Il ministro Profumo a proposito delle procedure del Tfa (Tirocinio formativo attivo) aperte proprio in questi giorni per quanto riguarda l’iscrizione al primo test nazionale di selezione, previsto tra il 6 e il 31 luglio, ha dichiarato al Corriere della Sera che gli insegnanti non abilitati che abbiano svolto 360 giorni di servizio “non dovranno sostenere alcuna prova preselettiva, non ci saranno selezioni di ingresso per loro, perché sono persone che nella realtà il tirocinio l’hanno già fatto. Finito il corso, come tutti gli altri tirocinanti, dovranno superare la prova finale. E con questo sistemiamo una delicata questione che si è creata dopo la chiusura delle vecchie scuole di specializzazione”.



Si tratta di un’affermazione impegnativa, sulla quale vorremmo spendere alcune parole per risalire dal dato tecnico (a quanto è dato di conoscere) alle ragioni culturali e politiche proprie di passaggi di questo genere.

La situazione dei docenti non abilitati in servizio da diversi anni nelle scuole statali e paritarie poteva essere già stata sanata in precedenza. Considerato il tempo tecnico necessario dal punto di vista legislativo, non riteniamo possibile modificare ora, nel poco tempo disponibile di qui al 4 giugno (termine per le iscrizioni alle prove di selezione), il Regolamento sulla formazione iniziale (DM n. 249/2010), che disciplina il Tfa transitorio e che campeggia tra i documenti di riferimento di chi si iscrive alle prove di selezione tramite la piattaforma informatica predisposta appositamente dal Cineca. All’articolo 15 del suddetto DM si legge (comma 17) che “coloro che hanno superato l’esame di ammissione alle scuole di specializzazione per l’insegnamento secondario, che si sono iscritti e hanno in seguito sospeso la frequenza delle stesse conseguono l’abilitazione per le classi di concorso per le quali era stata effettuata l’iscrizione attraverso il compimento del tirocinio formativo attivo di cui all’articolo 10 senza dover sostenere l’esame di ammissione e con il riconoscimento degli eventuali crediti acquisiti”. 



Si tratta appunto di coloro che avevano già superato le prove per accedere alle vecchie Ssis. Basta, non c’è altro canale preferenziale di accesso: forse poteva essere previsto per coloro che hanno accumulato diversi anni di servizio, ma sulla base della normativa esistente scorciatoie non se ne vedono, tanto più che il servizio prestato è comunque riconosciuto come uno dei titoli valutabili ai fini della formazione della graduatoria complessiva per l’accesso al Tfa (art. 15, comma 13 del DM n. 249/2010). Introdurre modifiche in tal senso, con un canale preferenziale a favore di chi può vantare un certo numero di anni di servizio, significherebbe oggi innescare un’inutile turbativa rispetto a coloro che stanno preparando le prove, che si sono già iscritti, che potrebbero maturare inutili aspettative.  



Tra l’altro, proprio la valutazione del servizio prestato “nelle istituzioni del sistema nazionale dell’istruzione” è uno dei punti qualificanti del suddetto Regolamento, così come la possibilità di svolgere il tirocinio (previa convenzione con l’università) nelle scuole in cui si presta servizio senza interromperlo. 

Veniamo brevemente alle ragioni politiche e culturali che hanno presieduto, a nostro giudizio, questa comunicazione che giunge forse in ritardo e forse è una fuga in avanti, a seconda di come la si interpreti. Il ministro è ossessionato (a ragione, e non solo lui) dalle lentezze e dalle logiche che regolano la burocrazia ministeriale. Per uscirne però si fida di un decisionismo che non sempre tiene conto della realtà. Nel caso specifico, per esempio, bisogna procedere ad attuare nel modo migliore (e anche sereno per chi lo deve compiere) il percorso abilitante e poi procedere a nuovi concorsi per l’ingresso in ruolo degli abilitati (magari a partire dalle classi di concorso le cui graduatorie sono esaurite) e infine alla stesura di un nuovo sistema generale di reclutamento che tenga conto delle esigenze di soggetti sociali (alcune associazioni professionali degli insegnanti) e istituzionali (come la Regione Lombardia) che spingono per l’attuazione di una vera autonomia finanziaria e giuridica delle scuole. 

È vero, ci sono i precari storici che premono e le graduatorie degli abilitati che aspettano di essere svuotate. Tuttavia adesso l’obiettivo deve essere quello di abilitare chi da anni attende di farlo, nelle condizioni che sono date: perfettibili, ma non emendabili in corsa. In una fase immediatamente successiva dovrà essere riscritto il sistema di reclutamento, in forme rinnovate che tengano conto della logica implicita nel Regolamento sulla formazione iniziale, delle nuove modalità di laurea specialistica (al temine della quale, non dimentichiamolo, il Tfa diventerà parte integrante del percorso di qualificazione del docente) ed anche, infine, di nuove possibilità di incarico per chi proviene dal mondo delle imprese e che, per esempio negli istituti professionali, intende mettersi al servizio della scuola e delle esigenze formative di giovani propensi a lanciarsi presto nell’avventura del lavoro. C’è un tempo per ogni cosa: come sempre la fretta è cattiva consigliera.

 

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