Qualcuno l’ha definita una “scuola del Mulino Bianco” quella ripresa nello spot del ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca, guidato da Francesco Profumo. Si tratta di una pubblicità mirata a promuovere l’impegno dello studio come avventura della conoscenza supportata da metodi d’avanguardia e sussidi al passo con i tempi, e-book e monitor pc al posto delle pagine di carta e di lavagne con i gessi. Questo il messaggio promozionale della campagna, con Roberto Vecchioni testimonial e una carrellata di immagini ad hoc – aule luminose e ben arredate, studenti dai visi soddisfatti e motivati – già presentata in occasione dell’avvio del nuovo anno scolastico nel cortile del Quirinale in presenza del presidente Napolitano, dello stesso ministro Profumo e di una folla di studenti e insegnanti provenienti da tutta Italia.



In realtà più che galvanizzare il mondo della scuola e farlo volare sulle ali di una stimolante inventiva, lo spot ha scatenato un vero putiferio: gli ambienti ripresi nel video, così adatti a recepire “sogni”, non rispecchiano affatto la realtà della scuola italiana dalle strutture per lo più fatiscenti e con un carico di disfunzioni e frustrazioni che rendono improbabili tanti sorrisi. Ma la rabbia è montata e le reazioni si son fatte esplosive e cariche di indignazione quando la “scuola dei sogni” è stata identificata: si tratta di una scuola tedesca a gestione non statale, la Deutsche Schule Mailand di Milano, uno degli istituti più prestigiosi della metropoli. C’era forse da immaginarselo che la scuola ideale non potesse riconoscersi in un qualunque istituto preso a caso. E non suona convincente neppure la giustificazione di Riccardo Luna, ideatore del video, che ha motivato la scelta semplicemente per una questione di luce adatta a fare le riprese in un unico giorno, in una scuola aperta di sabato.



E così, mentre sui social network la gaffe impazza alimentando la polemica, il Miur, in una nota, è costretto a fornire una importante precisazione: il video – così dicono dal ministero – racconta la scuola italiana nel suo complesso, composta da scuola pubblica e dalla privata parificata, tanto che è cambiato il nome stesso del ministero che non si chiama più “pubblica istruzione” ma “dell’istruzione”.

In tutto il polverone sollevato non può sfuggire la portata di questa dichiarazione, sia pur indotta dall’urgenza forse di mettere una “pezza” all’inconveniente e sedare la bufera: per la prima volta un ministro dichiara che la vera scuola che si ha in mente non è solo quella statale, e che al sistema “dell’istruzione” concorrono anche le scuole paritarie, “private parificate”, cioè gestite da soggetti diversi, sorte per iniziativa e gestione non statale. Ci voleva uno spot girato in una scuola “modello”, di quelle in grado di far uscire dalla retorica, grazie all’efficacia di un’immagine reale, per dare corpo a intenti condivisi e prospettati dallo stesso ministro Profumo in vena di disegnare sorti meno infelici per il futuro della scuola italiana. 



“La comunità della scuola è una ricchezza di questo Paese” aveva affermato il ministro proprio in occasione della presentazione dello spot. E aveva ipotizzato il superamento d’ogni tipo di barriera,  persino delle frontiere, rimettendo a tema e dando privilegio alla qualità dell’offerta formativa. “E’ nella capacità delle nostre istituzioni scolastiche di formare culturalmente i ragazzi, di renderli cittadini maturi, e di prepararli a un mondo del lavoro sempre più vasto e concorrenziale, che si gioca l’importante sfida che insieme siamo chiamati a giocare”: così si legge nel blog del ministro che mette in evidenza il messaggio del video, ora finito nell’occhio del ciclone.

Se sono comprensibili le reazioni di quanti accusano il Miur di mistificazione e di ipocrisia di fronte ad una prospettiva di scuola talmente irrealistica da aver reso necessario ricorrere ad immagini prese “altrove” rispetto alla scuola statale, può diventare interessante spostare ora l’attenzione sulle dichiarazioni addotte dal Miur a sua “discolpa”. In esse viene riconosciuta e valorizzata la virtuosa esperienza di una realtà scolastica non statale, e viene implicitamente ammesso il fallimento di un modello monopolistico che, stando ai fatti, è spinto ad aprirsi al confronto con un sistema effettivamente libero, pluralistico nella gestione, più consono ad una ottimizzazione delle risorse.

Solo se il ministro Profumo terrà fede alle dichiarazioni espresse e alla svolta che ne deriva, lo slogan “Porta a scuola i tuoi sogni” potrà diventare credibile.