Le nebbie si diradano in quella terra di nessuno ove le ambizioni di migliaia di giovani apparivano mal riposte. I Tirocini formativi attivi (Tfa), finalmente, sono stati sbloccati. Ora, chi vuol fare l’insegnante avrà modo di giocarsi le proprie carte. Con un fardello d’incertezza leggermente meno pesante di quanto risultava fino all’altro ieri. Il Miur ha ottenuto, dopo due mesi dal via libera del ministero della Funzione pubblica, anche il parere positivo di quello dell’Economia, potendo così liberare 4.275 posti per le scuole medie e 15.792 per le superiori. Saranno attivati entro giugno, mentre i test di ingresso per potervi accedere saranno istituiti entro primavera. Più di 20mila neolaureati che vi accederanno otterranno, quindi, l’abilitazione all’insegnamento per le scuole secondarie di primo e secondo livello entro l’anno scolastico 2013-2014. Sì, ma poi, che ne sarà di loro? Il commento dell’ex ministro della Pubblica Istruzione Giuseppe Fioroni.



Anzitutto, quali valutazioni le suggerisce la notizia?

Tanto per cominciare, diciamo: meglio tardi che mai. Ora sarà necessario che il ministero dell’Istruzione e la Crui mettano rapidamente in atto tutte le pratiche necessarie per dar rapidamente concreta attuazione ai tirocini; sarà, inoltre, determinante sgomberare il campo da un equivoco abbastanza comune: non si tratta del prolungamento dell’università ma del corso che conferisce il requisito fondamentale per l’accesso alle procedure concorsuali, ovvero del primo gradino per accedere al reclutamento.



A tal proposito, quale dovrebbe essere, secondo lei, l’approccio selettivo più corretto?

Prima ci sono diversi passaggi: si deve porre, prioritariamente, rimedio al problema delle graduatorie ad esaurimento. In sostanza, devono esaurirsi effettivamente. Devono essere chiuse, con un patto d’onore affinché non siamo riaperte mai più. Altrimenti, la scuola – il luogo in cui per definizione è necessario lavorare stabilmente -, continuerà ad essere foriera di precarietà. Ad oggi, infatti, tali graduatorie sono diventate delle “autostrade” attraverso cui chi è fuori continua a rientrare.



Qual è il passo successivo?

Favorire la mobilità di tutti i non idonei (e sono circa 10mila) dal comparto scolastico alle altre amministrazioni dello Stato, dove siano reimpiegati in maniera rapida. Questo libererebbe dei posti per poter far partire una nuova procedura concorsuale con le nuove regole che, nel frattempo, il ministero dovrebbe emanare. Regole, una volta eliminate le graduatorie ad esaurimento, fondate sul merito. A questo punto, il ministro dovrà emanare, secondo la delega che il Parlamento gli ha concesso, le norme che prevedono il reclutamento.

Secondo quali criteri?

Si dovrà concepire, una volta superato il concorso, una fase di prova all’interno della scuola in cui le mansioni dell’aspirante docente non si limitino a quelle di un passacarte, ma siano assimilabili a quelle di un vero a proprio praticantato. Non potrà essere, quindi, di durata inferiore ad un anno. L’attività di tutoraggio e verifica da parte della scuola, inoltre, dovrà essere parte integrante della valutazione finale che avrà il compito di giudicare non solo l’idoneità all’accesso, ma anche quella ad esercitare effettivamente l’attività di docente.

A chi spetta il giudizio finale?

Credo che dovrebbe essere dato dalla scuola stessa.

Crede che debba esserci una sostanziale equipollenza tra il numero di Tfa e quello di posti disponibili per insegnare nelle scuole italiane?

Ovviamente no. 20mila è il numero di coloro che acquisiranno i titoli per essere impiegati nelle scuole paritarie o nelle università, o per partecipare al concorso quando sarà bandito. Va da sé che, se vi fosse equipollenza, non vi sarebbe più alcuna selezione per merito.

 

(Paolo Nessi)

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