Decreto Milleproroghe: che fine fa la pensione di molti docenti? Un’interrogazione posta in Commissione Istruzione dalla senatrice del Partito democratico Mariangela Bastico apre la polemica e denuncia un problema serio. Con la nuova normativa si è infatti regolarizzata per tutti i lavoratori la data del 31 dicembre, dunque la fine dell’anno solare, come giorno da cui far valere per chi l’ha maturato il diritto alla pensione. Ma per quanto riguarda la classe docente ci si è dimenticati che fino a oggi il momento del pensionamento era calcolato in data 1° settembre. Lo spostamento della data di pensionamento taglia fuori dunque molti lavoratori che avevano maturato tale diritto, obbligandoli a un periodo forzato di lavoro. Secondo Bastico, i correttivi previsti alla Camera rispetto alla manovra generale sulle pensioni stanno producendo una forte ingiustizia per quanto riguarda i docenti.
Secondo Luciano Clementini, del Consiglio nazionale del Miur, contattato da IlSussidiario.net, si rischia di tagliare fuori almeno ventimila persone che saranno obbligate a lavorare un anno o anche di più in base all’anzianità che avevano maturato. «Sarebbe necessario – ha detto – che la politica parlamentare riprendesse un po’ delle sue prerogative e su questa, ma anche altre problematiche, sia capace di imporsi sul governo».
Clementini, ci spieghi i termini tecnici di quanto sta succedendo in base al decreto Milleproroghe per quanto riguarda la pensione dei docenti.
Succede che si è ignorato che il termine utilizzato per il pensionamento è sempre stato, come del resto è inevitabile per il mondo della scuola, il 31 agosto dell’anno di riferimento. Il primo settembre dunque è il momento in cui si va in pensione nella scuola.
Invece adesso diventa il 31 dicembre.
Aver bloccato al 31 dicembre la possibilità di andare in pensione per chi ha già maturato la quota 96 o i 40 anni di retribuzione lascia fuori tutta una serie di persone che di fatto potrebbero in altre condizioni andare in pensione, appunto, il primo settembre.
Il che significa un anno di lavoro in più?
Il docente deve aspettare un anno oppure anche di più. Dipende da che anzianità ha acquisito avendo spostato a 62 anni il requisito anagrafico per la pensione.
Ma perché succede questo? Un semplice banale errore di formulazione o si è volutamente deciso di ignorare la classe dei docenti?
È difficile attribuire delle responsabilità a questo livello. Probabilmente avendo voluto stabilire dei termini nuovi regolati come per tutti gli altri comparti per anno solare, si è “trascurata” la situazione della scuola.
È possibile calcolare quanti docenti quest’anno non potranno andare in pensione?
Giudicando da quello che si legge in giro su vari siti del settore scolastico, sembra siano circa 20mila persone. Però sono dati difficili da controllare.
Lei pensa che questo emendamento proposto dal Pd otterrà qualche risultato?
Come per altre questioni che riguardano il Milleproroghe, ad esempio la riapertura delle graduatorie a esaurimento, tutto dipende dai politici.
In che senso?
Nel senso che se il governo dice di no all’emendamento proposto, ma poi il Senato fa un atto per così dire di forza, ma che riguarda la sua responsabilità politica e lo approva, penso che il governo abbia ben poco da opporre. Bisognerebbe insomma che la politica parlamentare riprenda un po’ delle sue prerogative. Forse non sarebbe un errore.
In questo senso, come giudica quanto fatto fino a oggi da questo governo tecnico nei confronti del mondo della scuola? Pensa si stia facendo abbastanza?
Posso ovviamente dare solo un mio parere personalissimo, ma ritengo di no, non sta facendo abbastanza. Gli annunci fatti dal ministro credo siano nteressanti, ma poi in realtà quello che è venuto fuori dal decreto sulle semplificazioni ha ridotto notevolmente la portata delle modifiche che erano state impiantate in precedenza e sempre da questo governo. Quello cioè che era stato annunciato in pratica poi è stato in buona parte tradito.
i può fare anche solo un esempio in questo senso?
Ad esempio, la questione dell’autonomia responsabile che il ministro Profumo aveva anche chiaramente descritto e prefigurato in conferenza stampa la settimana scorsa. Dopo l’uscita di questo decreto dal Consiglio dei ministri, in realtà si è ridimensionato tutto con una promozione dell’autonomia e il budget di istituto sparito o rinviato a data da destinarsi. Va bene dire di oliare i macchinari come aveva già anticipato il ministro tempo fa, ma in realtà l’organico di istituto e di rete è tutto da vedersi. Tutti i guasti del sistema finora utilizzato per la definizione dell’organico restano.
È insomma davvero un governo tecnico che bada più ai tagli e alle spese.
Direi proprio di sì.