Se la politica non si confronta con la realtà, sono disastri. La vicenda degli esodati lo ha dimostrato a chiare lettere. Ma siccome non c’è limite al peggio, ecco che il governo dei tecnici ha deciso di sfornare un nuovo concorso a cattedre di cui, sinceramente, non si sentiva il bisogno, essendoci in giro ancora migliaia di docenti già vincitori di concorso senza un posto e migliaia di docenti in attesa da sempre nelle graduatorie definite, non senza una punta di sadismo, “ad esaurimento”.



Difficile, davvero difficile comprendere le ragioni di una tale pensata. Facile, davvero facile percepire lo scollamento dalla realtà. Conosco una precaria che da poco ha passato la quarantina e che quindi è “giovane”, considerando il ritardo atavico con cui si arriva alla cattedra. Quest’insegnante, regolarmente abilitata, è da più 15 anni che esercita con entusiasmo la sua professione, sempre affrontando nuove situazioni (ogni anno è assegnata ad una sede diversa), sempre con ottimi risultati ovunque si trovi a lavorare.



E’ una dei tanti precari ai quali l’amministrazione statale in tutti questi anni si è affidata: hanno gestito classi di studenti; hanno fatto lezione; hanno studiato e cercato strategie per motivare anche i giovani più demotivati; hanno trovato strade per valorizzare le eccellenze; hanno partecipato a collegi dei docenti, consigli di classe, riunioni di dipartimento disciplinare, progetti, gruppi H. Insomma, sono stati docenti a tutti gli effetti ed hanno accumulato un’esperienza che è preziosa per il funzionamento e la crescita della scuola italiana. 

Bene, a quest’insegnante e a tutti quelli come lei, si propone adesso un concorso che inizierà con uno stupidissimo quizzone, nemmeno relativo alla sua specifica classe di concorso. Nel caso lo dovesse superare, ci sarà la prova scritta e poi l’orale e poi, udite udite, una simulazione di lezione! In altre parole, quest’insegnante verrà trattata come una pivellina alle prime armi. Dovrà superare prove insidiose per poi dimostrare di saper fare quello che fa da più di quindici anni! Dovrà dimostrare di avere conoscenze specifiche rispondendo a quiz a riposta multipla, quelle conoscenze specifiche che da più di quindici anni spende nelle classi e che i suoi studenti assimilano con gusto.



Il lavoro di questa insegnante che conosco è la realtà: una realtà concreta, documentata e documentabile. Il concorso del governo dei tecnici è l’astrazione. Una pura follia, di cui davvero sfugge l’ultima ratio. Eppure, tranne delle eccezioni, questa ennesima follia del governo dei tecnici è accolta come una benedizione, tra gli osanna e peana di chi vuole insegnanti “giovani e motivati” nella nostra scuola. 

Si obietterà che il governo vuole mettere in cattedra solo docenti di provata capacità. Ma a parte il fatto che basterebbe visionare e valutare il curriculum di quelli che già insegnano e dopo anni di precariato immetterli in modo stabile nella scuola, la beffa delle beffe è che, fatto il concorso, per stabilire i nuovi organici, il prossimo anno, il ministero attingerà per metà alle liste dei vincitori del concorso e per metà alle graduatorie ad esaurimento. Chi ci capisce qualcosa, chi capisce il senso recondito di una simile operazione alzi la mano e ce lo spieghi. A questo punto sarebbe logico attingere solo alla lista dei vincitori del concorso. Attingere anche all’altra significa continuare a dare dignità e valore alle graduatorie ad esaurimento, ammettendo il valore e la preparazione di chi è già in graduatoria.

Quello che sta accadendo è gravissimo e fa davvero specie che siano in pochi a gridare allo scandalo. Ripeto: una politica scollata dalla realtà è un disastro. Si stanno umiliando persone che hanno lavorato con entusiasmo e con vera competenza. E senza una vera ragione, a meno che non si vogliano ipotizzare delle manovre per favorire qualcuno, per pagare debiti a gruppi di potere.

Che quello che è drammaticamente evidente venga sottaciuto, che il valore delle persone venga calpestato e disconosciuto è qualcosa che dovrebbe quanto meno indignarci tutti. Se non lo facciamo, è perché anche noi siamo ormai scollati dalla realtà. E non è davvero un buon segno.