A fine novembre si occupa. Ragioni ce ne sono ogni anno. Molte restano le stesse, qualcuna si aggiunge. È un rito. E come tutti i riti, ha un significato simbolico, che cercherò di interpretare, di rendere esplicito. Ecco qualche messaggio implicito nel rituale delle occupazioni.

1. Il mio lavoro di docente non vale niente. Se qualcuno ferma, con la forza, una sala operatoria, o un aula di Tribunale, o un altro ufficio pubblico, viene immediatamente censurato e bloccato. Vogliamo scherzare? Il lavoro del medico, del giudice sono importanti, lo stop della loro attività anche solo per un giorno porta danni alla collettività. Il mio lavoro no, se viene impedito da un gruppetto minoritario per un numero imprecisato di giorni chissenefrega, non cambia niente. Nessuna differenza. Ergo, non vale niente.



2. La scuola pubblica non è di nessuno. Ad ogni occupazione non manca mai la motivazione dell’inadeguatezza delle strutture e degli edifici. Cosa sacrosanta. Peccato che in ogni istituto, anche laddove non si verifichino episodi di vandalismo e di furto eclatanti (cosa che purtroppo accade spesso), ogni occupazione lasci come risultato molte scritte in più, macchie, scrostature, arredi e infissi rotti, molte mattonelle scheggiate e vetrate graffiate in più. Cose a cui nessuno bada, che nessuno ripara, nessuno rimette a posto: quelle sono piccole cose. Piccole cicatrici su un corpaccione già malridotto. Si accumulano di anno in anno, vengono anche datate (quella scritta risale all’occupazione del 2010, quell’altro sfregio al 2008, ricordi?). Non fanno notizia, fanno solo tristezza, sanciscono che la scuola pubblica è terra di nessuno. Nessuno la sente veramente come cosa di tutti, cioè mia, tua… Non è un bene comune. Se “la bellezza salverà il mondo”, la bruttezza lo dannerà?



3. La zona grigia decide. Se è vero che una minoranza promuove le occupazioni, è anche vero che a renderle possibili è la massa di studenti che non occupano. Studenti ben contenti che qualcun altro lo faccia per sfangare qualche giorno di scuola. Le assemblee sono scarsamente partecipate, e potrebbero essere invece momenti di vera partecipazione. Sei ore al mese, per nove mesi di scuola fanno cinquantaquattro ore all’ anno in cui gli studenti possono auto-organizzarsi come credono, invitare esperti, dividersi in gruppi di studio, proiettare filmati o proporre mini corsi su quel che vogliono. Cinquantaquattro ore sono tante, sono quanto un corso universitario, credo. Ma in quale scuola sono utilizzate realmente? Le assemblee durano sì e no un paio d’ore e solo pochi studenti le seguono. La zona grigia del qualunquismo prospera, e in politica fa comodo. Basta saperla utilizzare.



4. I grandi dicono dicono, ma poi… Non c’è miglior modo per non essere autorevoli che minacciare sanzioni e poi non avere il coraggio di impartirle. Vi ricordate di come vi innervosiva il comportamento del vicino di ombrellone o di panchina ai giardinetti, che continuava a dire al figlioletto tutto il tempo: “Andrea non fare così, Andrea smettila, Andrea guarda che vengo lì” e poi non faceva niente per impedire ad Andrea di essere manesco e prepotente? Sotto sotto forse era anche compiaciuto del suo bulletto. Attenzione, il bullo è bullo, le occupazioni degli studenti neofascisti sono diverse da quelle degli studenti di sinistra? Trovo preoccupante che siano sempre più numerose le occupazioni che si svolgono nella versione più bulla della destra fascista.

5. È illegale, però… Anche evadere le tasse è illegale però lo fanno tutti, e poi sono così alte… Anche posteggiare il Suv in seconda fila è illegale però non posso mica andare coi mezzi pubblici… Anche assumere in nero è illegale, però con quello che mi costa il lavoratore, mi dovrebbe ringraziare lui che lo faccio lavorare… Anche girare in macchina col permesso disabili, anche se sono sano, è illegale, però non c’è niente di male… 

6. Dall’esperienza non si impara niente. E impegnarsi non serve a niente. Qualunque persona di buon senso o movimento politico serio impara dall’esperienza. Se in tutti questi anni le occupazioni non hanno portato a nessun vero risultato, forse sarebbe il caso di cambiare strumento. O no? Forse no, se

7. …l’ azione politica non serve a costruire, a imparare a mediare fra diversi, a sperimentare forme nuove di convivenza, ma solo a sfogare sentimenti di rabbia e di frustrazione. Benché le scuole si sentano collegate le une alle altre nella loro protesta, le occupazioni sono autoreferenziali. La realtà resta fuori. I ragazzi neanche vedono i bidelli della mia scuola, lavoratori che si fanno anche tre, quattro ore di treno al giorno per lavorare, che alla fine di ogni occupazione devono lavare, sturare cessi, spazzare porcherie. Semplicemente non li vedono. Li ignorano: sono studenti, mica lavoratori.

8. Il tuo desiderio è illusorio. In realtà ciò che viene deformato è proprio il puro, bellissimo, vero desiderio di rinnovamento, l’ideale di impegno e di cambiamento per un mondo più giusto e più bello che ogni giovane sente, e che scuote sempre il nostro cupo egoismo di adulti.

Viene deformato e cristallizzato, privato di ogni sbocco reale. Incanalato in quello che gli adulti già prevedono, già sanno, già al fondo desiderano. In un mondo in cui tutto, comunicazione, problemi, sfide, tutto è cambiato, invece devono restare immutate le forme di una protesta ripetitiva e ormai un po’ ridicola. Addomesticata. Decaffeinata, come dice il filosofo Slavoj Zizek. Ritualizzata e resa perciò non pericolosa.

9. I giovani d oggi sono delle copie sbiadite dei grandi. Molti ragazzini sono più o meno esplicitamente sostenuti dai genitori, che vedono rinnovarsi nei loro figli quegli ideali rivoluzionari che furono già i loro. Alcuni hanno già pronto il kit da occupazione, di anno in anno. Occupare sì, ma con la mamma che porta le lasagne. “È un rito di passaggio” si dice. Già, ripete le gesta epiche di una gloriosa generazione. Quelli sì che erano eroi. I ragazzi di oggi ne sono delle pallide copie, non saranno mai alla loro altezza. Ancora una volta la preminenza del passato, del vecchio. Anche nella ribellione i giovani sono condannati alla crisi. Non cercare la tua via, ragazzo. Tanto a te è preclusa ogni forma di vera azione, di vera costruzione, di vera trasformazione. Guadagnerai meno dei tuoi, troverai lavoro più difficilmente dei tuoi, avrai una pensione più misera di quella dei tuoi, sarai sempre più sfigato dei tuoi. Puoi al massimo giocare un po’ al rivoluzionario, ripetere gesti del passato in modo annacquato e ritualizzato, reso innocuo e senza vero esito. Sarai sempre una copia imperfetta, bamboccione. E non essere troppo choosy, occupa e basta.