In queste settimane, con molta fatica, le università stanno concludendo in ordine sparso le procedure di selezione dei tirocinanti da ammettere ai Tfa. Mentre qualcuno è ancora alle prese con le ultime prove di selezione e altri con le graduatorie dei “vincitori” (termine improprio visto che il concorso escluderà i tirocinanti 2012/2013 dal reclutamento), c’è chi sta già organizzando le prime attività per far partire i corsi dei Tfa.
Tuttavia, a un’osservazione più attenta non può sfuggire qualche dettaglio non secondario, collegato alla correttezza delle procedure.
Ci riferiamo in particolare alle competenze, alle funzioni e alla composizione dei consigli di corso di tirocinio e alle nomine dei tutor coordinatori. Vediamo di entrare nel merito in modo quanto più puntuale possibile.
Il Dm n. 249 del 2010 all’art. 10 comma 4, recita: “La gestione delle attività del tirocinio formativo attivo è affidata al Consiglio di corso di tirocinio (…)”. Cosa significa? È semplice: le attività previste nel Tfa sono “gestite” (che in diritto sta per amministrate, governate, con riunioni, decisioni e delibere) dal Cct. Tale competenza, esclusiva, è stabilita per legge ed è sottratta pertanto all’autonomia accademica.
Il Dm riservando al Cct, organo non esclusivamente accademico di un percorso ancor meno “esclusivamente” accademico, le competenze di gestione, distingue le altre competenze degli organi accademici (omettiamo di affrontare, in questa sede, quanto disposto dall’art. 15 c. 5 sulla gestione delle prove di accesso al Tfa, competenza affidata dal Dm agli organismi di ateneo).
Così l’art. 4 c. 1 del Dm 249/2010: “Le università istituiscono i corsi di laurea magistrale di cui al presente decreto, (…) anche in deroga al numero minimo di crediti (…) in ragione del loro carattere professionalizzante”. Inoltre l’art.10 c. 2 del Dm aggiunge: “Il tirocinio formativo attivo è istituito presso una facoltà di riferimento ovvero presso le istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica che ne sono altresì sedi amministrative”.
Alle università quindi la competenza istitutiva (e di gestione in quanto corsi di laurea) delle lauree magistrali e solo quella istitutiva dei Tfa, la cui gestione è affidata al Cct, e per i quali andrebbe meglio specificata questa potestà di institutio dell’università: la definizione degli insegnamenti e dei crediti? la selezione e la nomina dei docenti titolari? Certamente per istituire i Tfa le università devono provvedere a un atto formale di insediamento del Cct, organo al quale è affidata le vera e propria “gestione delle attività del tirocinio formativo attivo”.
La norma contenuta nel 249 richiede certamente di essere armonizzata con i regolamenti accademici, ma i commi 26 e 27 dell’art. 15 determinano con sufficiente chiarezza un ordine: sono i regolamenti di ateneo a doversi adeguare alla norme del Dm 249 e non il contrario. Laddove si renderà necessario, si dovrà provvedere con “specifiche disposizioni”.
Al Cct è quindi affidata la gestione delle attività del Tfa. Vediamo quali sono queste attività.
Il comma 3 dell’articolo 10 citato recita: “Il tirocinio formativo attivo comprende quattro gruppi di attività: a) insegnamenti di scienze dell’educazione; b) un tirocinio indiretto e diretto di 475 ore, pari a 19 crediti formativi, svolto presso le istituzioni scolastiche (…); c) insegnamenti di didattiche disciplinari che, anche in un contesto di laboratorio, sono svolti stabilendo una stretta relazione tra l’approccio disciplinare e l’approccio didattico; d) laboratori pedagogico-didattici indirizzati alla rielaborazione e al confronto delle pratiche educative e delle esperienze di tirocinio”.
Il comma 5 entra nel merito in modo ancora più specifico per il Cct, aggiungendo: “Il consiglio di corso di tirocinio cura l’integrazione tra le attività di cui al comma 3, organizza i laboratori didattici disciplinari e i laboratori pedagogico-didattici e stabilisce le modalità di collaborazione tra i tutor dei tirocinanti, i tutor coordinatori e i docenti universitari o delle istituzioni dell’alta formazione artistica, musicale e coreutica”.
