“Voci a confronto”: è questo il titolo significativo di un seminario organizzato dall’Invalsi in due giornate, la prima lo scorso 21 novembre e la seconda oggi, 27, dedicate rispettivamente alle prove di italiano e a quelle di matematica. Inoltre, per la prima volta, essendo i possibili interlocutori distribuiti in tutte le scuole d’Italia, l’evento è fruibile in streaming dal sito dell’Invalsi (il 21 c’è stato un picco di 1200 accessi da tutta Italia), e le due trasmissioni verranno poi rese disponibili sotto forma di video scaricabili.
In un momento in cui viene varato un nuovo Regolamento che assegna funzioni importanti all’istituto, l’Invalsi inaugura la buona strada dell’interlocuzione con il “pubblico”, soprattutto con il mondo della scuola e della ricerca scientifica, con l’intento di rendere ragione delle scelte che compie e delle loro motivazione, in un’ottica di trasparenza: l’obiettivo dei seminari è quello di svolgere una riflessione “ad alta voce” su una serie di punti cruciali per il futuro dell’Invalsi, e di farlo davanti a tutti, anche raccogliendo contributi critici dalla società civile.
Il dibattito infatti può essere costruttivo solo se l’opinione pubblica cessa di essere vittima di presentazioni distorte, come spesso sono quelle dei giornali, che purtroppo in modo non innocente insistono a chiamare “quiz” o peggio “quizzoni” le prove di apprendimento. Dai media il grande pubblico non viene informato in maniera adeguata sulle procedure che portano alla creazione di un test standardizzato, e nelle scuole il livello dello scontro è più spesso politico che culturale; del resto la ratio delle prove Invalsi è oggetto di ponderosi rapporti tecnici, non propriamente incoraggianti nel formato e nelle dimensioni. La modalità dell’incontro in presenza fruibile comodamente da casa rende certamente più accessibili i concetti e più facile il rendersi conto delle motivazioni dell’operazione Invalsi.
Fra le domande introduttive della giornata del 21: “Qual è il profilo di competenze indagate dalle prove Invalsi e qual è la loro importanza? Qual è il grado di precisione delle prove? Quali distorsioni possono discendere dalle prove?”. I relatori “interni” (Daniela Bertocchi, Maria Teresa Siniscalco, Maria G. Lo Duca e Angela Martini) avevano il compito di “rendere ragione” delle scelte dell’Invalsi, ma anche di mostrare problemi aperti e soluzioni possibili: nuove direzioni di indagine, nuove piste di ricerca, come l’adesione al progetto internazionale PISA for schools, uno strumento messo a punto per valutare sulla stessa scala delle prove internazionali gli apprendimenti degli allievi che svolgono le prove Invalsi.
Inoltre, viene segnalato il fatto che i dati raccolti costituiscono una ricchissima banca-dati che attende solo di essere utilizzata dagli studiosi: le università potrebbero contribuire con ricerche mirate, garantite dal punto di vista metodologico, in cui studenti o dottorandi mettano a frutto gli strumenti di indagine in vista di applicazioni importanti per la società civile.
Il pomeriggio del 21, primo appuntamento, quattro relatori (Mario Ambel del Cidi, Anna Rosa Guerriero del Giscel, Francesco Bruni dell’Università Ca’ Foscari di Venezia e Lerida Cisotto dell’Università di Padova) hanno proposto osservazioni sulle relazioni della mattina o sulle prove in quanto tali. Mentre tutta l’operazione dal punto di vista metodologico non sembra suscitare più le perplessità dei primi anni, criticità sono state segnalate in relazione alla possibilità di usare prove di questo genere a fini di rendicontazione delle scuole, oppure sul rischio, molto sentito nella scuola italiana, di un impoverimento nella “interpretazione” dei testi soprattutto letterari, o dell’influsso dei contesti socioculturali di provenienza degli studenti sulla loro “enciclopedia”. Sono pervenute anche domande dal pubblico collegato on line e trasmesse via mail.