Caro direttore,

in questi giorni – 5, 6 e 7 marzo – si rinnova la componente Rsu per le scuole autonome. Le Rsu sono le rappresentanze sindacali interne, quelle che i lavoratori scelgono e che devono condurre la contrattazione con il dirigente scolastico, l’oggetto sono sia le regole della vita interna della scuola, le regole dei rapporti sindacali – anche se spesso alle Rsu si è attribuito una sorta di onnicomprensività che non è loro dovuta, soprattutto in campo didattico – sia il cosiddetto Fondo dell’Istituzione Scolastica, ossia una parte del bilancio della scuola che va distribuito a docenti e non docenti per le loro attività aggiuntive, in particolare i progetti che ogni scuola realizza per ampliare la sua offerta formativa.



Il sindacato va ad una verifica decisiva della sua capacità di rappresentanza, ma lo fa con un istituto del tutto superato e inefficace. Poiché nessuno ha voluto sollevare la questione, si è andati ad una consultazione elettorale come un atto dovuto e la situazione di difficoltà in cui versano gli istituti autonomi ha giustificato la riproposizione di un sistema che si dovrebbe almeno cambiare per non dire rimuovere del tutto.



Di fatto la macchina elettorale si è messa in moto a tempo debito e ha garantito le elezioni della rappresentanza sindacale, invece si sarebbe dovuto bloccare questa scadenza andando al cuore della questione, fino a chiederci se le Rsu siano ancora attuali. C’è una domanda taciuta ma che avrebbe dovuto precedere queste stanche votazioni, ed è la domanda sull’utilità della rappresentanza sindacale nella scuola. Perché le Rsu di fatto sono la distribuzione delle briciole che cadono dal tavolo, e non dei potenti, ma di una mensa aziendale di mediocre qualità. Sono diventate lo strumento per distribuire i pochi soldi che toccano al mondo docente e non docente, in modo pressoché indifferenziato, a pioggia. Al loro posto un buon ragioniere sarebbe più che sufficiente.



Queste elezioni sono di fatto il funerale di una rappresentanza sindacale che ha fatto il suo tempo. Il mondo della scuola deve lasciarsi alle spalle queste forme di partecipazione; urge che insegnanti e personale non docente escano da una logica rivendicativa per assumerne una costruttiva. Al posto di rappresentanti sindacali che non difendono nulla, sarebbe ora di introdurre una cultura della responsabilità, sarebbe ora che chi vuol costruire lo possa fare, e non risponda a organismi sindacali ma a coloro di cui si assume i bisogni. È tempo di superare le logiche sindacali per fare una cosa che non si è mai fatta, premiare chi merita perché affronta i bisogni sia di istruzione sia di educazione. 

Liberiamoci, quindi, di un baluardo della rivendicazione in un mondo in cui non c’è più nulla da rivendicare. Urge creare spazi che valorizzino chi costruisce. Ci sono tutte le premesse perché anche queste elezioni siano un’occasione persa. Ma vedrà che le Rsu riprenderanno a funzionare come se nulla fosse, cambieranno forse i rappresentanti, ma tutto rimarrà come prima, una forma di contrattazione d’istituto rivendicativa e estranea alle esigenze della scuola.

Occorrono voltare pagina. Non sarebbe tempo che le risorse di una scuola non fossero più contrattate da rappresentanze sindacali?

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