Ora se la gestione delle attività, la cura dell’integrazione fra di esse, l’organizzazione dei “laboratori didattici disciplinari e i laboratori pedagogico-didattici” spetta al Cct, e se il Cct stesso “stabilisce le modalità di collaborazione tra i tutor dei tirocinanti, i tutor coordinatori e i docenti universitari”, si può affermare, senza timore di smentite, che il Consiglio di corso di tirocinio ha un ruolo centrale ed essenziale nell’impianto normativo che disciplina il Tfa. Pertanto, qualunque ipotesi di avvio del Tfa senza che il Cct si sia insediato nel pieno delle proprie funzioni, è illegittima.
La composizione del Consiglio di Corso di tirocinio − Il Dm 249/2010 all’art. 10 c. 4 dispone che il “(…) consiglio di corso di tirocinio, [è] così costituito: a. nelle università, dai tutor coordinatori di cui all’articoli 11 comma 2, dai docenti e ricercatori universitari che in esso ricoprono incarichi didattici, da due dirigenti scolastici o coordinatori didattici, designati dall’ufficio scolastico regionale tra i dirigenti o coordinatori didattici delle istituzioni scolastiche che ospitano i tirocini, e da un rappresentante degli studenti tirocinanti; (…)”.
È evidente che la composizione del Cct prevista dal legislatore intende attribuire alla scuola un ruolo non subordinato, ma paritario rispetto all’università e centrale nell’impianto strutturale. L’aver sottratto la competenza della gestione del Tfa alla sola università, per affidarla a un organo misto scuola-università, l’inclusione nel Cct − la prima voce in elenco − dei tutor coordinatori, che – ricordiamolo − sono insegnanti in servizio (in semiesonero all’università), e, infine, la presenza dei dirigenti scolastici, sono chiari segni di questo orientamento; anche se, in molti casi, i docenti universitari saranno nel Cct in numero prevalente.
Il nodo della nomina dei tutor coordinatori − Il Dm 8 novembre 2011 all’art. 1 recita: “Entro il 31 maggio di ciascun anno, sulla base dei contingenti di posti disponibili per le immatricolazioni ai corsi di laurea in scienze della formazione primaria e dei posti disponibili per la frequenza del tirocinio formativo attivo (…), sono stabiliti con apposito decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, i contingenti del personale della scuola da collocare in esonero parziale o totale per lo svolgimento dei compiti tutoriali di cui all’art. 11, commi 2 e 4 e all’art. 9, comma 4 del succitato decreto” (tutor coordinatori, c. 2 e tutor organizzatori, c. 4, ndr)
L’art. 8 dello stesso decreto, inoltre, assegna in regime transitorio il potere di decretare “i contingenti” di tutor coordinatori (e organizzatori) alla Direzione generale del personale scolastico. Da verificare, visto l’anno accademico in corso.
A parte la data del 31 maggio che si riferisce al funzionamento del meccanismo a pieno regime, rileviamo che fino ad oggi nessun decreto del genere è stato emanato. Anche se è plausibile che ministro e Direzione generale del personale scolastico abbiano deciso di attendere i numeri complessivi dei tirocinanti ammessi al Tfa (disponibili solo quando tutte le università avranno completato le prove di selezione), per non disporre semiesoneri inutili, ciò determina di fatto la mancanza di un atto dispositivo fondamentale.
Alcune università hanno opportunamente deciso di procedere ugualmente alle selezioni formando graduatorie dalle quali poi attingere i Tc necessari. Altre hanno interpretato la disposizione come preclusiva e hanno quindi deciso di attendere la conclusione delle prove di selezione dei tirocinanti, per poi selezionare i Tc, con evidenti effetti di differimento delle procedure e di ritardo sui tempi di avvio. Di certo la fattispecie concreta ha generato un problema che sarà necessario regolare opportunamente: disporre i contingenti di Tc e To sulla base dei posti disponibili per Tfa e lauree in Sfp non è detto che corrisponda agli effettivi fabbisogni, poiché non sempre, non oggi, i posti disponibili vengono tutti occupati. Rinviamo il problema ad opportuna e separata trattazione.
