Il governo sta valutando l’ipotesi di introdurre un “pacchetto merito” con premi per gli studenti migliori di ogni scuola. Il disegno di legge, cui stanno lavorando gli esperti del ministero dell’Istruzione, potrebbe andare la prossima settimana in Consiglio dei ministri. I ragazzi premiati potranno scegliere tra un contributo in denaro e altri riconoscimenti come un corso estivo gratuito. Lo stesso criterio sarà applicato anche negli atenei, garantendo un accesso agevolato al lavoro per i giovani più preparati. La norma è ancora ai primi passi e non è chiaro quali saranno i dettagli che la comporranno, ma l’obiettivo è quello di stimolare la competizione a scuola. Nel decreto saranno anche inseriti dei provvedimenti per frenare la fuga dei cervelli. Ilsussidiario.net ha intervistato Marcello D’Orta, insegnante e scrittore, per chiedergli di commentare la proposta.
Maestro D’Orta, secondo lei quali sono i pro e i contro del “pacchetto merito” cui sta lavorando il governo?
Io sinceramente vedo solo dei contro. Quella degli incentivi in denaro agli studenti non è una storia nuova, alcuni anni fa è stata già introdotta in Francia, negli Usa e nei Paesi Bassi. Quando noi andavamo a scuola i nostri genitori ci insegnavano però che il premio per il nostro studio era lo studio stesso. Il fatto cioè di riconoscere che dopo un anno di lavoro, di studi, di applicazioni e di rinunce, si erano raggiunti quegli obiettivi che sia la scuola sia la famiglia desideravano che noi raggiungessimo. Ognuno di noi si sentiva gratificato per il fatto di portare un buon voto a casa, e un giudizio positivo nella pagella era un arricchimento anche morale e spirituale. Mentre guardavamo con un occhio non benevolo i genitori che promettevano la bicicletta o il motorino al figlio che si diplomava. Con questi metodi, pur raggiungendo l’obiettivo del voto alto, la finalità non era lo studio bensì il regalo.
Intende dire quindi che il “pacchetto merito” si basa su un metodo diseducativo?
La scuola è un istituto che deve formare l’individuo, e non soltanto informare, e si educa un ragazzo anche facendogli capire qual è il senso della responsabilità e il valore dello studio di per sé. La scuola deve immettere nella società delle persone in grado di sapersi comportare in modo civile, rapportarsi agli altri, saper raggiungere determinati obiettivi, ma con la forza della volontà e non per ottenere un premio. Diversa è la borsa di studio che si assegna a quei ragazzi che avendo dei grossi problemi economici, non riescono a proseguire gli studi. In questo caso si tratta di un contributo positivo, perché è un mezzo per arrivare al vero scopo che è lo studio stesso. Ma se l’impegno a scuola diventa un mezzo per lo scopo che è il premio, questo non può responsabilizzare davvero gli studenti.
L’introduzione di un premio non potrebbe cambiare qualcosa in positivo, in una realtà più complessa come quella del Sud?
Il Meridione è una realtà economicamente più depressa, e quindi è ovvio che un incentivo in denaro può spingere i ragazzi a studiare di più di quelli del Nord. Uno studente che proviene da una famiglia con grossi problemi economici, può impegnarsi maggiormente in vista di un incentivo. Si tratta però di una situazione dettata dalla necessità, cioè per aggiustare la propria situazione economica, e a un ragazzo del Sud può consentire di fare delle cose molto più importanti. Un altro discorso è invece il giovane che parte già da una situazione di vantaggio familiare, e con i soldi del “pacchetto merito” intende comprarsi qualcosa che è in più, come un iPad.
Le conseguenze sarebbero quindi diverse al Nord e al Sud?
Un incentivo in denaro sarebbe un “peccato veniale” nel Sud povero, rispetto al Nord e alle situazioni di maggior benessere. Anche a Napoli c’è il liceo Umberto di piazza dei Martiri, dal quale sono usciti presidenti della Repubblica e personalità autorevoli, e che si trova in una zona molto ricca della città. Tutti i ragazzi che si recano là hanno alle spalle dei genitori benestanti. Ipotizzare che anche in queste realtà possa essere applicato un premio in denaro per i migliori, rischia soltanto di fare sì che le somme siano poi utilizzate dagli studenti per comprarsi degli stupefacenti. Un altro conto è invece un ragazzo di una zona depressa della Calabria, che con la stessa cifra può aiutare la famiglia ad andare avanti.
(Pietro Vernizzi)