Il ministro Profumo ha capito in questo ultimo mese quale grave questione ha ricevuto in eredità dal ministro che lo ha preceduto. Dovendo varare il complicato meccanismo del Tfa e usando il solo buon senso si è presto accorto di una contraddizione che stava per esplodere, la contraddizione che avrebbe riguardato tutti quegli insegnanti che lavorano già da alcuni anni e che si sarebbero dovuti sottoporre ai test preselettivi per accedere al Tfa. È la contraddizione che il ministro Profumo ha ereditato dal ministro Gelmini, per cui in questi anni tanti giovani hanno potuto insegnare e ora per avere l’abilitazione devono fare un mini concorso a test: niente di più assurdo.
Il ministro, usando il buon senso, ha fatto l’ormai nota dichiarazione a mezzo stampa, aprendo a chi ha 36 mesi di insegnamento la possibilità di evitare le forche caudine dei test preselettivi del prossimo mese di luglio. Un giusto riconoscimento ai giovani che da anni insegnano, ma ahimè!, il ministro ha commesso un grave errore di procedura perché ha inserito un nuovo criterio in un meccanismo che ormai aveva preso il via e come ben si sa quando succedono queste cose nell’Italia delle regole è il finimondo.
È per questo che il ministro, da quanto si può intuire, ha ricevuto forti pressioni ministeriali e ha dovuto fare un passettino indietro, ristabilendo le regole ma nello stesso tempo facendo chiaramente capire a chi lo vuole che per chi già insegna si deve procedere in modo diverso rispetto a chi non insegna ancora e vuole entrare nel mondo della scuola. Il ministro Profumo ha combinato un bel pasticcio, proprio un bel pasticcio, non rispettando le regole, contraddicendo quello che i suoi ligi funzionari gli avevano scritto. Ma meno male che l’ha fatto, perché quello che apparentemente è sembrato un errore di procedura in realtà ha introdotto il criterio giusto per sciogliere il nodo gordiano della formazione iniziale degli insegnanti.
Sostenere che chi ha insegnato in questi anni può entrare direttamente nel processo abilitante senza sottoporsi al test è riconoscere un diritto elementare, che chi già insegna possa abilitarsi! Bisogna dare atto al ministro di aver capito il dramma di tanti giovani che dopo aver insegnato in questi anni avrebbero dovuto affrontare al buio i test preselettivi. Il ministro ha colto l’ingiustizia del dispositivo che tra l’altro va contro le direttive europee e ha cercato di correggerlo, aprendo a chi già insegna già le porte del Tfa. Bisogna riconoscere al ministro Profumo di aver usato la ragione; questo però deve portare ad un ulteriore passo, quello di affrontare la questione di fondo dell’abilitazione e del reclutamento.
Il sistema varato dal ministro Gelmini ha un presupposto, quello che debbano coincidere, tant’è che se si è arrivati a spazi più ragionevoli per l’accesso alle abilitazioni è stato per il movimento di protesta del mondo giovanile universitario, altrimenti il ministro Gelmini avrebbe stabilito una perfetta corrispondenza tra il numero dei posti di lavoro e il numero dei posti per abilitarsi. Invece un sistema moderno e ragionevole deve distinguere tra abilitazione e reclutamento: una cosa è l’abilitazione, e deve essere un diritto per tutti, altra cosa il posto di lavoro, che deve essere attribuito con una apposita procedura di reclutamento.
È significativo intanto che il ministro Profumo, usando il buon senso, abbia capito che chi già insegna già deve potersi abilitare senza ulteriori prove selettive. Ma questo è solo il primo passo: andare avanti, ora, vuol dire scrivere – al più presto – un dispositivo sul reclutamento.