La situazione che si è creata è al limite del paradosso: il Miur, a causa dei ritardi delle università nelle procedure, non ha i numeri per calcolare quanti Tc inserire nel decreto che determina i contingenti; alcune università non indicono i bandi per Tc perché il decreto che ne definisce i contingenti (che nella sequenza prevista dalla norma precede le selezioni) non è stato ancora emanato dal Miur; gli Uffici scolastici non possono disporre i semiesoneri del personale docente selezionato… quindi i Tc e To non possono prendere servizio e non possono entrare a far parte dei Cct.
Conclusione: i Consigli di corso di tirocinio non possono insediarsi, nemmeno nelle università che hanno agito tempestivamente e sono state più previdenti.
Riteniamo infatti che laddove i Cct dovessero comunque riunirsi, in difetto di una componente così essenziale come i Tc, anche quando minoritaria, gli atti compiuti dall’organo di governo del Tfa, rischino di essere viziati di invalidità.
Alcune riflessioni − Una situazione talmente ingarbugliata che si fatica quasi a trovare il filo per capire come si sia sviluppata. Insufficiente è stata la gestione del coordinamento da parte di chi aveva il compito di curarlo: date di effettuazione degli scritti e degli orali fissate dagli atenei in totale autonomia e senza l’opportuno coordinamento, modalità di gestione e conduzione delle prove che difettano di un protocollo operativo comune; una tempistica che non è stata in grado di mettere in fila le procedure (ad esempio la sequenza conclusione delle selezioni dei tirocinanti – selezioni dei Tc). Tutti sintomi di una macchina organizzativa inadeguata a fronteggiare la sfida che la formazione iniziale degli insegnanti richiede, fin dalla sua partenza.
C’è infatti una bella differenza, e una grande distanza, fra autonomia e caos. Se si fosse creata, come a suo tempo richiesto da più parti, una cabina di regia sull’attuazione del Dm 249/2010, competente e motivata, si sarebbero potuti prevedere e prevenire questi scenari, fornendo supporto e soluzione ai molti problemi che invece ora rischiano di incagliare il non-sistema della formazione iniziale degli insegnanti, in crisi prima ancora di poter iniziare a funzionare.
Dai primi segnali emerge inoltre un ulteriore dato che preoccupa molto: si riscontra la tendenza a escludere, ancora una volta, la scuola dalle procedure di avvio dei tirocini. Nonostante, infatti, alcuni Uffici scolastici regionali (Lombardia, Veneto, Toscana fra gli altri) abbiano dato vita a iniziative di coordinamento con gli atenei per accompagnare l’avvio dei Tfa, è di nuovo evidente che in alcune università si tenda a considerare il Tfa un affare molto più accademico che scolastico.
Non è così, non può essere così, non deve essere così.
Non incoraggia su questo fronte rilevare che alcune iniziative informative e seminariali organizzate di recente da alcune università, relegano la scuola e i suoi esponenti a un ruolo del tutto marginale nel dibattito sul tirocinio nella formazione iniziale degli insegnanti.
Quattro proposte − 1. Task force per il coordinamento e l’attuazione del Dm 249/2010. Ci pare più che mai necessario istituire una vera e propria task force sull’attuazione del Dm 249/2010, evitando di attribuire la funzione di regia a chi ha già altro di cui occuparsi. Il gruppo di lavoro dovrebbe a nostro parere risultare da una compartecipazione fra il Dipartimento per l’istruzione e il Dipartimento per l’università, di cui facciano parte accademici, insegnanti, dirigenti scolastici e studenti Tfa (basterebbero 2-3 esponenti per ciascuna delle 4 categorie) che abbiano però competenze specifiche e documentate su tirocinio e formazione degli insegnanti. Il gruppo di lavoro, coordinato da chi nell’amministrazione scolastica conosce a fondo e ha seguito fin dall’inizio la costruzione del Dm 249/2010, avrebbe il compito di seguire da vicino questa vicenda, con una agenda serrata e prioritaria (non subordinata ad altre urgenze). Ciò anche in vista delle prevedibili difficoltà di avviamento, che certamente emergeranno durante le prime esperienze.
