Caro direttore,

il concorso per il reclutamento di nuovi docenti che verrà bandito il prossimo 25 settembre, illustrato giovedì in Commissione cultura alla Camera dei deputati dal ministro Profumo, rappresenta una buona opportunità. Rappresenta, senza dubbio, un segnale culturale in linea con la Costituzione che, all’articolo 97, prevede: “Agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso”. E la scelta di Profumo ha un fondamento: meglio selezionare i docenti per concorso che per anzianità o scorrimento di graduatoria. In più, stando alle parole del ministro, non si produrranno nuove graduatorie dal concorso, consentendo così, ci si augura, di rinnovare la procedura concorsuale almeno ogni due anni. Altro aspetto da considerare: permane il cosiddetto “doppio canale”, ossia non vengono dimenticati i precari, che continueranno ad essere assunti anche da graduatoria permanente, se non vorranno sostenere le prove concorsuali. Un segnale sociale importante.



Non dobbiamo però nasconderci la verità: qualche problema c’è. Il più grave? Restano esclusi i giovani dei tirocini di formazione (Tfa), che partiranno a breve, e chi tra il 2008 e il 2012 non ha potuto conseguire l’abilitazione perché sono state chiuse le Scuole di specializzazione (Ssis). Altri problemi? il concorso verrà fatto con vecchie regole e con vecchie classi di concorso. Noi, invece, con il ministro Gelmini, avevamo pensato a nuove regole per il reclutamento, legandolo maggiormente al territorio, dando maggiore potere di autonomia alle scuole, all’insegna della continuità didattica e della valorizzazione dei titoli professionali. 



In ogni caso la scelta di assumere tramite concorso è giusta e va sicuramente intesa come un passo positivo verso la valorizzazione del merito. Positiva è anche la prova preselettiva, a carattere logico-deduttivo, che appurerà inoltre le competenze informatiche e linguistiche dei candidati in linea con l’Europa. Come positiva è la scelta, sul modello degli Stati Uniti, di un colloquio in cui è prevista la simulazione di una vera lezione. Insomma, insegnare è una dote, o meglio un “carisma” e dobbiamo avere il coraggio di dire con chiarezza che non tutti sono in grado di insegnare, di essere maestri. 



Da ultimo mi auguro che la scelta di questo concorso, che tante polemiche porterà con sé, non penalizzi troppo i nostri giovani e soprattutto non crei false aspettative di cui il Paese in questa fase non ha bisogno. Ma soprattutto che questo concorso segni davvero l’inizio di un rinnovamento delle procedure di reclutamento, che non possono che passare attraverso il concorso, anche se con regole diverse e su basi differenti. Più legate al territorio.