«Sono soprattutto due i meriti di Maria Montessori che sarebbe opportuno ricordare, uno di carattere storico, l’altro legato al valore del suo insegnamento». Giorgio Chiosso, professore ordinario di Pedagogia Generale e Storia dell’Educazione presso la Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università di Torino, ricorda in questa intervista per IlSussidiario.net la figura di Maria Montessori, la pedagogista nata il 31 agosto 1870 a Chiaravalle, piccolo centro a pochi passi da Ancona, a cui oggi rende omaggio il motore di ricerca Google. «Agli inizi del Novecento, grazie a una capacità particolare, Maria Montessori rappresenta un punto di riferimento per una nuova concezione dell’infanzia, per nuovi metodi scolastici e per una nuova idea di scuola – ci spiega il professor Chiosso – in funzione soprattutto della crescita, dello sviluppo e della ricerca della originalità del bambino». Proprio per questo nel 1907, nel quartiere San Lorenzo di Roma, apre la prima Casa dei Bambini, in cui Maria Montessori applica una nuova concezione di scuola d’infanzia: «Già pochi anni dopo – continua Chiosso – il suo nome e le sue scuole sono note in molte parti del mondo, anche molto lontane dall’Italia, tant’è vero che ancora oggi la Montessori è uno dei personaggi italiani più noti all’estero. Questo solamente per capire l’importanza di questa donna, la cui vita è comunque stata anche molto complessa».
Il suo metodo, infatti, fu brutalmente ostacolato dalla crescita del fascismo in Italia e in Europa, tanto che nel 1934 Maria Montessori dovette abbandonare l’Italia dove fece ritorno solamente dopo la Seconda Guerra Mondiale. Il professor Chiosso sottolinea quindi un secondo importante aspetto dell’insegnamento Montessori: «Spesso teorie pedagogiche ed educative patiscono l’usura del tempo, molti autori hanno fortuna nella loro epoca ma vengono poi ricordati solamente come episodi storici. Questo non è il caso della Montessori, in particolare grazie a una particolarità del suo insegnamento su cui è opportuno riflettere ancora oggi, vale a dire la considerazione della libertà del bambino: l’educazione non è un processo di adattamento alla vita ma una scoperta dell’originalità di ogni individuo. Questa non è però fine a sé stessa, non è anarchica, ma si misura sempre con l’esperienza dell’insegnante».
Il professor Chiosso conclude la sua analisi con un’ultima considerazione che trae origine dal titolo di un libro pubblicato proprio dalla Montessori, cioè “La scoperta del bambino”: «L’infanzia non è un dato che possiamo misurare psicologicamente, antropologicamente o ancora peggio terapeuticamente, ma è bensì un’esperienza che deve essere continuamente scoperta attraverso soggetti e caratteristiche diverse. Un aspetto davvero interessante, tra l’altro in un momento in cui la vita della scuola e il mondo dell’educazione sono fortemente percorsi da una tentazione proceduralista e di standardizzazione. La Montessori non fa altro che suggerirci che la scoperta dell’individuo è qualcosa di irripetibile di cui dobbiamo assolutamente tener conto».
(Claudio Perlini)