Lettera aperta al presidente del Consiglio prof. Mario Monti

Caro Presidente,

la crisi si fa sentire, le risorse economiche sono sempre più scarse e non tutti gli studenti universitari riescono a far fronte alle loro necessità. Purtroppo il nostro “diritto allo studio”, così come è ora, non basta a sostenere tutti gli studenti “meritevoli, anche se privi di mezzi”, che frequentano i nostri atenei, così che il dettato costituzionale non può essere pienamente adempiuto.



Perché non cogliere la sfida e, convinti del fatto che anche questa crisi non sia l’ultima parola, non chiedere alle imprese di sostenere i nostri studenti migliori? Detto, fatto. Al Politecnico di Milano, alcuni studenti hanno promosso l’iniziativa, chiedendo all’università di attivarsi per contattare imprese disposte a sostenere i giovani meritevoli.



Così, nel bel mezzo della crisi, ecco che arrivano alcune centinaia di migliaia di euro – da parte di diverse aziende, tra cui Autostrade per l’Italia SpA, che hanno voluto investire sui giovani e sul merito – destinate a borse di studio (in alcuni casi abbastanza consistenti, fino a 8mila euro) per giovani promesse dell’ingegneria. Ma subito arriva la beffa per mano di uno Stato soffocante, che sempre di più rischia di chiudere gli spiragli di libertà che si aprono qua e là.

Come, infatti, il nostro Stato valorizza queste iniziative, che dovrebbero essere quanto mai auspicabili e il più possibile da imitare? Tasse! La risposta delle istituzioni pubbliche di fronte a una simile “iniziativa dal basso” si chiama Irpef. Anche il reddito derivante dalle borse di studio è assimilato al reddito da lavoro dipendente, con connessa tassazione. Ed è così che gli studenti beneficiari delle agognatissime borse di studio diventano soggetti autonomi Irpef, sottoposti quindi ad una aliquota del 23% sull’importo ricevuto. Inoltre i genitori, che godono di una detrazione dell’Irpef per i figli a carico, la perdono immediatamente nel momento in cui uno di questi percepisca un reddito lordo superiore a 2.840 euro. In altre parole si verifica il paradosso che se il figlio “meritevole ma privo di mezzi” riceve una borsa di studio, quest’ultima viene tassata e allo stesso tempo anche i suoi genitori pagano più tasse.



Caro Presidente (e professor) Monti, lei sa meglio di noi, per la sua esperienza in università, che solo a partire dall’educazione e dalla valorizzazione del proprio capitale umano il nostro Paese potrà guardare al futuro con rinnovata fiducia. Come studenti, non vogliamo sottrarci in alcun modo ai sacrifici che ci attendono, ma al contempo vorremmo non veder così indiscriminatamente mortificati i tentativi positivi che nascono dall’iniziativa libera e creativa di molti di noi e dalla generosità di tanti imprenditori.

Spesso ci pare che i giovani siano pretesto di discorsi e non destinatari di azioni efficaci. Come lei sa, siamo ancora nella penosa attesa di una soluzione, ormai sempre più urgente, della vicenda “abilitazione”, per permettere ai giovani laureati dopo il 2008 di conseguire la legittimamente sospirata abilitazione all’insegnamento (l’abilitazione, non il posto, lo sottolineo) attraverso i cosiddetti TFA, tirocini formativi attivi transitori. L’avremo? Quando?

Di nuovo, sicuramente, Lei sa meglio di noi come sia difficile per un’impresa, in questa circostanza storica, destinare risorse a titolo gratuito per aiutare chi studia in università. Se davvero si vogliono sostenere le giovani generazioni, se davvero si ha a cuore che i giovani “capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi” possano crescere e quindi dare un contributo alla crescita del nostro Paese, perché non fare qualcosa per questa questione? Perché non iniziare col detassare le borse di studio per i giovani studenti? Sarebbe pur sempre un passo, un segno.