Caro direttore, ho deciso di scriverLe in seguito alla recente pubblicazione della nota Miur dal titolo Tfa ordinario e Tfa speciale, con la quale il ministero è riuscito nell’incredibile impresa di annunciare e smentire, nel giro di venti giorni, un percorso riservato di abilitazione per i docenti privi di titolo, ma con tre anni di esperienza. Come se in gioco non ci fossero vita e lavoro di più di centomila persone, secondo i calcoli, ahimè, proprio dell’istituzione di Viale Trastevere.



Ma andiamo con ordine: lo scorso 6 maggio, ad iscrizioni per le selezioni al Tfa appena aperte (è bene ricordare che un percorso per abilitarsi all’insegnamento è assente, in Italia, da più di quattro anni) il ministro dell’Istruzione Francesco Profumo dichiarava trionfante al Corriere della Sera che non avrebbero dovuto sostenere prove preselettive per l’abilitazione coloro che avessero almeno tre anni di insegnamento, e che sarebbero stati ammessi in aula alla fine dell’anno, insieme ai colleghi del percorso ordinario. 



Aggiungeva, inoltre, che solo «con regole certe» la scuola può migliorare, «perché sono le regole ciò che le persone ci chiedono, per superare lo stop and go di questi anni che ha prodotto fasce di precariato».

Affermazioni impegnative. E assolutamente ragionevoli! Tanto che due giorni dopo, lo scorso 8 maggio, ecco comparire una nota ufficiale che ribadiva quanto affermato e programmava i prossimi passi da compiere: un «diverso percorso abilitante previsto per i docenti con 36 mesi di servizio, laureati ma senza il possesso della prescritta abilitazione, […] con una procedura costituita da un percorso formativo e da un esame finale da sostenere; [il tutto ideato per] cerca[re] di regolarizzare la situazione di migliaia di persone che hanno permesso negli ultimi anni alle scuole statali e paritarie di funzionare, nonostante l’assenza di abilitati».



Che l’Italia fosse diventata di colpo il Paese della ragionevolezza e dei giovani? È stato questo il pensiero stupito che è balenato nella mente mia e di migliaia di persone nella mia condizione, che in questi anni si sono spese per il funzionamento della scuola pur in mancanza di prospettive certe.

E dopo? Silenzio. Fino ad oggi, quando è improvvisamente apparso sul sito del Miur un comunicato a dir poco sconcertante: tutto rimandato alla «programmazione 2012/2013» (cioè fra due mesi, al prossimo settembre? O al 2013/2014? Ennesima ambiguità. Ma quante incertezze…). E senza spiegazioni, se non la generalissima affermazione che «l’iter di approvazione [del regolamento], già avviato, non potrà concludersi in tempi brevi per la necessaria e prescritta acquisizione di tutti i pareri degli Organi Consultivi previsti».

Mi domando: ma il ministero ha scoperto in questi giorni come funzionano le procedure amministrative? E inoltre: cosa è accaduto tra il 6 maggio (data in cui il ministro ha urgentemente avvisato il Paese dell’imminente partenza del percorso riservato) ed oggi, che ha portato a rimandare il tutto? Come si può trattare in modo così vergognoso e pressapochista la dignità di migliaia di giovani insegnanti che ogni giorno entrano in classe con passione ed impegno?

È auspicabile, ed urgente, che il ministro Profumo, con la stessa solerzia con la quale ha annunciato al Paese percorsi inesistenti, provi a rispondere alle domande e alle aspettative, da lui suscitate e insieme deluse, di migliaia di giovani che, dopo anni di studi, stanno compiendo i primi passi nel mondo del lavoro. Pieni di speranze. E di ingiusti ostacoli.

 

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