Sul finanziamento 2013 alle scuole pubbliche non statali si leggono strafalcioni tutti i giorni. Per lo più è ignoranza ma c’è anche della malafede, perché a qualcuno che in Italia ci siano scuole libere, luoghi che fanno educazione, non va proprio giù. Siamo uno dei pochi Paesi europei che ancora non riconosce la piena libertà di educazione, mancando il riconoscimento economico. Ci sono, è vero, i contributi, ma ben altra cosa sarebbe togliere gli ostacoli economici al riconoscimento della parità scolastica. In altri Paesi l famiglia paga le tasse e sceglie dove mandare i figli a scuola, lo Stato riconosce quindi una spesa standard alla scuola che la famiglia sceglie. In Italia se la famiglia sceglie una scuola paritaria, lo Stato (quando va bene) le dà un contributo, che mediamente copre il 20% del costo e il resto lo mette la famiglia, che comunque paga le tasse che dovrebbero coprire anche la spesa per l’educazione dei figli. Nonostante tutto questo, si continua a sentir parlare “dei privilegi dati alle scuole private”.



Ho detto queste cose perché sia chiaro a tutti che in Italia esiste una libertà di scelta educativa dimezzata. Il problema è che spesso e volentieri al danno si aggiunge la beffa. La beffa in questione sta nella costante previsione del dimezzamento del contributo.

Così nel bilancio previsionale 2013, rispetto alla cifra “storica” del contributo che era pari a circa 540 milioni di euro, le risorse ammontavano a 279 milioni di euro. Un taglio quindi quasi del 50%. Un taglio soprattutto che avrebbe o fatto chiudere le scuole non statali, o fatto aumentare le rette e quindi le spese delle famiglie, di fatto condizionando ancora di più le scelte delle famiglie che a fronte di un aumento della propria spesa avrebbero fatto sempre più fatica a mantenere una scelta che costa.



Dopo un lavoro non facile né semplice in un momento delicato per i conti del Paese – un lavoro comunque sempre svolto con interlocutori del Governo attenti e coscienti del problema -, è arrivata la manovra finanziaria, la legge di Stabilità. Al suo interno, all’articolo 8 comma 17 vi è anche una cifra, pari a 223 milioni di euro in sostegno alle scuole paritarie. Questi fondi sono a reintegro del fondo tagliato e comunque un reintegro parziale visto che i fondi tagliati erano 259 milioni di euro. Pertanto se non ci saranno sorprese nel corso dell’iter della legge in commissione che seguirò direttamente, la cifra del contributo alle 15mila scuole paritarie sarà di poco superiore ai 500 milioni contro una cifra storica di 540 milioni.



Io rimango convinto che ogni euro tagliato a questo settore porta un male maggiore allo Stato. Lo dicono i numeri, con le scuole paritarie lo Stato ci risparmia.

Occorre sempre ricordare che queste scuole permettono allo Stato un reale e significativo risparmio. Infatti, un bambino che frequenta una scuola statale dell’infanzia costa in media 5.828 euro l’anno; lo stesso bambino che frequenta invece la scuola non statale, grazie ai contributi, costa alla collettività 584 euro.

Per le elementari invece il costo nella scuola statale è di 6.525 euro, mentre per le paritarie è di 866 euro. Scuola di primo grado: 7.232 euro le statali, 106 euro le paritarie, scuola di secondo grado 7.147 nello stato contro i 51 euro alle paritarie.

In media quindi la spesa pubblica per ogni allievo della statale è di 6.635 euro; per un allievo della paritaria, invece, l’erario eroga circa 660 euro. Il risparmio per lo Stato è di 5.974 euro a studente, ovvero, in totale, di quasi 6 miliardi all’anno.

Se, per assurdo, tutte le scuole paritarie dovessero chiudere lo Stato sarebbe costretto ad assumere nuovi insegnanti e trovare aule, banchi, lavagne, materiale, pulmini, palestre, mense per un milione di alunni che attualmente studiano nelle scuole non statali. E tutto questo ha un costo in più per tutti di quasi 6 miliardi.

 

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