A leggere i giornali si direbbe che in tutta la scuola italiana sia dilagata la protesta capeggiata dai Cobas contro le prove Invalsi: quiz a crocette deprivati di ogni valore, inutili se non dannosi. A sentire il ministro Profumo la protesta non avrebbe coinvolto che lo 0,69% del campione – pressappoco gli stessi “alti” valori dell’anno scorso. Si ripete la stessa sceneggiata dell’anno scorso, da quando cioè le prove Invalsi, dopo avere percorso tranquillamente la scuola elementare e la scuola media, hanno osato mettere piede nelle scuole superiori. Un fenomeno assolutamente marginale viene gonfiato a dismisura dai media. E viene dato grande rilievo alla minaccia intimidatoria di denunciare alla magistratura i dirigenti che, coerentemente con il decreto semplificazione, sostituissero gli insegnanti che si rifiutano di somministrare le prove.
Il giornalismo italiano sulla scuola dà il meglio di sé. Informazioni scarse ed inesistenti sulle cose serie: Pisa ci ha messo quasi un decennio ad andare sulle pagine dei nostri giornali, mentre in Europa infuriavano le polemiche in proposito. Scandalismo invece a bizzeffe, sempre con una strizzatina d’occhio ai “trasgressori”. Un fenomeno di psicologia sociale: forse i giornalisti spregiano la grigia piccola borghesia degli insegnanti e la loro aspirazione ad appartenere a ceti intellettuali superiori si sostanzia anche nel penchant verso la trasgressività, che notoriamente nell’ultimo secolo li ha caratterizzati. In più c’è da tenere in conto il peso condizionante della scuola romana (lo ha detto il ministero stesso che è in questa città che si sono concentrate le opposizioni).
Sarebbe molto interessante venire alfine a sapere quest’anno dove si annidano i focolai della gloriosa rivolta, cioè in quali territori sono dislocate le scuole che non somministrano i test. Non solo per mettere in relazione le percentuali di opposizione di certi territori con i bassi livelli di apprendimento rilevati nelle scuole dello stesso territorio che non si fossero sottratte alla prova. Ma anche per dare un’informazione importante ai cittadini e ai genitori, informazione della quale poi ciascuno potrà fare ciò che desidera.
Pare non siano mancati in alcune scuole genitori che hanno sostenuto se non innescato le opposizioni, ma potrebbe esserci anche chi considererà gli scioperanti come mossi solo dal desiderio di continuare a tenersi fuori controllo. E qui, nonostante i tentativi di “buttarla in politica”, non si tratta di censure ideologiche. Ma del banale fatto che i nostri laureandi non sanno scrivere tesi corrette e che ormai è di dominio pubblico che le prove dei concorsi pubblici non hanno più bisogno di sofisticate griglie di correzione. Basta controllare l’ortografia, la grammatica, l’uso delle preposizioni e della consecutio temporum. Per non parlare delle matematiche…
Nel dare i numeri veri e nell’offrire un forte assist al Servizio Nazionale di Valutazione, il ministro Profumo ha del resto ottemperato ad un suo must prioritario. Fra le ragioni fondative del governo cui appartiene non vi sono infatti tutti i variegatissimi e fantasiosi, oltreché ragionevolmente irrisolvibili (il reclutamento!), temi su cui ha dovuto in questi mesi esercitarsi. La famosa 13esima domanda dell’Europa chiedeva solo ragione della accountability delle scuole italiane e delle modalità con cui migliorarne il livello. E non è un caso che i presidenti ovvero commissari straordinari dell’Invalsi vengano ultimamente dalla Banca d’Italia: saremmo stati freschi se avessimo dovuto affidarci all’accademia pedo-didattica.
Ciò nonostante, stiamo assistendo a tentativi di tirarlo per la giacchetta dalla parte più datata e conservatrice della sinistra, che è uscita infine allo scoperto. Appelli prontamente ripresi – nonostante la limitata numerosità dei firmatari – nientepopodimeno che dai senatori della repubblica, lettere aperte strappalacrime su tutti i più vari siti che invocano in ogni modo il ritorno al “campionario”, pena il degrado irreversibile della scuola italiana. Il campionario da solo – cioè la soluzione di sottoporre alle prove solo un numero limitato di scuole, già tentata da Fioroni – è notoriamente la foglia di fico che si appone chi vuole impedire che si conosca il livello di tutte le scuole con il censuario, senza peraltro avere il coraggio di negare l’importanza scientifica delle valutazioni standardizzate esterne. Speriamo che gli studenti non rispondano alle sirene del masochismo, che gli insegnanti capiscano che ne va della loro immagine agli occhi di una opinione pubblica già molto scettica e che i dirigenti sappiano dimostrare di esserlo. Speriamo inoltre che il ministero esca dalle sue ambiguità, sciogliendosi dall’abbraccio mortale con l’ambiguità dei sindacati. In ogni modo la stragrande maggioranza delle scuole del Paese ha dimostrato di non avere paura di specchiarsi ed ha il diritto che si sceveri il grano dal loglio.