Mancano pochi giorni all’esame di Stato conclusivo, alla “maturità” insomma.  Come ogni anno è l’ora dei consigli ai “maturandi” su come prepararsi e come affrontare le prove con serenità ed efficacia. Qui cercherò di dare  qualche indicazione pratica, spero utile, in vista del secondo scritto del liceo classico, senza dubbio quello più impegnativo e il più ricco di incognite: la traduzione dal greco.



Prima dei suggerimenti occorre a mio avviso  una precisazione: non si deve caricare la prova di eccessivo valore simbolico. Il “valore” non è quella traduzione, sottoposta alla volubilità della sorte,  ma i cinque anni in cui si è avuta la possibilità di accostarsi ad una materia così bella, ricca e affascinante (almeno per me che la insegno). Ma  ecco alcune indicazioni.



È inutile illudersi: la seconda prova c’è, è la più impegnativa e la più “rischiosa”. Non cade come una meteora inaspettata. Se è vero che la traduzione non è il fine dell’apprendimento delle discipline classiche, finora è ritenuto per il liceo classico un indicatore della preparazione “di indirizzo”, come la matematica per lo scientifico, per intenderci. Chi ha avuto sempre problemi con gli scritti, o meglio, con le traduzioni, non speri in strane illuminazioni. Occorre disporsi con sano realismo a una prova, discutibile quanto si vuole ma che finora c’è. Come ogni seria difficoltà bisogna affrontarla a testa alta, attivamente. Il panico può bloccare anche le persone più preparate! Quindi: coraggio e fate vedere chi siete. È ora di dimostrare nei fatti che non siete i “bamboccioni” di cui ogni tanto si parla. Il rischio paga e… la fortuna aiuta gli audaci (io lo spero sempre quando intraprendo una impresa sulla carta al di sopra delle mie possibilità).



Per entrare nello specifico della prova di greco: quello che dovete tradurre è un “testo”, quindi un messaggio “sensato”. Se non si arriva a comprendere il senso globale dell’autore, si è totalmente fuori strada. Se lo si sostituisce con un senso alternativo, …può essere anche peggio.  Occorre quindi non partire subito col dizionario sperando di trovare il maggior numero di “frasi fatte” (purtroppo esiste la legge di Murphy!), ma leggere il titolo, tutto il testo e tenere presente subito gli indicatori che possono appunto segnalare la direzione (il senso) del testo: titolo, appunto, autore, “parole chiave” (cioè parole ripetute o che caratterizzano un certo contenuto, come lessico militare, filosofico, giuridico, ecc.). Non è vero che non si capisce niente di un testo di greco; ma per affrontare la prova con “professionalità” è indispensabile la calma e un “algoritmo”, cioè un procedimento rigoroso.

Tipico errore di impostazione è, per esempio, non tenere conto del tempo: ci si illude che la prova sia infinita, che ci si può soffermare quanto si vuole su un passo difficile. Non è così. Non  commettete l’ingenuità di incagliarvi in un punto e bloccarvi troppo tempo. È meglio proseguire e cercare dal “co-testo”, cioè dalle altre parti del testo, informazioni per risolvere il punto complesso. A questo scopo è utilissimo individuare “strutture parallele” del testo, stando molto attenti alla lettura del docente o alla propria. Chiunque abbia avuto a che fare con le lingue classiche, sa che i testi hanno una struttura formale molto costruita. Spessissimo i periodi sono formulati per “cola” (cioè strutture) ripetuti. Se ho in inizio periodo genitivo-nominativo-participio-indicativo, è probabile che la medesima struttura venga ripetuta, magari elidendo un elemento ovvio (nell’esempio il predicato all’indicativo).

Prima di tradurre occorre poi avere chiara la struttura morfosintattica, non per riproporla nella traduzione (normalmente l’ordine delle proposizioni scelto dall’autore è il più efficace), ma per non perdersi nel testo. Può capitare che ad un nominativo in prima riga del testo si leghi un accusativo in terza riga, con altre parti in quinta riga e finalmente il predicato in sesta riga! Non si tratta di maledire l’autore che certo non pensava all’esame di Stato di duemilacinquecento anni dopo quando stava scrivendo! Bisogna accettare la caratteristica letteraria, elaborata dei testi pervenuti.

È ovvio che per potere realizzare quanto detto è indispensabile avere una solida conoscenza della morfologia e della sintassi elementare. Non riconoscere un aoristo passivo, non trovare un verbo in  “mi”, non individuare la funzione di una congiunzione è un deficit linguistico che si paga. Attenti soprattutto ai tempi verbali. C’è sempre un correttore scrupoloso che è sensibile all’“aspetto” verbale − oltre che alla successione dei fatti − e non tollera errori nei tempi.

Una questione che tormenta tutti gli studenti è: traduzione “letterale o libera”? Non mi sottraggo ad un  consiglio in merito. A volte la questione nasconde una verità: si invoca la traduzione libera perché non si è riconosciuta la struttura morfosintattica. Quindi la mia indicazione è: il più possibile mantenete la struttura morfosintattica, ma traducete in italiano! Normalmente la commissione esaminatrice è composta commissario della materia (quest’anno membro interno) e commissari esterni, tutti dotati di una traduzione autorevole di riferimento. Se il titolare della materia è più attento ai dati “tecnici” (costrutti morfosintattici), gli altri puntano soprattutto sulla resa in un buon italiano e sulla comprensione del testo.

Quindi occorre che la traduzione sia leggibile, scorra in buon italiano. Tutta la ricchezza di senso va “trasferita”. Operativamente: dopo avere approntato una traduzione “provvisoria”, controllate che sia sensata in italiano. Se qualcosa non si capisce è sicuramente sbagliato. 

Sottolineate i passi poco chiari e riesaminate tutto. Controllate dal greco di avere tradotto tutto il testo. Talvolta capita di non trascrivere tutto quello che si è tradotto. Utile poi un controllo selettivo (per esempio un controllo di tutti i tempi, di tutti i nominativi, ecc.). Da ultimo, se proprio avanza tempo è bello rifinire con un controllo stilistico della resa italiana: capita che accanto a rese lessicali ricercate si trovino espressioni infelici del tipo «dopo che fece quella cosa» oppure «avendo parlato parola», o simili.

Per l’esame non aggiungerei altro, ma visto che s’è ancora qualche tempo prima della prova mi permetto di dare due suggerimenti per consolidare la preparazione.

Primo: anche il ripasso della storia della letteratura può aiutare a svolgere con più semplicità la traduzione. Se un autore non è come Plutarco, che ha scritto di tutto, sapere che si tratta di uno storico piuttosto che un filosofo o un retore può essere utile. Soprattutto vale la pena di individuare momenti forti della storia culturale greca. La tendenza del ministero mi sembra infatti quella di far riflettere su tematiche forti (da ultimo il processo a Socrate), attraverso testi secondari.

Secondo: ripassate benissimo i testi di “autori”, per consolidare la competenza linguistica e letteraria. È utile non solo tradurre testi nuovi, ma potenziare la competenza attraverso tutti gli strumenti messi a disposizione dalla disciplina. Non mi resta che augurare: in bocca al lupo a tutti voi.