Quando si parla o si scrive di uso delle tecnologie innovative al servizio di una didattica di qualità, si alzano spesso voci dissenzienti, che consigliano di non fare facili esaltazioni acritiche sul loro utilizzo in classe. Questo levar di scudi deve far riflettere, giustificando tali posizioni con il fenomeno del digital divide, particolarmente accentuato, come differenziale, nella didattica delle scuole italiane, e maggiormente individuabile in alcune zone periferiche del nostro Paese. Gli atteggiamenti contro un significativo uso delle tecnologie avanzate a scuola sono spiegabili anche per il fatto che chi insegna si troverebbe obbligato ad un aggiornamento continuo, non sempre ben accettato. Le università, i centri di ricerca e le grandi aziende, e più in generale tutte quelle organizzazioni che necessitano di potenziare la capacità delle proprie infrastrutture di rete per gestire crescenti quantità di dati, e poter fruire o erogare servizi di nuova generazione, tra cui anche le scuole pubbliche, sono costretti, come già detto, ad un continuo aggiornamento tecnologico, finalizzato al miglioramento del servizio offerto.



Infatti, una decisiva sfida che gli operatori della comunicazione Ict si trovano ad affrontare oggi, riguarda lo sviluppo di reti portanti ultra-broadband, che devono offrire quella flessibilità necessaria a implementare una gamma completa di servizi multimediali. Sappiamo che in Italia una famiglia su 2 non ha un collegamento in rete e appena una su 3 possiede Internet a casa in banda larga.  Rimane alto il numero di italiani del tutto privi di copertura online, che si stima in circa 2,3 milioni di persone. Un numero che decuplica se si considerano i servizi d’accesso più tecnologici, come il già citato ultra-broadband, che è in grado di far “viaggiare” il pc fino a 100 Megabit al secondo. Una rete accessibile e un’ampia gamma di servizi sono, infatti, condizioni abilitanti per lo sviluppo economico e la crescita del capitale sociale di una nazione.



Questa crescita deriva da due fattori, il primoè il fattore di sviluppo, poiché è generalmente riconosciuto il ruolo strategico e l’incidenza che le comunicazioni elettroniche assumono rispetto allo sviluppo globale, il secondoè la garanzia dei diritti, poiché l’enorme quantità di dati e informazioni che viaggia nel web ha  rilevanza sociale, considerato che la generalità dei cittadini, operatori della scuola compresi, potrebbe avvalersi di questo servizio universale. In questo scenario la situazione del nostro Paese presenta molti limiti come quello del digital divide. Il termine tecnico digital divide è utilizzato per indicare le differenze nell’accesso e nell’utilizzo delle tecnologie della Società dell’informazione e della comunicazione Ict. Questa espressione ha origine dallo sviluppo non omogeneo dellarete all’interno degli Usa: nella fase di privatizzazione di Internet degli anni novanta tale definizione era usata per evidenziare la condizione di svantaggio di categorie di utenti in termini di accessibilità e costi. 



In Italia il digital divide è causato in primo impatto dalla assenza di infrastrutture adeguate, e riguarda la mancanza di un collegamento ad internet veloce. Alcune zone del nostro Paese, infatti, non sono raggiunte dalla banda larga, per cui un’elevata percentuale della popolazione italiana si trova a dover vivere in condizione di digital divide. Nelle scuole la differenza si nota tra quelle residenti nelle città e lungo le coste, e quelle ubicate nelle zone rurali e nell’entroterra. Un esempio particolarmente calzante è quello di Alice 7 mega di Telecom Italia, che prevede una velocità di navigazione in download fino 7 Mega. È facile vedere, però, sul sito della Telecom che per le aree incluse nel progetto anti digital divide la velocità di trasmissione è pari a 640 Kbps in download.Una possibile soluzione al problema digital divide in Italia potrebbe essere rappresentata dai sistemi Wimax, ovvero da una tecnologia di trasmissione di rete a banda larga senza fili. Il Wimax è un potente sistema di trasmissione internet che consente l’accesso alla rete oltre i 50 Km di distanza, garantendo una copertura anche nelle zone rurali. Nel caso del digital divide non basta sapere che un certo gruppo di famiglie possiede un computer collegato a internet, ma occorre valutare se l’hardware e il software sono adeguati e il suo uso è consapevole.

Uno studio del divario digitale tra gli insegnanti italiani non può dunque riguardare solo il possesso ma rilevare ed analizzare la qualità delle attrezzature e il loro utilizzo, fino all’uso didatticamente sofisticato con tecnologie d’avanguardia, in altre parole è necessario un particolareggiato studio di digital inequalities.

Alcune ricerche internazionali indicano il genere, l’età, l’istruzione, il luogo di residenza e di occupazione, il reddito, come fattori individuali che incidono sulle differenze digitali. Queste differenze digitali si evidenziano per effetto del sempre più crescente “ invecchiamento” della categoria degli insegnanti, e dalle caratteristiche dell’ambiente lavorativo, come ad esempio quello della scuola materna da confrontarsi con quello di un istituto tecnico con vocazione e piano di studi indirizzato alle nuove tecnologie. Altre cause che incrementano il fenomeno del digital divide sono rappresentate dalle scelte di governance, eseguite da importanti provider che, per un immediato ritorno economico, investono di più in centri urbani rispetto ai piccoli paesi di montagna.

Nella scuola, considerando le dovute eccezioni, nonostante l’appiattimento verso il basso degli stipendi, la posizione sociale di un anziano maestro monoreddito residente in un piccolo paese montano del meridione, con moglie e figli a carico, è diversa – in riferimento al digital divide – rispetto a quella di una giovane professoressa di matematica che insegna in un istituto tecnico di una città capoluogo di regione del nord, moglie di un importante libero professionista. Quest’ultima, infatti, riuscirà a capitalizzare le opportunità offerte dalla rete a scapito del maestro preso ad esempio, che avrà strumenti per insegnare tecniche e metodi didattici che non rispondono più a una scuola moderna rivolta al futuro, penalizzando, e non poco, i propri studenti.