Estate tempo di vacanze ma anche di decisioni importanti sul proprio futuro. Sono proprio queste, infatti, le settimane “clou” per scegliere il corso di laurea più adatto: un aiuto è offerto dalle molte classifiche degli atenei italiani, compilate da istituti di ricerca diversi e frequentemente pubblicate sui giornali. I criteri a cui si appellano queste graduatorie sono così differenti gli uni dagli altri che, ovviamente, anche i risultati non possono che essere diversi. Per la guida agli atenei del Belpaese stilata da Repubblica, la migliore università risulta essere Bologna, seguita da Padova e Firenze. Lo stabilisce il Censis che incrociando una serie di indicatori che vanno dalla regolarità nei tempi di laurea sino alle borse di studio, passando per la didattica, ha incoronato la “Dotta” come ateneo in vetta alla classifica. Per il ranking annuale del Sole 24 Ore però non ci sono dubbi: ai vertici nelle classifiche delle università statali ci sono i Politecnici di Milano e Torino. Modena e Reggio guidano, invece, la graduatoria del poli “generalisti” mentre la palma fra le università non statali va alla Bocconi, seguita sul podio da San Raffaele e Luiss. Evidentemente parametri differenti che non aiutano chi deve scegliere sul proprio futuro. “In gran parte di queste classifiche si parla di università e a volte di facoltà – dice Andrea Cammelli, direttore del Consorzio Interuniversitario AlmaLaurea -. In realtà, la valutazione degli atenei non è altro che la sintesi di una moltitudine di percorsi diversi. In alcune università esistono sino a 27 facoltà, mentre in altre ce n’è solo una, ad esempio il Politecnico, ed è evidente che mettere a confronto situazioni così differenti rischia di creare equivoci”.
In alcune graduatorie si fa riferimento alle facoltà, che per la riforma Gelmini scompariranno presto.
E’ certamente un motivo di difficoltà in più per chi legge, anche se siamo ancora nella fase di transizione ed è molto difficile capire cosa succederà. Più che altro, vorrei sottolineare che le facoltà possono avere all’interno, come nel caso di giurisprudenza, un solo corso di laurea mentre altre, come scienze matematiche o ingegneria, ne possono avere anche diciotto con variabilità molto elevate in termini di performance. I valori di sintesi, quindi, rischiano di non essere esaustivi quanto dovrebbero.
Quali dovrebbero essere i criteri più idonei?
Come AlmaLaurea, da anni applichiamo il metodo secondo “classi di laurea”: sono poco più di quaranta ma presentano un’articolazione molto chiara. Si va da Scienze politiche di tipo internazionale sino a Scienze dell’economia e della gestione aziendale, insomma, con performance notevolmente diverse ma di semplice lettura. E’ naturale che al vertice delle graduatorie possiamo trovare Bologna anche se, come in tutti gli atenei, possiamo riscontrare corsi di laurea di grande levatura ma potrebbero essercene altri che, invece, non sono così prestigiosi. Presentare il tutto con un dato di sintesi che fa riferimento al solo ateneo, rischia di creare confusione.
Non sarebbe opportuno introdurre anche i dati riguardanti l’occupazione per i laureati di ciascuna facoltà o classe di laurea?
C’è una discriminante che in pochi tengono conto: le differenze del numero degli occupati dei laureati presso atenei del sud rispetto a quelli del nord. A parità di classi di laurea, AlmaLaurea ha messo in evidenza che ci sono differenziali elevatissime che non dipendono dalla diversa capacità formativa dell’ateneo ma fanno riferimento al dinamismo del mercato del lavoro locale. E’ naturale che, se al sud l’offerta di occupazione è molto meno elevata, non sarà raro trovare un ingegnere informatico disoccupato. Non a caso, nelle nostre graduatorie le differenze percentuali occupazionali arrivano a toccare differenze che si aggirano intorno al 22%. Manca, poi, anche un altro dato.
Quale?
L’anagrafe dei laureati per ogni università. Era già stata richiesta dall’allora ministro all’Istruzione, Letizia Moratti, nel 2004 sotto forma di decreto ministeriale per tutti gli atenei italiani. La stessa proposta è stata fatta due anni fa dall’ex ministro Gelmini ma nemmeno allora è stato fatto nulla. Se questo fosse avvenuto, oggi non saremmo nella condizione di ipotizzare numeri. Inoltre, il nostro Paese ha bisogno di eccellenze ma anche di far crescere generazioni scolarizzate. Mi spiego meglio: gli indicatori internazionali, come quelli che ci restituisce l’Ocse ogni anno, dicono che abbiamo una quota di laureati, nella popolazione fra i 24 e i 35 anni, di 20 su 100 mentre la media Ocse è di 38. E’ ottimo che alcuni atenei si specializzino per formare eccellenze, ma l’Italia non ha bisogno solo dei “bomber” ma anche della squadra che ci giochi intorno.
Quindi?
Sarebbe interessante fare una graduatoria di atenei sulla base del valore aggiunto che sono stati in grado di immettere sul capitale umano all’ingresso: è significativa perchè mostra la capacità dei docenti di avere a che fare con giovani che magari escono da ambienti socio- economici deprivati, ma che ciononostante, sono capaci di far fare loro un salto di qualità. Ci vorrebbero metodi diversi per le valutazioni.
Ad esempio?
Come AlmaLaurea abbiamo valutato che la maggior parte di chi si iscrive all’università viene da famiglie in cui non ci sono laureati. Secondo, abbiamo rilevato che ogni anno l’università perde, in media, 18 immatricolati su 100: un costo e una mortificazione enormi. Partendo da queste considerazioni, il nostro sistema “AlmaOrièntati” è diviso in quattro tappe: la prima è stata fatta con la collaborazione di colleghi psicologi ed è volta ad accertare i punti di forza e di debolezza del ragazzo che compila il questionario. Il secondo mostra qual è il vantaggio di fare l’università in termini occupazionali. Il terzo percorso racchiude un elenco di materie che costituiscono la spina dorsale di ogni corso di laurea e ad ognuno occorre dare un voto per capire quali sono i desiderata dello studente. Questi dati vanno ad incrociarsi con quelli della banca dati del ministero, restituendo i corsi di laurea che sono più affini alle capacità del ragazzo, specificando università, nomi di professori e persino di tutor. L’ultimo step è un questionario che è volto a capire quale lavoro desidera svolgere il ragazzo.