l’ombrello e da sotto le tende entra l’acqua. I più fragili sono i bambini con disabilità, per loro tutto è più faticoso e non ci sono naturalmente spazi adeguati per accoglierli. Non meno in difficoltà i bambini immigrati, la maggior parte dei quali vive ancora in tenda o in roulotte, perché i moduli abitativi sono in ritardo anche loro. Chi viene a trovarci, e sono soprattutto privati cittadini, associazioni, amministrazioni comunali che nell’estate ci hanno aiutato, rimangono colpiti e tutti chiedono “ma come fate?”.
Eppure è scuola a tutti gli effetti, non è centro ludico-ricreativo: ci sono i compiti, le discussioni in classe, la lezione frontale, le operazioni alla lavagna (o quello che la sostituisce). I bidelli fanno avanti e indietro da una tensostruttura all’altra per garantire la sorveglianza e a Rovereto hanno a disposizione una roulotte donata dalla Val di Fiemme per proteggersi dal freddo e per appoggiare i materiali di pulizia e le circolari per gli insegnanti. Per i piccoli della prima elementare abbiamo creato uno spazio alla scuola dell’infanzia attrezzato appositamente per loro, ma sufficientemente vicino alle maestre dell’infanzia per un abbraccio di conforto in caso di bisogno. Siamo all’inizio della quinta settimana di questa “avventura” e stanno cominciando i guai: stanchezza, freddo, stress, timore di non farcela.
Questo è il meglio che come amministrazione comunale e istituzione scolastica siamo riusciti a fare, grazie anche alla solidarietà di imprenditori locali e cooperative che hanno noleggiato per noi le tensostrutture che alla fine ospitano più di 600 alunni, distribuiti in 26 classi. Le altre 14 classi hanno trovato ospitalità diverse. I comuni piccoli, e le scuole, pur nella loro autonomia (ma è autonomia o solitudine?) sono l’anello debole della catena (il Comune ha due geometri e cinque operai per tutto il patrimonio edilizio pubblico e privato). Per ora questa operazione “transitoria” al netto delle donazioni costa al Comune circa 170mila euro e non ci sono ordinanze regionali che facciano luce su chi graverà il costo. Dalla Regione Emilia-Romagna non mi pare sia arrivata nessuna indicazione circa l’organizzazione delle attività scolastiche in attesa dei prefabbricati e dall’Ufficio scolastico regionale è sì arrivato il decreto di adattamento del calendario scolastico che garantisce validità all’anno scolastico, atto burocratico fondamentale e dovuto, ma noi avevamo e abbiamo urgenza di garantire scuola il più presto possibile, anche in queste condizioni.
Ci è sembrato un segnale importante di normalità per i ragazzi, per le famiglie, per noi stessi. Inoltre l’Usr Emila-Romagna con una nota del 14 settembre ha previsto un aumento dell’organico per le scuole terremotate che ne hanno fatto richiesta. I tempi però stringono, per esempio nel mio istituto abbiamo richiesto due collaboratori scolastici almeno fino all’arrivo dei prefabbricati per poter garantire una sorveglianza adeguata nella nostra “scuola diffusa” (banalmente, la primaria è dislocata in quattro punti diversi e i bidelli sono tre). La settimana scorsa abbiamo saputo che ci è stato concesso quanto richiesto. Meno male.
Nei comuni vicini le cose si sono sistemate in questi giorni: a Concordia s/Secchia hanno fatto lezione con i doppi turni (primaria e media) presso delle tensostrutture dislocate in una frazione vicina e sono entrati negli Est il 15 ottobre, come anche i ragazzi della scuola media di Soliera che dall’inizio delle lezioni hanno fatto i doppi, turni mentre per i bambini della primaria il Comune stesso ha organizzato centri estivi gratuiti; a Cavezzo, uno dei paesi simbolo di questo terremoto, si fa ancora lezione in tensostrutture e palestre. In forte ritardo sono quindi le scuole di Novi e Rovereto s/Secchia, qualche istituto superiore di Mirandola, e Poggiorenatico nel ferrarese.
