Le casse del comune di Como piangono. Niente di eccezionale di questi tempi. Decisamente sorprendente è invece il rimedio studiato dalla giunta comunale che ha deciso di punto in bianco, in concomitanza con l’apertura delle scuole, di tagliare drasticamente i fondi destinati agli “asili privati”. Sono 15 le scuole paritarie del comune, una quarantina di sezioni frequentate da un migliaio di bambini, improvvisamente messe KO da una riduzione del contributo comunale decurtato circa del 40% che passerà cioè da 11.300 a 7mila euro per ogni sezione.



Una mossa, quasi un esordio della giunta di sinistra da poco insediata a palazzo, che mette in ginocchio realtà già boccheggianti per mancanza di adeguate risorse. “Sono 20 anni che il contributo comunale è sempre lo stesso, nonostante i costi siano enormemente aumentati” fa presente Claudio Bianchi presidente Fism (Federazione italiana scuole materne), che non vede soluzioni di fronte ad una decisione degli amministratori che definisce “una vera catastrofe” e che, se dovesse essere applicata, “provocherebbe  la chiusura della maggior parte delle scuole d’infanzia libere che, oltretutto, rispondono ad una richiesta che l’ente pubblico non è assolutamente in grado di affrontare”. 



Portavoce di realtà diversificate, dalla materne organizzate da comunità di quartiere per iniziativa dei genitori, a quelle nate sotto l’ombra di un campanile o comunque sostenute da ordini religiosi, Bianchi sottolinea l’effetto boomerang del provvedimento: “Ho sentito quasi tutti i dirigenti e gestori delle scuole d’infanzia paritarie e la reazione è corale: “Non possiamo mungere soldi dalle tasche delle famiglie che in molti casi già arrancano per far quadrare i conti. So che in qualche  scuola erano già stati decisi piccoli aumenti, giudicati sostenibili, ma oltre non si può proprio andare”. 



Nell’asilo parrocchiale del S.S. Crocifisso era appena stato approvato un aumento di soli cinque euro al mese (il contributo annuale a carico della famiglia è di 1.550 euro compresi i pasti) e anche per la scuola d’infanzia nel quartiere di Rebbio il ritocco approvato è attorno ai 15-20 euro mensili. Il presidente di quest’ultima, Severino Rossetti, inserito nel tessuto sociale anche come medico di base nello stesso quartiere, non ha dubbi sull’improponibilità di un aumento delle rette: “Ci rivolgiamo ad un’utenza dal reddito medio-basso che sceglie questo servizio per la qualità della proposta educativa. Avevamo già elevato i costi per le famiglie (1.850 euro all’anno pasti compresi) di 15-20 euro al mese, ma non è neppure ipotizzabile ora l’idea di caricare ulteriormente le famiglie – puntualizza Rossetti -. E se ora dovessimo applicare i tagli annunciati dal comune, passeremmo dai 45mila euro ricevuti lo scorso anno a 29mila euro scarsi, ci troveremmo di colpo con un buco di 16mila euro. Si tratta di 4 sezioni, 100 bambini improvvisamente penalizzati. Se questo è il primo passo della giunta di sinistra attenta ai problemi sociali…”. 

L’amarezza cresce pensando alla lunga tradizione dell’esperienza educativa nata “dal basso”: “La scuola d’infanzia di Rebbio avrebbe compiuto giusto 100 anni nel 2014 e già c’era aria di preparativi per festeggiare l’evento”, ammette lo stesso presidente descrivendo “l’opera avviata un secolo fa grazie all’intraprendenza e ai sacrifici di tanta gente umile, contadini e operai, supportati anche dalla generosità di benefattori che, fra l’altro avevano donato il terreno per l’edificazione”.

“La stessa esistenza di queste scuole d’infanzia cosiddette private costituisce un risparmio per l’ente pubblico. L’esito deleterio di questi tagli ricade sull’intera collettività” incalza il rettore dell’Istituto Orsoline don Carlo Puricelli che ha aperto solo tre anni fa anche le sezioni di scuola d’infanzia attualmente frequentate da una cinquantina di bambini. “Mentre per gli altri gradi di scuola possono entrare in gioco motivi ideologici nel confronto fra servizi gestiti da soggetti diversi, per la scuola d’infanzia il privato ricopre un ruolo macroscopico di supplenza: qualora dovessimo chiudere, come del resto già hanno chiuso molte realtà proprio per mancanza di risorse, l’ente pubblico si dovrebbe accollare una situazione ingestibile. Spero proprio che la miopia degli amministratori non arrivi a tanto”. 

Ed è questa la speranza, per ora solo un forte grido di allarme, che circola fra educatori e genitori, non meno di un migliaio di famiglie che da qualche giorno si sentono attanagliate da un problema enorme, da un’incertezza che pesa sul futuro dei figli. Intanto il presidente Fism ha già bussato al comune dove, insieme ai rappresentanti delle varie scuole coinvolte, ribadirà lo stesso contenuto che in questi giorni non manca di divulgare per fare chiarezza su “una decisione incongruente e inaccettabile”. “Non siamo ‘asili privati’ − così tuona − ma scuole dell’infanzia paritarie della Repubblica Italiana, che svolgono un pubblico servizio nel sistema nazionale integrato di istruzione, con costi 11 volte inferiori per lo Stato, rispetto ai medesimi costi riferiti alle scuole dell’infanzia statali!”.

Leggi anche

SCUOLA/ Welfare aziendale e rette scolastiche, una bella occasione per le paritarieSCUOLA/ Paritarie e Imu, cosa c'è (e cosa no) nelle istruzioni del MefSCUOLA/ Oliva (Treellle): la vera riforma? Abbattere il monopolio dello Stato