Disoccupati o iper-impegnati. E’ questa la situazione dei presidi nella scuola italiana. Da settembre il numero dei dirigenti scolastici negli istituti raggiungerà il suo minimo storico: 7.990 con un taglio di 2.221 dirigenti rispetto all’anno scolastico 2011-2012. Il dimagrimento, però, non è riconducibile al piano di spending review attuato dal Governo Monti, ma si collega alla manovra varata l’estate scorsa dagli allora ministri Gelmini e Tremonti. Misure che hanno portato al ridimensionamento di 1.080 istituti: in concomitanza, è stato deciso che nelle scuole con meno di 600 alunni scomparisse il ruolo di preside. Il risultato è preoccupante, perché 1.141 istituti avranno, quindi, un “reggente”, vale a dire un preside che presta servizio in un’altra scuola e che si deve prendere in carico un altro istituto privo di dirigente scolastico.



Un doppio ruolo a tutti gli effetti che, spesso, non viene riconosciuto con una conseguente maggiorazione di stipendio. Questo, però, non è l’unico problema da affrontare. La sforbiciata alle scrivanie dei presidi avrà ripercussioni negative anche sul concorso che dovrebbe assegnare 2.386 nuovi posti da preside. I numeri, però, non tornano. Per effetto della riduzione del numero degli istituti e dei pensionamenti, che scatteranno il primo settembre, i posti disponibili si assottigliano, riducendosi a 1.201. Senza contare il pasticcio lombardo, dove il Tar ha congelato gli esiti del concorso pro tempore, obbligando molte scuole alla doppia o, addirittura, tripla reggenza. “La scelta di apporre tagli è gravida di conseguenze nella gestione degli istituti scolastici, in una situazione già difficile per le complicazioni dovute anche alla scontentezza di molti docenti – dice Gian Candido De Martin, docente di Diritto amministrativo nell’Università Luiss Guido Carli di Roma -. Tuttavia, il quadro della dirigenza scolastica non si lega solo ad una riduzione del personale ma richiama un problema complesso che dovrebbe essere affrontato”. 



Quale?

Dal punto di vista istituzionale, siamo in un periodo di grande incertezza per ciò che riguarda l’autonomia delle istituzioni scolastiche: se il principio dell’autonomia fosse reale, gli istituti dovrebbero arrivare ad avere la facoltà di dire la loro parola sia sulla chiamata, ma anche sulla conclusione del rapporto con il dirigente scolastico. Purtroppo, questo scenario non è al centro del dibattito. Dovrebbe invece, ripeto, essere connesso allo sviluppo reale ed effettivo del principio dell’autonomia delle scuole che nel nostro ordinamento è stato sancito in Costituzione.



Come si applicherebbe, in concreto?

Per rispondere occorre dice che c’è un ulteriore variabile aperta. Riguarda la prospettiva delle cosiddette reti di scuole: mi riferisco ad un assetto che dovrebbe garantire la gestione di alcuni servizi comuni alle istituzioni scolastiche autonome, spostando il baricentro della gestione non sulla singola scuola, bensì sulla rete. Tutto ciò non è stato ancora sviluppato, lasciando ad una collaborazione estemporanea e spontanea fra istituti, nonostante il Decreto legge, convertito proprio quest’anno, avesse previsto delle linee guida su cui fondare il principio delle reti. Tutto ciò ha permesso che venisse lasciato in piedi il vecchio sistema ministeriale, burocratico e gerarchico alla base della scuola italiana. E vengo alla sua domanda. Quali sarebbero i vantaggi per il personale? E’ chiaro che anche la dirigenza scolastica dovrebbe essere calibrata tenendo conto di questa prospettiva. Diminuirebbero notevolmente le misure tampone e non sarebbe più tanto oneroso per un preside avere anche il ruolo di reggente in un altro istituto, se entrambe le scuole risultassero collegate da un rete comune. Lo stesso discorso potrebbe valere anche per i docenti. 

 

Un problema non trascurabile è costituito dal concorso indetto lo scorso anno.

 

Il concorso, che sta proseguendo a fatica, in modo differente da regione a regione, può essere spiegato con una certa forma di cautela nella copertura di tutte le posizioni, in attesa di avere una prospettiva chiara sul nodo della Lombardia. Purtroppo, non stiamo parlando di soluzioni fattibili nell’immediato. Quindi, immagino che per i primi mesi si registrerà confusione nell’organizzazione interna di molti istituti. 

 

Come giudica il sistema alla base dei concorsi?

 

E’ un sistema arrivato al capolinea e andrebbe messa mano all’intero impianto organizzativo. Coerentemente con i principi fissati in Costituzione, che sanciscono l’autonomia scolastica, la scelta del dirigente scolastico dovrebbe essere fatta dagli istituti interessati nel principio di autonomia e di autogoverno.