Le notizie diffuse dal ministro dell’Istruzione per inaugurare l’anno scolastico sono due:
1) 250 euro a classe (sono circa 97 mila) per fornire un Personal Computer ad ogni classe per un totale di circa 24 milioni di euro.
2) circa 32 milioni presi dai fondi europei per fornire in 4 regioni del Sud (Campania, Puglia, Calabria e Sicilia) i docenti di 2.128 scuole di un tablet (circa 15 mila euro a scuola).
C’è anche una terza non notizia; si tratta della ripetizione di un provvedimento già preso (e non finanziato) circa la diminuzione dell’uso della carta a favore della telematica nei processi di interazione tra scuola e famiglia (pagelle, giustificazioni, accesso alle valutazioni, controllo delle presenze).
L’onorevole Maroni si è già scagliato contro l’iniquità del finanziamento al solo Sud; mi associo, mi indigno, ma gli ricordo che si tratta di una cosa in atto da anni nell’ambito dei progetti europei di sostegno alle zone disagiate (cercare PON in rete) e che la sua dichiarazione ci conferma sulla estraneità tra politica e sistema paese (visto dove stava la Lega fino a pochi mesi fa). Mettiamola così: le scuole virtuose del Sud hanno usufruito di quella fetta di introiti extra (qualche decina di migliaia di euro l’anno) che ha consentito loro di sopravvivere ai tagli di risorse iniziati nel 2007. C’è chi ne ha fatto buon uso e chi ha dilapidato. In fondo, i tablet ai docenti del Sud potrebbero essere più utili di uno stage a Cartagine.
Se il provvedimento sui tablet di Profumo servirà a spostare danaro dalla spesa corrente (in cui navigano i progetti europei) a quella di investimento sarà benvenuto (a parte la iniquità a sfavore del centro nord).
Dice Profumo che i PC in ogni aula (se non sono ancora arrivati) arriveranno tra breve. E’ una bella notizia visto che in questi mesi nulla era trapelato e che il termine prossimi mesi va bene a partire dall’ottobre 2012 sino almeno al dicembre 2013 quando Profumo (probabilmente) si occuperà d’altro. Comunicazioni ufficiali non ce ne sono state, indagini sul sistema informativo del ministero neanche. Portiamo pazienza.
Mi stupisce che, con riferimento alla collocazione stabile di un PC in ogni aula, non sia sia fatto il minimo cenno a problematiche impiantistiche e di garanzia di sopravvivenza nel tempo di questi PC. Dove li si mette? Sulla cattedra? Profumo sa che nelle gare per le LIM la maggioranza delle provincie ha impiegato mesi per predisporre gli impianti elettrici a norma? Le aule sono cablate o dotate almeno di un sistema wifi? Ho iniziato l’articolo sottolineando che si tratta di 250 euro a classe. Con questa cifra cosa si compra? Non un portatile e dunque i riferimenti agli aspetti impiantistici e di custodia non sono campati per aria. Ma serviva il PC in aula?
Il PC a scuola serve in questo periodo su due fronti: la introduzione del registro elettronico e, connesso ad esso, il controllo delle presenze effettuato in tempo reale, la innovazione didattica e dunque la diffusione delle LIM (come impianto d’aula) e dei tablet (come strumento di lavoro nelle mani degli studenti).
Se si mette un PC in ogni aula si può impostare la questione del registro elettronico; viene infatti a cadere una delle difficoltà, quella di dotare i docenti di un PC portatile (net book o tablet) da portarsi a spasso per la scuola. Si può partire da quel PC e attraverso un lavoro accorto dei DS darsi l’obiettivo di arrivare ad un uso generalizzato del registro elettronico: si controllano seriamente le assenze, migliorano la comunicazione e la trasparenza, si diminuisce la carta, si migliora il lavoro delle segreterie.
Vedo invece molto più problematico l’utilizzo di un desktop per la didattica, piazzato sulla cattedra (a parte qualche sporadica ricerca di materiale bibliografico). La soluzione sono le LIM e soprattutto i tablet, che devono stare nelle mani di ogni studente. Nel mese di aprile ho già avuto modi di commentare e criticare, su queste pagine, l’approccio burocratico del ministero sulla questione dei libri di testo.
Le scuole devono poter dire alle famiglie, che per altro iniziano a chiederlo, ti liberiamo dalla tassa dei libri di testo (totalmente o parzialmente) e ti proponiamo di investire in tecnologia: compera un tablet a tuo figlio, invece di spendere dai 200 ai 400 euro in libri di testo e noi ci impegnano ad attuare una didattica che metta al centro due principi: la produzione di materiale didattico da parte dei docenti, l’utilizzo della rete come strumento di ricerca e documentazione.
Ci sono due scogli da affrontare ed è su essi che vedrei un ruolo positivo del ministro: la lobby delle case editrici scolastiche (che trovo tanto somiglianti alla lobby dell’industria farmaceutica nella sua resistenza verso i farmaci generici), le resistenze dei docenti che si troverebbero nella necessità di cambiare il proprio modo di lavorare e che vivrebbero, inizialmente, una condizione di subalternità tecnologica nei confronti degli studenti.
Si parla da anni di editoria digitale e l’unico cambiamento visibile è consistito nel rendere disponibili, insieme alla carta, i file PDF che vengono usati per stampare il libro. Non è questa la innovazione.
Profumo è arrivato al ministero con fama di tecnico-scienziato attento ai processi di innovazione. Se la sente di accettare la sfida?