Dopo aver letto l’interessante intervista al maestro Marcello D’Orta, che di faticosa esperienza scolastica in zone ad alto rischio ne ha avuta abbastanza, mi soffermo a leggere la sentenza che “condanna” l’ignota insegnante palermitana, rea di avere “obbligato” a scrivere ben cento volte “sono un deficiente” ad un suo alunno decisamente maleducato e prevaricatore che aveva impedito ad un compagno l’accesso ai servizi. Comportamento divenuto frequente da quando molti genitori hanno abdicato al loro compito educativo e delegato alla scuola la faticosa impresa di “tirar su” cittadini rispettosi delle più elementari regole di convivenza civile. Quelle che a casa troppo spesso non vengono rispettate (ma ci sono?) in nome della libertà di espressione del pargolo cui tutto è concesso… Perbacco, la creatura potrebbe deprimersi!
E’ in quest’ottica che evidentemente si è espressa la Cassazione, secondo la quale “non può ritenersi lecito l’uso della violenza, fisica o psichica, distortamente finalizzata a scopi ritenuti educativi, e ciò sia per il primato attribuito alla dignità della persona del minore, ormai soggetto titolare di diritti e non più, come in passato, semplice oggetto di protezione (se non addirittura di disposizione) da parte degli adulti“. Altresì si legge nella sentenza che: “non può perseguirsi, quale meta educativa, un risultato di armonico sviluppo di personalità, sensibile ai valori di pace, tolleranza, convivenza e solidarietà utilizzando mezzi violenti e costrittivi che tali fini contraddicono”.
Rispettabilissima sentenza che pare provenga da un altro Pianeta, dove marziani intelligenti e psicologicamente organizzati hanno provveduto a formare la classe docente più capace di mantenere il necessario self control nei casi di emergenza. Dove si va a sperimentare, attraverso giochi di ruolo, il ricco manuale del perfetto organizzatore della giornata scolastica, vi si trovano “ricette” educative per ogni eventualità applicate con la freddezza che conviene e senza alcun coinvolgimento emotivo. Qui, invece, siamo sulla nostra cara Terra e agli insegnanti poveri di strumenti educativi indispensabili in tutte le stagioni della vita non si dedica l’attenzione dovuta. Si defenestrano senza troppi scrupoli secondo l’evoluta e sperimentata logica dell’usa e getta. La “transizione” da un millennio all’altro ci ha colti di sorpresa, tutti.
L’insegnante di Palermo è e resta persona affidabile e competente. Il suo studente undicenne, ma navigato nell’atteggiamento comportamentale aveva palesemente umiliato e deriso un compagno di classe durante un momento di passaggio tra una lezione e l’altra. La ricreazione invece di essere vissuta come momento di stacco della mente dalle fatiche dell’apprendimento disciplinare, diviene l’ora dello sfogo delle energie intrappolate dall’eccessiva sedentarietà. Per molti studenti privi di controllo dell’adulto è il momento del libero sfogo. Lasciare impunita la bravata non sarebbe stato affatto educativo. Pur tuttavia sarebbe stato meglio farlo accomodare con distacco a scrivere altro.
Nel riaccompagnarlo al suo banco, ad esempio, gli avrei detto: “Caro figliolo, tu sei un tipo davvero in gamba, ma devi dimostrarlo meglio. Prova a descrivere il fatto testé accaduto in bagno. Siediti e rifletti in assoluto silenzio. Chi meglio di te può difendersi dalle accuse del tuo compagno e dalle mie lavate di testa? Per diventare grandi occorre pazienza. Un paio di facciate ti basteranno. Utilizza pure la vecchia protesi, la tua biro. Non preoccuparti dei pasticci e degli errori. Anche Leonardo da Vinci e Giacomo Leopardi cancellavano i loro preziosi scritti”. Per dirla con un motto: “Web generation, old education”.