Un gruppo capace di lavorare in presenza e a distanza, in videoconferenza, in multitasking, con condivisione di documenti cloud, come ormai chi lavora attento all’efficienza dei processi di condivisione e decisionali sa fare da tempo. Un team istituito a livello centrale, ma che abbia strette relazioni con gli uffici periferici e i referenti negli Usr.
Per fare questo è necessaria una forte volontà politica, un atto dispositivo del ministro e una scelta oculata di persone veramente qualificate.
2. Decreto (o decreti) per stabilire i contingenti di Tc e To per mettere i Cct in condizione di insediarsi − È indifferibile trovare il modo di risolvere il problema della mancanza del decreto/dei decreti che stabiliscono i contingenti di Tc e To elaborando una formula corretta sul piano della legittimità, che consenta alle università che già sono pronte di insediare i Cct, senza dover aspettare chi è in grave ritardo e senza correre il rischio di compiere atti invalidi.
Un solo decreto o più decreti? L’ufficio legale del Ministero può certo investire qualche risorsa su questo problema.
3. Si dia una scadenza entro la quale completare le procedure − Così come si fece con la Nota 5 agosto 2011, protocollo n. 81, che stabilì, tranchant, un termine entro il quale inserire, nella sezione Rad della banca dati dell’offerta formativa, le proposte di istituzione dei corsi del Tfa, si ponga anche ora un termine entro il quale le università debbano: a) aver concluso le operazioni di selezione dei tirocinanti; b) aver completato le selezioni dei tutor coordinatori (e dei tutor organizzatori); c) aver insediato i Cct e attivato i corsi. Opportuno forse stabilire un termine entro il quale chi è oggi in ritardo, e nell’impossibilità materiale di rispettare i termini fissati, possa mettersi in pari. La scadenza data con la nota prot. n.81 del 2011 diede un’accelerazione a tutte le procedure in quella fase ancora in ritardo. Un dispositivo simile potrebbe, oggi, conseguire risultati ugualmente urgenti.
4. Raccolta dati e monitoraggio da subito − Chi non ricorda il passato è condannato a ripeterlo: è assolutamente prioritario organizzare da subito un sistema di raccolta dati e valutazione di cosa sta accadendo, del perché è accaduto, di dove i processi vanno migliorati, in modo da avere in funzione un monitoraggio dell’esperienza.
Qualche spunto: chi si è riunito nelle università e quando, chi ha incontrato Usr e attori del processo; quando sono stati organizzati e tenuti gli scritti, gli orali; quando sono state pubblicate le graduatorie, quando i bandi per i tutor coordinatori; quando quelli per le assegnazioni degli incarichi di docenza; quali le caratteristiche dei bandi; quali le informazioni comunicate e in quale modo; quali Usr stanno attivando procedure per la costruzione dell’elenco delle scuole accoglienti il tirocinio ex art. 12 Dm 249/2010 (Toscana e Veneto ad esempio); quando si insedieranno i Cct e quali atti compiranno. Insomma iniziamo a raccogliere i dati. La raccolta dati e la valutazione consentono di avere punti di riferimento e confronto e fanno pensare a chi è dentro ai processi, che le procedure migliori vengono rilevate e quelle meno efficaci individuate e possibilmente risolte. Una leva motivazionale che potrebbe cambiare in modo significativo scenari e risultati.
Ci pare più che mai urgente offrire adeguate garanzie al corretto avvio di tutto il sistema di formazione iniziale degli insegnanti, per mettere scuola e università nelle condizioni di riconoscersi validi interlocutori e parte legittimata e paritaria del progetto complessivo, che ci pare caratterizzato, oggi e nuovamente, da confusione e disorientamento.