Risparmiare tagliando i fondi alle scuole non statali. La scure della “spending review”, la revisione della spesa pubblica, si potrebbe abbattere anche sulle scuole paritarie, già provate da tagli apportati in precedenza. Non molti sanno, però, che il sistema d’istruzione paritario comprende circa il 12% degli studenti italiani ma alle casse del Governo costa solo l’1% del totale speso per l’intero sistema degli istituti scolastici: se le scuole private chiudessero i battenti, lo Stato sarebbe costretto a sborsare 6 miliardi a fronte dei 500 milioni con cui oggi finanzia la scuola paritaria. Le cifre, fornite dall’Agesc, Associazione genitori scuole cattoliche italiane, parlano chiaro e mostrano un’arma a doppio taglio per le casse dello Stato. Oggi, infatti, la spesa per uno studente si aggira intorno ai 500 euro, mentre se lo smantellamento del sistema scolastico paritario si dovessero concretizzare, la cifra aumenterebbe esponenzialmente. È stato calcolato, infatti, che ogni alunno “costerebbe” fra i 6 e gli 8mila euro. “Molte realtà centenarie – dice Roberto Gontero, presidente di Agesc – rischiano di scomparire per sempre. Mi riferisco a scuole che da secoli portano avanti programmi formativi di altissimo livello. Teniamo presente che in alcuni territori la domanda è sostenuta solo dai nostri istituti poiché l’offerta statale è pressoché nulla, soprattutto per ciò che riguarda le scuole materne. Ciò che inspiegabilmente non viene compreso è che siamo davanti ad un sistema di sussidiarietà al contrario, perché il no profit sta sostenendo e facendo risparmiare lo Stato”.
Quali conseguenze avrebbero per il sistema di istruzione paritario tagli come quelli previsti?
Le scuole paritarie già soffrono da anni di un’esiguità di risorse pubbliche che ci rende unici in Europa: nonostante ci sia una legge, la 62/2000 che sancisce che questi istituti sono pubblici, di fatto però, lo Stato non contribuisce se non in minima parte, 500 milioni di euro all’anno, per i costi dei 12 milioni di studenti che le frequentano. Se la spending review dovesse essere applicata, considerando che queste scuole anticipano ogni anno costi dei docenti e ristrutturazioni degli edifici e sono già in difficoltà, sarebbe la fine.
Ma perché sostenere le scuole paritarie?
Nel momento in cui il sistema fosse totalmente statale, verrebbe a mancare la possibilità di scelta per milioni di genitori. Oggi, pagando due volte – con tasse e retta -, si può scegliere per i propri figli una scuola di qualità. Se venisse a mancare questa possibilità, l’unica alternativa sarebbe la scuola statale. Tengo a sottolineare che dal punto di vista della sicurezza le nostre scuole sono tutte a norma da anni, pur essendo un sistema amministrato con una gestione “no profit”. Non so se è possibile dire la stessa cosa per quelle statali.
Cosa comporterebbe allo Stato l’eliminazione del sistema paritario?
Se il milione di studenti della scuola paritaria si riversasse in quella statale i costi si moltiplicherebbero esponenzialmente. Il nostro comparto fa risparmiare 6 miliardi di euro all’anno al Governo, alleggerendo i costi della pubblica istruzione, rispetto ai 500 milioni che ci vengono erogati. Fra l’altro, non sappiamo nemmeno se questa cifra sarà reale.
Perché?
L’ultimo decreto Tremonti aveva sancito che nell’anno scolastico 2012/2013 il sistema paritario sarebbe stato decurtato di circa 250 milioni di euro su un budget di 500. Abbiamo già chiesto alle forze politiche che vengano ripristinati questi fondi, diversamente un numero enorme di scuole sarebbero “rase al suolo”. Infatti in questi giorni l’Agenzia delle Entrate sta inviando una serie di cartelle esattoriali Imu alle scuole paritarie. Eppure il primo ministro Monti non più tardi di due mesi fa aveva garantito che non avrebbero dovuto pagare l’imposta. Siamo davanti ad una grave situazione di incertezza e molti genitori si trovano nella condizione di non sapere se il figlio porterà a termine il ciclo scolastico nella stessa scuola dove l’ha iniziato.
Come associazione che cosa chiedete?
Chiediamo che chi paga una retta scolastica abbia la possibilità di detrarla come credito di imposta come viene fatto, ad esempio, per le spese per la palestra o per il veterinario. In Italia patiamo quella discriminazione per cui se spendo per poter mandare mio figlio in una scuola non statale, non è possibile detrarre nulla, mentre se come hobby ho il body building mi è data la possibilità di scaricare.
C’è una sorta di “pregiudizio” verso le scuole non statali?
Abbiamo a che fare con un retaggio culturale per cui chi non usufruisce della scuola statale è additato come un ricco o desidera accedere ad un “diplomificio”. Poi scopriamo che nelle classifiche le nostre scuole sono le più efficienti ed esigenti dal punto di vista scolastico.
(Federica Ghizzardi)