Due mondi completamente diversi. Il nord e il sud. Il gioco delle differenze fra Meridione e Settentrione, che piace tanto a molti, sta spesso in equilibrio fra luoghi comuni e verità: un confine labile che inizia dai primi anni dell’infanzia, passando per la scuola. Edifici scolastici fatiscenti, a volte, creati in luoghi di fortuna. Neanche l’ombra di una palestra, un presidio di pronto soccorso o un’aula computer. Voce fuori dal coro è Marcello D’Orta, maestro di scuola elementare in un quartiere difficile come Secondigliano e autore del best seller Io speriamo che me la cavo che, con la sua irresistibile cadenza infarcita di modi di dire tipicamente campani, rivendica valori in grado di annullare tutte le differenze.



Professore, esiste questa Italia dell’istruzione a due velocità?

Se vogliamo parlare della crisi d’identità della scuola, Nord e Sud si toccano. I ragazzi hanno nei confronti dei professori un atteggiamento di sufficienza: viceversa molti insegnanti diventano, per forza di cose, lassisti nei confronti degli alunni. La filosofia è quella del “Chimmo fa fa’”: quando si hanno di fronte casi di genitori che si rivolgono al Tar, non per una sospensione, ma per una semplice sgridata, scappa la voglia. Si è creato un conflitto fra alunni e insegnanti e, peggio ancora, fra genitori e insegnanti. Sotto questo aspetto, purtroppo, Milano vale Reggio Calabria.



Per quanto riguarda, invece, le strutture scolastiche?

Da questo punto di vista esistono, invece, due “Italie”. Vede, prima dell’unità d’Italia, la situazione era capovolta: il Sud faceva parte del Regno delle Due Sicilie e Napoli era la terza città più importante d’Europa, dopo Parigi e Londra. Dopo l’unità, tutto si è rovesciato: guardi al campionato di calcio! Scherzi a parte, io ho girato molte scuole italiane e come ci si allontana da Roma, spuntano palestre, laboratori ma non solo. Quello è già un lusso. Consideri solo il fatto che le aule ospitano il numero di alunni che dovrebbero: venticinque persone, come da circolare del ministero. Una volta ho fatto lezione, a Secondigliano, ad una classe con quarantadue alunni! Com’è che Treviso è così diversa da Messina? Eppure apparteniamo alla stessa nazione. Riusciremo mai a far viaggiare le due “Italie” alla stessa velocità?



E’ una questione legata al rispetto delle leggi?

Fino ad un certo punto. Con chi ce la vogliamo prendere? La legge esiste ma non viene rispettata anche perché ci sono delle realtà che possono essere vissute solo in modo diverso. Poi, oggi ci sia appella alla cosiddetta autonomia scolastica, per cui ogni direttore scolastico applica le leggi secondo propri criteri. Ad esempio, l’obbligo del grembiule per le scuole elementari che viene applicato solo da alcuni…

La dispersione scolastica nelle scuole medie, secondo numeri del Miur, tocca picchi elevati soprattutto al Sud.

Questo dipende dal lavoro nero. Quando ho scritto Io speriamo che me la cavo la risposta era implicita: visto e considerato che le scuole rappresentavano un sistema “sgaruppato” e inutile, i ragazzi saltavano le lezioni e i genitori non dicevano nulla. Oggi, più che mai, con la presenza della crisi le famiglie preferiscono mandare i ragazzi a lavorare per aiutare, già da subito, la famiglia. Anche perché, parliamoci chiaro, i libri costano e sussidi spesso non arrivano. Mentre una volta il pezzo di carta era l’obiettivo di un giovane, oggi non lo è più: del resto la laurea garantisce un lavoro? Molti l’hanno capito e lasciano anche prima.

Secondo una recente indagine Ocse, i quindicenni del Sud sono indietro di almeno un anno e mezzo rispetto ai coetanei del Nord.

Le statistiche, per me, lasciano il tempo che trovano. La statistica è quella scienza per cui, se una persona mangia due polli e un’altra non ne mangia affatto, ognuno si è mangiato un pollo a testa. Sono scettico su questo tipo di ragionamenti. Occorre partire dal tipo di insegnante che fa lezione e poi, giudicare la classe. Io avevo “scugnizzi” di otto anni che erano più svegli, non di quindicenni, ma di diciottenni del Nord. I ragazzi qui hanno a che fare con la vita, il lavoro e anche, purtroppo, con la Camorra. La vita di questi ragazzi è casa, a volte scuola e strada. Scolasticamente, saranno pure un po’ indietro ma danno del tu ai problemi della vita. Per quanto riguarda, invece, i programmi, posso dire che al Nord e al Sud sono esattamente gli stessi. Ma in questo caso è fondamentale la buona volontà dell’insegnante. Consideriamo poi che la maggior parte dei professori al Nord è comunque meridionale.

Ecco, qual è, secondo lei, la ricetta per essere un buon insegnante?

Non vorrei risultare retorico ma il primo ingrediente è l’amore. Prima ancora di impartire lezioni di matematica, geografia e scienze, siccome avevo davanti ragazzi difficili, figli o nipoti di clan rivali, la mia prima preoccupazione era far capire loro quali erano i valori importanti: la famiglia, la scuola stessa e anche la Chiesa. Volevo prima che diventassero cittadini onesti e solo in un secondo momento partivo con l’insegnamento delle materie elementari. Spesso, quando andavo a prenderli a casa perché non venivano a scuola, tentavo di parlare con i genitori, cercando di far capire loro che il riscatto per una vita migliore per i loro figli partiva proprio dalla scuola. Tutto questo è amore e non te lo insegna nessun istituto magistrale. 

(Federica Ghizzardi)