Cinquemila pensionamenti in meno rispetto all’anno scorso tra i docenti della scuola statale. Sono gli effetti a livello nazionale della riforma Fornero, in seguito alla quale il numero di insegnanti che a settembre prossimo si ritirerà dal lavoro sarà pari a 21.114, contro i 25.884 dello stesso mese del 2011. I professori in sovranumero l’anno prossimo saranno 10.443, ma riuscire a sistemarli tutti non sarà comunque un’impresa semplice. Non si tratta infatti di una banale operazione matematica, bensì di un intervento che dovrà tenere conto della regione e delle discipline insegnate da ciascuno di essi. Ilsussidiario.net ha intervistato Rita Frigerio, segretario nazionale di Cisl Scuola, per chiederle una valutazione degli effetti della riforma Fornero sul mondo dell’educazione.



Qual è la situazione creata dalla riforma Fornero nel mondo della scuola?

A partire dal prossimo settembre andranno in pensione 21.114 docenti che, ai sensi riforma voluta dal ministro del Welfare, al 31 dicembre 2011 avevano già maturato i requisiti previsti. Il problema riguarda quanti avrebbero maturato analoghi requisiti nel corso dell’attuale anno scolastico, entro cioè l’agosto 2012, e che per effetto della riforma non potranno ritirarsi più dal lavoro a settembre. Cisl sta preparando un ricorso, che sarà presentato al Tar e al Giudice del lavoro, per ottenere il riconoscimento dell’estensione del periodo utile per il pensionamento al 31 agosto prossimo.



Per quale motivo ritenete che la riforma Fornero violi i diritti degli insegnanti?

Perché per la scuola il pensionamento è sempre stato caratterizzato dalla particolarità dell’anno scolastico, diverso da quello civile. Il compimento dei requisiti e la finestra di uscita sono sempre coincisi con il 31 agosto, il pensionamento per la scuola decorre per tutti dal primo settembre. Nella riforma Fornero l’avere posto questo termine per la conservazione di requisiti precedenti al 31 dicembre senza considerare la specificità della scuola secondo noi rappresenta una discriminazione e un’ingiustizia.



Per l’anno prossimo sono previsti 10.443 docenti in sovrannumero. I pensionamenti saranno sufficienti a riassorbirli?

I docenti vanno ripartiti su base territoriale e per materia di insegnamento. Matematicamente i numeri ci sono, in concreto però bisogna vedere il dettaglio di questi 21mila professori, distinguendo a quali regioni e classi di concorso appartengono e in quale grado di scuola sono inseriti. Questo dato al momento non lo conosciamo, bisognerà confrontarlo con l’organico del prossimo anno che complessivamente è confermato, anche se ci sono variazioni da regione a regione. Dove aumentano gli alunni cresceranno anche i posti per gli insegnanti, dove diminuiscono il numero dei posti sarà inferiore.

L’anno scorso si erano verificati problemi?

Nell’anno scolastico 2010-2011 il pensionamento è stato di 25.884 persone, quindi i docenti in uscita sono calati di 4.470 unità. Vanno quindi in pensione quasi 5mila persone in meno dell’anno scorso, quando comunque in alcune realtà del Paese si erano verificati problemi di esuberi non riassorbiti.

Come valuta il modo in cui il governo sta affrontando il problema?

Per ora esiste solo una previsione di riconversione del personale in esubero sui posti di sostegno, quindi per l’attività di insegnamento agli alunni disabili. All’interno dell’esperienza professionale dei docenti, non si sono mai prese in considerazione competenze ed esperienze conseguite sul campo o in ambito extrascolastico. Il ministero rileva soltanto i titoli di studio dei docenti, e sulla base di questa conoscenza decide se un professore in esubero ha un titolo di studio che gli può permettere di insegnare un’altra disciplina. Ritengo che si tratti di un limite nell’attuale valutazione dei docenti.

Il Consiglio di Stato di recente ha accolto il ricorso di un docente che era stato escluso dalle graduatorie per le supplenze perché aveva più di 65 anni di età. Condivide il principio sancito da questa sentenza?

L’allungamento delle aspettative di vita, il fatto che in pensione non si va più a 65 anni ma a 66, e presto si andrà anche a 67, devono essere coerenti con le possibilità di occupazione che sono fornite a un precario per quanto anziano. Non si vede quindi perché un 65enne non debba poter continuare a lavorare, dal momento che tutti continueremo a farlo di più rispetto al passato, anche perché questo significa incrementare la base pensionabile e avere una pensione più dignitosa. Una norma prevede del resto la possibilità di rimanere in servizio anche fino a 70 anni. La pronuncia del Consiglio di Stato va giustamente nella direzione di consentire anche al personale precario di aggiungere dei contributi.

Il concorso per 2.386 dirigenti scolastici tenutosi nel luglio 2011 ha creato degli esuberi, per cui saranno necessari dei pensionamenti coatti o pseudo-volontari. Come commenta la situazione che si è creata?

La situazione è variegata, perché ci sono realtà dove abbondano i posti vacanti e non si riesce più a coprire il ruolo da preside con le reggenze. Ci sono invece realtà dove a seguito del dimensionamento si è creato un sovrannumero. Ci risulta che da parte dell’amministrazione ci sia un’iniziativa per i pensionamenti forzosi, che sommati ai dirigenti scolastici pronti a ritirarsi dal lavoro di propria spontanea iniziativa libereranno 1.060 posti. Siamo in una situazione per cui chi vorrebbe smettere di lavorare non può farlo perché sono stati aumentati i requisiti di accesso, mentre chi voleva rimanere è costretto forzosamente a ritirarsi dal mondo del lavoro.

 

(Pietro Vernizzi)