Quelle parole, «chiamata diretta», danno fastidio a molti. La settimana scorsa il Consiglio regionale della Lombardia ha approvato la manovra per lo sviluppo, il cui articolo 8 fa discutere perché rivoluziona le regole di assunzione dei docenti. Intanto, mentre una parte del Pd e i sindacati gridano all’incostituzionalità e promettono ogni opposizione possibile, la riforma dell’assessore all’Istruzione Valentina Aprea e del governatore Formigoni trova un interlocutore attento nel ministro Profumo.
«È una novità assoluta che saluto con favore, uno dei primi passi veramente coraggiosi per attuare l’autonomia reale delle istituzioni scolastiche» dice Roberto Gontero, neopresidente di Agesc. Gontero auspica una spedita realizzazione delle riforme sul tappeto, da quella della chiamata diretta a quella della governance. «Occorre potenziare tutto quello che può garantire una reale libertà di scelta da parte delle famiglie» dice Gontero, che esorta ad introdurre un sistema di detrazioni per le famiglie che mandano i figli nelle scuole non statali.
Presidente, qual è la sua opinione sul controverso articolo 8 della nuova legge di Regione Lombardia per la crescita?
È una novità assoluta che saluto con favore, uno dei primi passi veramente coraggiosi per attuare l’autonomia reale delle istituzioni scolastiche. Parlo di coraggio perché fino ad oggi se n’è visto poco, e lo dico sia a nome dell’associazione che rappresento sia come genitore. L’Agesc ha sempre ribadito che uno dei pilastri per migliorare il nostro sistema nazionale di istruzione è quello dell’autonomia scolastica, che festeggia i 12 anni. Purtroppo però fino ad oggi di autonomia se n’è vista ben poca, nonostante i vari proclami dei ministri che si sono succeduti, perché di fatto il sistema scolastico è ancora molto, troppo ingessato. Il centralismo la fa da padrone e l’attuale reclutamento ne è la dimostrazione lampante.
Non ci sono molte limitazioni? Il progetto è definito «sperimentale»; vale per «le istituzioni scolastiche statali», e per «i docenti con incarico annuale» ossia per i supplenti…
Sì, ed è comprensibile. D’altra parte il principio che vi vedo applicato è evidente: è inutile parlare di autonomia se poi i docenti piovono dal centro. Crediamo, come genitori, che sia un’ottima cosa quella per cui la singola scuola o reti di scuole possano organizzare concorsi per assumere gli insegnanti.
Sinistra e sindacati hanno gridato allo scandalo. Si teme il clientelismo.
Dire «chiamata diretta» fa pensare che il preside possa assumere chi gli pare; da quel che ho letto, si parla invece di concorsi aperti agli aventi diritto. Vede, noi partiamo dal presupposto che in una scuola lavorino persone oneste e capaci. Una direzione che sia veramente tale è senz’altro in grado, attraverso procedure imparziali come sono quelle dei concorsi, di selezionare gli insegnanti che possono dare di più, sia dal punto di vista professionale che educativo. Non dimentichiamoci qual è il cuore del problema.
A che cosa si riferisce?
Chi sono i veri destinatari del servizio che una scuola offre? A mio modo di vedere – ma penso di non essere il solo – sono gli studenti. Essi hanno diritto ad avere i migliori professionisti. Questo è possibile solo se la scuola, non «la scuola» in generale, ma la scuola frequentata, le scuole del territorio, divengono il centro.
È questa l’autonomia che difendete?
Noi partiamo dal punto di vista della scuola pubblica paritaria. Le scuole dei nostri aderenti vengono da una tradizione di autonomia della quale hanno anche pagato le conseguenze, perché autonomia per le paritarie vuol dire anche sobbarcarsi molti oneri, compreso quello di scegliersi direttamente gli insegnanti accettando che possano rivelarsi non all’altezza del compito istituzionale ed educativo che viene loro affidato. Per il resto, è giustissimo che ci sia l’obbligo di organizzare un concorso, ed è giusto che chi ne ha diritto siano persone abilitate.
A proposito di scuola paritaria. A che punto siamo in tema di libertà di scelta?
Molto indietro. È l’altro fronte che come genitori ci interessa direttamente: oggi una vera libertà di scelta, infatti, non c’è. O i genitori non possono accedere alla scuola paritaria perché non ne hanno le risorse economiche e quindi sono discriminati, pur essendo le scuole paritarie parte del sistema nazionale di istruzione; oppure le famiglie che vi accedono pagano due volte, con la retta e con le tasse. Dov’è la libertà di scelta se esiste un 12 per cento di famiglie che manderebbero i figli in una scuola non statale, ma non possono permetterselo?
Che cosa si deve fare?
Attuare quelle riforme che mettono al centro la libertà delle famiglie di scegliere l’educazione dei propri figli, ricollocando il patto scuola-famiglia al centro del progetto educativo. Certamente l’articolo 8 è un importante passo in questa direzione; ma va in questo senso anche il disegno di legge sulla nuova governance degli istituti scolastici, che auspichiamo venga approvato in tempi rapidi. Occorre restituire la scuola dello Stato ai soggetti della comunità educante scolastica fatta da dirigenti e docenti ma anche dai genitori.
Cosa pensa di quello che sta facendo il ministro Profumo?
A Roma ho sentito il ministro parlare di «comunità scolastica» e della necessità di rifondare gli istituti scolastici in chiave di maggiore autonomia, non solo didattica ma anche gestionale e finanziaria. Diceva che occorre trasferire più risorse alle scuole in modo che possano gestire una parte dell’organico. Benissimo. Non dimentichiamoci però che occorrono risorse.
Risorse in un periodo di crisi economica?
Pensiamo a quanto i Paesi in via di sviluppo investono nel sistema scolastico. Mentre noi in Italia continuiamo ad assistere a un impoverimento delle risorse destinate all’istruzione, altrove si finanziano gli studenti perché possano andare all’estero a formarsi e tornare in patria portando nuovo capitale umano. Occorre poi «finanziare» la libertà di scelta. Le scuole paritarie fanno risparmiare allo Stato più di 6 miliardi l’anno, nel frattempo il fondo per le scuole paritarie viene diminuito di anno in anno…
Ultimamente si fa un gran parlare di valutazione dei docenti. L’Europa l’aveva chiesta a gran voce, da noi rimane oggetto di scontro politico. Che ne pensa?
Non entro nel merito di una valutazione tecnica delle singole proposte, limitandomi a ribadire un principio assolutamente generale. Occorre un sistema di valutazione che, nel rispetto della professionalità degli insegnanti, sia capace di valutare i processi di formazione scolastica, e al tempo stesso che metta i risultati a disposizione delle famiglie perché possano scegliere in modo più informato possibile l’educazione che vogliono per i loro figli.
Per concludere: che cosa chiedete?
Auspichiamo il compimento delle riforme avviate in tema di assunzione dei docenti e di governance; che venga alimentato il fondo per le scuole paritarie, e infine che si attui un buon sistema di detrazioni fiscali. Lo Stato avrebbe tutto da guadagnarci.
(Federico Ferraù)