Il mio primo esame di Stato l’ho fatto, da commissario, nella scuola in cui sono poi tornato a fare il dirigente scolastico, nel 1974. Insegnavo fisica in un Itis e mi chiamarono perché si stavano per esaminare i primi diplomandi in Informatica: specializzazione nuova, materie strane per le quali si faticava a trovare sia i docenti sia i commissari.



L’esame era quello riformato nel 1969 da Misasi con l’orale su due materie: quella scelta dal candidato e quella scelta dalla commissione (su suggerimento del membro interno, a sua volta d’accordo con il candidato, tanto è vero che se l’accordo non funzionava, lo studente diceva “mi hanno cambiato la materia”).



Sto per fare da presidente il mio ultimo esame di Stato e andrò in un liceo scientifico, il tipo di scuola dove da docente ho insegnato tanti anni. Alcune delle cose che seguono le ho scritte in maniera specifica per questo giornale e le trovate in archivio (III prova, prova di matematica, tipologia B della prima prova).

Visto dall’osservatorio di un presidente l’esame di Stato ha delle sue peculiarità.

La commissione – Si incontrano tre esterni e tre interni e si ha poco tempo per fare gruppo. Fare gruppo è indispensabile e qualche problema di natura relazionale lo si incontra sempre. Il ruolo del presidente è fondamentale; le persone sono diverse per carattere e per professionalità; bisogna assegnare incarichi e dare regole in modo che tutti si sentano a loro agio e possano esprimersi al meglio.



C’è una difficoltà legata alla scelta del vice e dei segretari. Non ci si conosce; nessuno ama il ruolo di segretario, formalmente scomodo e mal pagato. In effetti il vice riceve una indennità aggiuntiva per non far nulla (se il presidente fa il suo lavoro) mentre il segretario fa gratis il lavoro in più. Solitamente risolvo la questione incaricando il vice degli aspetti di sostanza della verbalizzazione (insieme a me) e lascio al segretario l’incarico di tenere in ordine la documentazione e gli atti.

I criteri e le griglieI criteri sono la sostanza, le griglie sono la forma e dunque c’è un prima e un poi (le griglie devono essere coerenti con i criteri).

Capita a volte di incontrare commissioni che sottovalutano la questione dei criteri e confondono i criteri con le norme che fanno loro da presupposto.

I criteri riguardano le modalità di svolgimento delle diverse fasi e le modalità di valutazione. Poiché, come è noto, per via della autoreferenzialità, nella scuola tutti nascono imparati, mi è capitato di dover insistere per far entrare nei criteri principi come quello secondo cui nel valutare una prova negativa si deve procedere per ricerca di positività e non per contestazione di manchevolezze. Si tratta di un principio elementare che consente, nella II e nella III prova, di ridurre al minimo la assegnazione di punteggi inferiori ai 6/15, eppure mi è capitato di dover insistere ed essere guardato con sufficienza, addirittura dai membri interni.

Le griglie devono essere sufficientemente chiare nella precisazione degli indicatori che si usano per la valutazione e nella loro taratura. Non è invece indispensabile aggiungere agli indicatori (che saranno caratterizzati da un range numerico da … a …) anche dei descrittori. In questo campo nulla è più semplice e flessibile dei numeri e semmai la difficoltà è quella di far capire, a persone poco avvezze con i numeri, che se il range va da 1 a 3, è bene usare almeno la prima cifra decimale in modo che tra 2 e 3 ci siano ben dieci possibilità intermedie. Alla fine si fa la somma e il risultato va arrotondato all’intero.

Se invece si usano griglie con molti indicatori (fasce strette) e non si lavora con i decimali si corre il rischio di essere ingiusti e, alla fine, si finisce per fare ciò che non andrebbe fatto: si spara il risultato finale e poi si fanno tornare i conti nella griglia.

Un caso a sé riguarda i criteri per la II prova. È bene prevedere, dove lo studente ha facoltà di scelta tra più testi, un eventuale aggiustamento di griglia alla luce delle caratteristiche del testo. L’aggiustamento va verbalizzato prima dell’inizio della correzione (cioè prima di aprire il pacco).

La terza prova − Se, come nella maggioranza dei casi, si sceglie la tipologia B, è bene ricordare che le domande devono essere esplicitate ed è altrettanto importante che lo spazio della risposta venga deciso dal commissario proponente dopo che lui ha scritto un modello di risposta ritenuto esaustivo. Di solito, chi fa seriamente questo lavoro, riscrive la domanda, dopo aver scritto la risposta.

Come valutare, al di là del fatto che la valutazione è obbligatoriamente collegiale? È del tutto evidente che se ci sono 5 materie andrà fatta una revisione tecnica della parte monodisciplinare ed è in questa fase che i commissari devono annotare eventuali parti particolarmente positive da far pesare quando, dopo aver fatto la media, si passerà alla valutazione collegiale.

Il colloquio − È bene predisporre, in fronte e retro, un modulo in cui su un lato si verbalizza il colloquio (non le sole domande) e sull’altro si valuta in base agli indicatori predisposti. Non è detto che le due aree disciplinari debbano avere uno stesso peso, mentre è fondamentale che la compilazione della proposta di punteggio venga fatta in forma semicollegiale dalla sottocommissione che dovrà prendere decisioni nel caso in cui siano emerse difformità pesanti nelle discipline di una stessa area (se ne tenga conto quando si predispongono gli indicatori in modo che dalla lettura della griglia emerga che un colloquio uniformemente grigio è stato diverso da uno con parti bianche parti nere.

Quanti punti dei 30 dare alla fase di apertura? Io direi tra 7 e 10, a condizione che sia chiaro che ciò che si valuta principalmente sono: il lavoro di documentazione e ricerca, il materiale tecnico predisposto e la capacità espositiva in una condizione in cui lo studente dovrebbe essere libero dall’ansia del “cosa mi chiedono”.

Durante il colloquio lo studente deve stare bene, non si deve sentire né giudicato né oppresso e qui è compito dell’intera commissione saper cambiare argomento (se è il caso) in maniera soft e richiamare lo studente al dunque. Ricordarsi che nel colloquio si ascolta e interagisce e non si interroga.

Il bonus di max 5 punti − Per effetto di una svista di Fioroni è banale raggiungere la condizione necessaria sul credito (15 su 25) mentre è duro raggiungere quella sull’esito delle prove (70 su 75).

Ne tenga conto la commissione quando assegna i punteggi sullo scritto, ricordando che il colloquio è pubblico e anche se si tratta della fase più soggetta ad arbitrarietà non si possono in essa far tornare i conti (mi riferisco sia alla condizione per il bonus, sia al raggiungimento del minimo di 60/100). Detto ciò è bene che i criteri ci siano, che siano discussi nella riunione preliminare e non in corso d’opera, che siano molteplici con indicazione della eventuale cumulabilità (e che vengano rispettati!).

Per finire − Nella nostra società si abbassa la soglia legale della maggiore età e si rinvia quella sostanziale. Così l’esame di maturità, a furia di eliminare le barriere intermedie, è diventato il primo vero esame in questa società che, in nome della comprensione e della felicità, punta a rinviare nel tempo le prove e gli ostacoli. 

Ricordiamocene e facciamo in modo che chi lo affronta ne esca con un buon ricordo: ho incontrato degli adulti che è valsa la pena incontrare.