Sarà pubblicato il 25 settembre il bando del nuovo concorso per insegnanti. Lo ha annunciato il ministro dell’Istruzione, Francesco Profumo, di fronte dalla commissione Istruzione di Montecitorio. La prova preselettiva si terrà nel mese di dicembre. Come sottolineato da Profumo, “non sarà di settore ma unica perché dobbiamo valutare alcune caratteristiche di base: capacità logica e capacità deduttiva. Ma nello stesso tempo dobbiamo allineare la nostra scuola alle direttive europee e dunque ci sono due elementi da considerare, quello linguistico e quello dell’alfabetizzazione informatica”. Ilsussidiario.net ha intervistato Achille Massenti, vice segretario generale vicario Snals-Confsal e vicepresidente del Consiglio nazionale della pubblica istruzione (Cnpi).
Quali saranno i numeri del concorso in vista del nuovo bando del ministero dell’Istruzione?
Sono 11.542 posti in due anni, e rappresentano il 50% dei posti vacanti calcolati in base al turnover. Il restante 50% sarà coperto con le graduatorie ad esaurimento.
Quali sono i requisiti di ammissione?
Il requisito base è l’abilitazione. In deroga, grazie a una legge del 2002, possono partecipare i laureati o i diplomati, nel caso della scuola primaria e dell’infanzia, che sono in possesso di un titolo conseguito entro il 2001 per i diplomati e i laureati quadriennali, ed entro il 2002 per i laureati quinquennali. E’ una deroga che la legge del 2002 aveva previsto in quanto all’epoca si pensava di bandire un concorso che in realtà non si è mai tenuto.
Lei come valuta la scelta di bandire il concorso?
La legge consente al ministro di bandirlo, e Profumo ha deciso di farlo per rientrare nella normalità delle graduatorie al 50%. Secondo il nostro sindacato non è però il momento giusto per bandire il concorso, in quanto sono in fase di scrittura le nuove regole per il reclutamento nella scuola, con i futuri requisiti alla luce delle nuove norme. Nella scuola secondaria inoltre non ci sono ancora le classi di concorso nuove, quindi si recluterà sulle classi di concorso vecchie per poi riconvertire chi passerà. Non si fa inoltre riferimento all’organico pluriennale previsto dalla legge. C’è stata quindi una volontà politica di accelerare questa operazione, legittima, ma che non ci convince fino in fondo.
Vuole dirci qualcosa sulla prova preselettiva?
La prova preselettiva consiste in 50 quiz con quattro opzioni di risposta ciascuno: 18 logici, 18 di comprensione del testo, 7 di competenze digitali e 7 linguistiche. I quiz saranno scelti a rotazione in modo automatico da 3.500 domande, che saranno rese note tre settimane prima. Con 35 risposte giuste si passa lo scritto, a prescindere dal numero di candidati che riuscirà a farlo.
Che cosa ne sarà dei giovani che finiranno il Tfa?
Dovranno aspettare il concorso successivo, sempre che non siano già inclusi in qualche graduatoria a esaurimento. Noi avremmo preferito aspettare proprio per permettere anche a loro di partecipare. Il nuovo concetto è che per l’accesso non basta più il titolo di studio, ma occorre anche l’abilitazione. Per entrare in ruolo occorre poi superare il concorso, che dovrebbe essere bandito secondo le future regole ogni due anni e sul 50% dei posti disponibili.
Lei è vicepresidente del Consiglio nazionale della pubblica istruzione (Cnpi). Che cosa intendete fare ora?
Noi abbiamo competenza solo sui programmi, le modalità della prova d’esame e il punteggio dei titoli di studio. Sui programmi il testo predisposto dalla commissione ha avuto qualche significativa correzione che è stata accettata. Sulle prove d’esame il ministro chiedeva 40 risposte giuste su 50, e noi siamo riusciti ad abbassarle a 35. Sulla tabella di valutazione abbiamo presentato parere contrario, riuscendo a farla cambiare.
(Pietro Vernizzi)