Il 3 agosto 2012 il Consiglio di Stato aveva emesso il Decreto d’urgenza n. 3218/12, disponendo la revoca della sentenza del TAR Lombardia che il 18 luglio 2012 (Sezione IV, n.2035), con cui era stata dichiarata non valida la procedura delle prove scritte del concorso a dirigente scolastico svoltisi in Lombardia, per presunta irregolarità delle buste, la cui non perfetta opacità non avrebbe garantito l’anonimato dei candidati. Il 28 agosto 2012, il Consiglio stesso ha emesso l’Ordinanza sul ricorso proposto dal MIUR (numero 5836 del 2012), fissando la trattazione nel merito, in udienza pubblica, alla data del 20 novembre 2012.
Le sentenze vanno rispettate, senz’altro; ma possono essere criticate (ci mancherebbe altro).
Prima di tutto si può criticare l’astrattezza della decisione. Non è un mistero che (cito l’Ordinanza) “il rispetto del principio dell’anonimato degli elaborati nelle prove concorsuali costituisce garanzia ineludibile di serietà della selezione e dello stesso funzionamento del meccanismo meritocratico, insito nella scelta del concorso quale modalità ordinaria di accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni (art. 97 Cost.)”. Ciò è condivisibile senza alcun dubbio, ed è anche uno dei motivi per cui i candidati risultati vincitori del concorso avevano opposto resistenza alla Sentenza del TAR, basata sull’astratta possibilità che il relativa trasparenza delle buste rendesse visibile il nominativo del candidato a qualcuno che provasse a mettere le buste volutamente controluce contro una finestra assolata (come aveva platealmente fatto l’avvocato che patrocinò il ricorso al TAR). Resta solo l’ipotesi che qualcuno abbia potuto/voluto farlo; ma trattandosi di buste fornite da CONSIP (fornitore ufficiale del MIUR) il danno sarebbe nazionale, non solo lombardo.
Il Consiglio cita se stesso “(tra gli altri, Cons. Stato, Sez. VI, 6 aprile 2012, n. 1928)” per avvalorare la decisione. Non credo che sia invalidante il fatto che sia errata l’indicazione della data della pronuncia (avvenuta il 6 aprile del 2010, non del 2012 …); però l’auto-citazione riguarda una fattispecie diversa (prove in cui furono distribuite ai candidati delle buste di grandezza differente), per cui era “materialmente” (e non “astrattamente”) evidente il “carattere invalidante di qualsiasi disomogeneità contenutistica o formale delle buste, ove suscettibile di arrecare un vulnus al principio di anonimato, rendendo riconoscibile la provenienza dei testi in questione”.
Così il Consiglio giunge alla conclusione che “nella specie” è venuto meno il principio dell’anonimato; ed aggiunge “che, infatti, le buste contenenti i nominativi dei candidati hanno natura tale da rendereastrattamente leggibili i nominativi stessi”.
Ho sottolineato “astrattamente”, perché la parola significa “in ipotesi non provata”, “in teoria” – quindi non presuppone alcuna certezza. Ho anche sottolineato “infatti”, perché la parola significa “nei fatti”, “in realtà” – quindi presuppone una verifica. Dalle parole che seguono nel testo dell’Ordinanza del 28 agosto 2012 sembrerebbe che la verifica sia stata fatta, poiché c’è scritto “tale circostanza risulta dalla verifica diretta delle buste prodotte agli atti del giudizio”. Peccato che – a detta dei presenti – nel corso della seduta nessuno dei giudici abbia materialmente (“in realtà”) preso visione delle buste, rimaste nel plico degli incartamenti, mentre si svolgeva una disordinata discussione.
Il Consiglio di Stato ha forse mentito? Non proprio; però ha smentito se stesso, decidendo di rigettare l’appello cautelare del MIUR (sostenuto, ad adiuvandum, da altri ricorrenti patrocinati da due avvocati di parte) e di fissare la “trattazione nel merito della controversia” in udienza pubblica il 20 novembre prossimo, ad anno scolastico ben iniziato. Infatti (non in astratto), dopo aver in un primo tempo considerato valida l’opposizione alla sentenza del TAR Lombardia del 18 luglio, e urgente al punto da convocarsi per il 28 agosto, ha poi deciso di non decidere. E, forse per non arrecare troppo danno a nessuno, le spese “sono integralmente compensate tra le parti”.
E, invece, il danno arrecato alla scuola lombarda è evidente e grande. Oltre un quarto delle istituzioni scolastiche lombarde saranno date in reggenza ad altri dirigenti scolastici, che così dovranno operare “a mezzo servizio”, con un dimezzamento anche della qualità del servizio – che solo “astrattamente”, come pare piaccia sostenere al Consiglio di Stato, potrà essere garantito dalla presenza di un dirigente scolastico a reggere l’istituzione rimasta senza un capo. Senza contare il fatto che ci saranno 355 insegnanti, vincitori per merito di un concorso a dirigente scolastico, rimandati nelle loro classi fino al 20 novembre 2012, perché solo in tale data il Consiglio di Stato deciderà “nel merito” sulla questione. Con dispregio non solo della qualità della scuola, ma anche della finanza pubblica – perché, chi pagherà le spese del disservizio di tale inqualificabile “melina”? Lo Stato, pecuniariamente – cioé noi. La scuola statale tutta, in termini d’immagine.
Ma ciò importa al Consiglio di Stato? O importa di più l’astratto ed arido ossequio ad un principio che, nei fatti, forse è perfino stato rispettato, nonostante la non perfetta opacità delle buste (tant’è vero che al momento degli scritti nessuno dei candidati aveva minimamente obiettato sulla loro “forse trasparenza”)?