La diagnosi sulla maturità è ormai nota. Le sue votazioni non sono attendibili, perché gli insegnanti usano scale troppo diverse e non c’è modo di cambiare. Il cancan che se ne fa ad ogni anno non sembra mutare le cose, sia perché i concreti interessi in gioco sono troppo alti, sia perché non si possono obbligare gli insegnanti ottimisti ed entusiasti ad esserlo un po’ meno e gli avari nordici a smollarsi un po’.



E allora che fare? La via ragionevole e logicamente consequenziale sarebbe quella di riformare completamente l’esame. È ciò che ha fatto la Germania, come ha illustrato Ludger Woessman dell’Università di Monaco al  Convegno Invalsi “Improving Education through accountability and Evaluation. Lessons from around the world” tenutosi a Palazzo Caetani in Roma dal 3 al 5 ottobre.



La Germania ha scelto questa strada dopo lo choc del 2001, quando i risultati di Pisa 2000 avevano collocato la Germania in basso nella scala internazionale il che, contrariamente a ciò che succedeva in Italia, aveva traumatizzato l’opinione pubblica. La risposta del Paese fu la definizione di standard di base interregionali, lo sviluppo di valutazioni periodiche di verifica del loro raggiungimento e soprattutto l’introduzione di una parte standardizzata negli esami finali. Le ultime edizioni Pisa sembrano del resto dimostrare che l’autonomia innalza gli apprendimenti di un Paese solo se si accompagna ad una parte standardizzata degli esami. La Germania ci assomiglia forse di più dei Paesi angloassoni: fra i pregi di questo sistema Woessman ha sottolineato il fatto che in questo modo è possibile tenere sotto controllo i programmi di studio e le materie specifiche in un ampio range di competenze.



E sembra che i risultati  non si siano fatti attendere: i Lander con i risultati inferiori (ricordiamo che da sempre la Baviera è in testa) hanno dimezzato il gap con gli altri, dopo un po’ di anni di questo tipo di esami parzialmente centralizzati.

In Italia questa strada è percorribile? Le reazioni negative da parte di presidi e docenti della secondaria inferiore alla parte standardizzata dell’esame di terza media sembrano metterlo in dubbio.

Sembra che non si capisca che, in tempi in cui il valore dei titoli di studio erogati dalla scuola è fortemente messo in discussione, l’introduzione di una parte standardizzata lo rinforza e non lo indebolisce. Pare che il fatto che una sia pur piccola parte dell’esame concorra al punteggio finale con dati che non siano le opinabili valutazioni degli insegnanti possa distruggere il setting non solo valutativo ma anche di conseguenza formativo…

Se questo succede a livello della terza media, si può immaginare quali resistenze potrebbe incontrare una riforma alla tedesca dell’esame di maturità. Un anticipo l’abbiamo avuto con le resistenze (probabilmente amplificate) di una parte sia pur minoritaria delle scuole superiori alla semplice introduzione di una prova del Servizio Nazionale di Valutazione nella seconda classe, senza alcuna ricaduta né rispetto alla valutazione degli allievi né delle scuole né tampoco degli insegnanti (come si fa a valutare solo quelli di italiano e matematica?)

Potrebbe farsi avanti una soluzione apparentemente più indolore, cioè il depotenziamento del valore dei voti di esame affiancandovi una prova esterna in alcune aree centrali (le stesse dell’SNV?). Alcuni anni fa lo stesso ministro Fioroni ipotizzò l’introduzione di una prova (volontaria?) standardizzata di matematica al termine della quarta classe.

L’introduzione, all’inizio della ultima classe delle superiori, di prove con le stesse caratteristiche di quelle utilizzate negli anni precedenti potrebbe essere un utile strumento inizialmente per le università, evitando batterie di quiz che sembrano inventate dagli avversari di questo sistema. Tutti sanno del resto che l’ultimo anno è scarsamente utile ai fini degli apprendimenti, soprattutto quelli strumentali di base come italiano e matematica, tranne, si intende, chi si leva sempre come un sol uomo a difendere le cattedre corrispondenti, tutte le volte che un legislatore (Berlinguer, Profumo) osa mettere in discussione che i nostri studenti debbano parcheggiarsi fino ai 19 anni.