Nei giorni immediatamente successivi al terremoto l’unico modo che abbiamo avuto per guardare in avanti e pensare a come accogliere i nostri alunni a settembre è stato di immaginare una scuola più bella e più accogliente di quella che era crollata. E in questo caso cosa fanno gli insegnanti? Fanno progetti. Il nostro, che abbiamo chiamato “ Se non sai non sei” è stato messo sul sito della scuola (http://digilander.libero.it/icnovim) il 22 giugno e su questo ci siamo impegnati verso tutti coloro che ci hanno aiutato con manifestazioni di solidarietà in questi mesi e sono stati veramente tanti, molto di più di quello che ci aspettavamo. Tutte le donazioni sono pubbliche e dedicate: ogni mese aggiorniamo la tabella delle donazioni e diciamo esattamente come abbiamo intenzione di usare il denaro che ci è stato donato. Tutti gli insegnanti hanno fatto la formazione per i nuovi progetti e hanno voglia e necessità di ricominciare con uno sguardo e uno spirito nuovo, anche quelli che fino all’anno scorso sembravano non poterne più di scuola. Avremo le Lim (lavagne interattive multimediali) in ogni classe, interamente pagate con le donazioni di privati, abbiamo progettato attività pomeridiane per i bambini della primaria e i ragazzi della media, ampliando l’offerta formativa (musica e inglese soprattutto), consapevoli che molti spazi di attività pomeridiane sono scomparsi poiché la scuola di musica comunale, i centri sportivi e la biblioteca non saranno agibili per molto tempo. Inoltre abbiamo organizzato attività e incontri di sostegno psicologico per docenti e genitori, consapevoli che il disagio vero, quello profondo, comincia adesso e nessuno di noi è attrezzato per affrontarlo. Per fare tutto questo almeno un tetto, prefabbricato o meno, sulla testa è necessario.
Nei tanto agognati prefabbricati ci dovremo adattare per non pochi anni: per quanto ho potuto vedere dei progetti degli edifici scolastici temporanei, non sono previsti né laboratori né palestre né biblioteche. E questo è anche condivisibile tenuto conto che la parola d’ordine è stata “ogni euro in più speso ora non sarà disponibile per la ricostruzione”. Tuttavia quell’aggettivo “temporanei” potrebbe voler dire diversi anni e in effetti a Novi la struttura è in cemento armato e a Rovereto in legno, e anche il costo non è indifferente: importo per Novi 1.931.321,50 euro e per Rovereto 1.319.370,00 (ma questa è solo la previsione di spesa) e mi chiedo chi avrà il coraggio fra qualche anno di abbattere questi edifici scolastici temporanei per costruire nuove scuole. Staremo a vedere, se ci saremo.
Quindi questi edifici scolastici avranno il minimo indispensabile, ma anche il minimo è un concetto labile. Ieri sono finalmente riuscita ad entrare nella futura scuola di Rovereto e ho visto che per la scuola media sono previste sei aule, e in effetti ci sono sei classi, ma c’è solo una piccola stanza che dovrà essere destinata ai bidelli per mettere in sicurezza i materiali di pulizia e un’altra stanzetta che dovrà essere attrezzata per gli alunni disabili (come aula morbida), i quali dovranno fare i turni visto che sono cinque. Non c’è uno spazio per le attività alternative alla religione cattolica e, data la presenza di molti alunni di origine straniera, non è un problema di poco conto; infine non c’è uno spazio per gli insegnanti, dove mettere una fotocopiatrice, un computer, i registri, ecc. Alla primaria, che è nello stesso edificio, ma con entrata separata c’è uno spazio in più di quello strettamente necessario alle classi che dovrà essere attrezzato a refettorio con lavandino per la distribuzione delle monoporzioni, ma i bambini mangeranno in classe, perché lo spazio è piccolo e i bambini che rimangono a scuola sono tanti. Per la struttura di Novi ancora non sono riuscita a fare un sopralluogo e quindi non sono in grado di rendermi conto in che modo dovremo adattarci.
Insomma l’ansia monta e l’inverno avanza.