Ormai la vicenda dei test preselettivi di accesso al Tfa (Tirocinio formativo attivo) ha assunto tratti da commedia dell’assurdo. La situazione è palesemente sfuggita di mano al Miur che, con goffi tentativi di rimediare al danno provocato, non riesce a evitare continui e clamorosi svarioni.

L’ultimo è arrivato proprio ieri dall’esito dei lavori dell’ennesima commissione ministeriale di “esperti” (giunti a questo punto, le virgolette sono d’obbligo) a cui era stato affidato il compito di rivedere e correggere le prove sostenute dagli aspiranti insegnanti il mese scorso.



Questa commissione ha di fatto sconfessato le prove elaborate da quella precedente, considerando errato o ambiguo un numero di quesiti che, per alcune classi di concorso (come l’A060 e l’A035), arriva addirittura al 41,67 percento (25 su 60): quasi la metà. E non sono eccezioni, perché la media complessiva dei quesiti errati è del 18,8 percento.



Come è possibile che un’équipe di esimi “studiosi” (tra l’altro ancora senza nome e volto…) abbia commesso un così grande numero di errori grossolani e di imprecisioni? Un suggerimento giunge dalla rete (http://www.roars.it/online/?p=10938): l’autorevole fonte per formulare i quesiti dei test sarebbe nientemeno che Wikipedia. Imbarazzante.

Così, dopo aver riconosciuto la miriade di errori e aver incolpato il precedente governo con un abbastanza infantile “Non sono stato io!”, il ministero è corso ai ripari e ieri ha pubblicato una nuova classifica. Risultato: il numero di candidati ammessi alla seconda prova è prodigiosamente cresciuto, tanto che in alcune classi è persino decuplicato.



Tuttavia, se si osservano le domande che la commissione ha considerato errate, sorgono non poche perplessità. La maggior parte delle correzioni operate dal ministero non riguarda errori marchiani nelle domande nozionistiche, ma quesiti di comprensione del testo, gli unici che non premiavano un enciclopedismo esasperato, bensì l’attenzione e la capacità di ragionamento dei candidati.

Perché? Non si riesce a decifrare altro criterio adottato dagli esperti se non quello di riuscire ad allargare il più possibile le maglie degli ammessi, così da evitare i ricorsi e limitare il malcontento. Il risultato però è stato quello di premiare chi ha fallito la sezione dei test che meglio avrebbe selezionato in base a criteri di capacità e di merito.

Ma non era difficile immaginare le conseguenze. Con le nuove classifiche infatti le classi di concorso hanno avuto trattamenti diseguali: alcuni candidati hanno passato la prova con soli 17 quesiti corretti su un totale di 60! Ma soprattutto è stato scatenato lo scontento, forse opportunistico ma del tutto comprensibile, di coloro che, avendo superato il test con un certo punteggio, si vedono, dopo questa sanatoria, superati in graduatoria da candidati che prima non erano neppure ammessi.

Questa situazione di disparità non può che provocare proprio l’effetto che il ministero avrebbe voluto a tutti i costi evitare: una vera e propria pioggia di ricorsi, col rischio, ancora una volta, di bloccare tutto, protraendo una triste telenovela che dura dal 2008. 

Siamo arrivati al punto in cui i nodi sono tanto imbrogliati da rendere difficile la formulazione dell’ennesima proposta correttiva.

I responsabili di questo pasticcio dovrebbero risponderne: fuori i nomi degli “esperti”! Per non parlare di chi avrebbe dovuto vigilare sulla correttezza dei test da somministrare ai candidati prima di procedere…

Ora è necessario e urgente che tutti gli atenei coinvolti pubblichino al più presto le modalità di svolgimento dei prossimi esami, per non aggravare ulteriormente una situazione già compromessa. Così da concludere queste prove di selezione e stendere un velo pietoso su questo obbrobrio.

 

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