Concorso sì, concorso no. Il bando per l’immissione in ruolo di 11.542 docenti tramite verifica del merito fa discutere, anche perché è il primo dopo 13 anni. È trascorsa quasi un’era geologica: allora non c’erano gli smartphone, né i tablet. C’erano però le stesse regole e modalità concorsuali che oggi vengono ripetute, almeno dal punto di vista delle coordinate normative (50% dei posti a concorso; 50% alle graduatorie): una strada già percorsa e mai abbandonata. Chi assume è lo Stato e non la singola scuola o una rete di scuole che in autonomia, seguendo precise regole, potrebbero scegliere e assumere docenti in linea con il piano dell’offerta formativa. Le innovazioni in questo concorso sarebbero costituite, così ha enunciato il ministro Profumo nella sua recente audizione alla Camera, più dalle procedure con cui espletare le singole prove che non dal sistema del reclutamento in quanto tale. In particolare vorremmo soffermarci sulla prova preselettiva a carattere nazionale (50 quesiti a risposta multipla da svolgere in 50 minuti, computer based) che nelle parole del ministro dovrebbe equiparare gli insegnanti al personale di tutte le altre pubbliche amministrazioni e che sarà volta all’accertamento delle capacità logiche di chi vorrà sottoporvisi, nonché della comprensione verbale del testo, delle competenze informatiche e linguistiche in una delle lingue comunitarie.



Più in particolare, 18 item accerteranno le abilità logiche, 18 la comprensione del testo, 7 la conoscenza di una delle lingue straniere di maggiore diffusione comunitaria, 7 le competenze informatiche. Una parte importante nella determinazione del risultato finale, che sarà reso immediatamente accessibile, la occupano dunque le prove di ragionamento logico che, vuoi direttamente, vuoi indirettamente (anche la comprensione del testo richiede logica), calcolano prontezza ed elasticità mentale dei candidati. Che cosa significa propriamente comprensione logica e cosa c’entra con la preparazione del docente? I siti delle principali università e la rete in generale sono pieni di test psicoattitudinali, già svolti o simulati per eventuali prove future. I materiali prevedono la misurazione delle capacità matematiche, logiche e deduttive. Su internet il materiale per esercitarsi è ampio e a disposizione di chi intenda fare i test, misurare il tempo impiegato a leggere, capire e rispondere alla domanda.  È previsto, inoltre, che sia messo a disposizione dei candidati, tre settimane prima della prova, un pacchetto di 3500 quiz tra i quali i computer sceglieranno casualmente i 50 decisivi.



Basta tutto questo per giustificare un appuntamento che attende forse 200 mila candidati da scremare in vista del successivo scritto che dovrà valutare la padronanza delle competenze professionali e delle discipline oggetto di insegnamento?

Innanzitutto bisogna augurarsi che non si cada in errori, sviste e impostazioni ambigue, tali da far rivivere lo psicodramma collettivo delle prove sbagliate e poi corrette dei test di ammissione al Tfa. In secondo luogo, occorre anche riflettere sulla stessa natura della “logica” che, se curvata ad uso e consumo della discriminazione di un numero eccessivo di richiedenti rispetto ai posti previsti, rischia di essere abbassata a formalismo (la formula giusta tra quelle sbagliate), piuttosto che rispettata nella sua natura di discorso dimostrativo al servizio dell’insegnamento, come dovrebbe essere in questo caso.



L’argomentazione è infatti fondamentale nella scuola e ogni materia dovrebbe essere fondata su ragioni adeguate a suscitare l’interesse dell’alunno. In questo senso, il metodo deduttivo può portare l’alunno ad arrendersi di fronte all’evidenza della realtà; il metodo induttivo alla collocazione di un particolare della realtà nell’insieme cui appartiene (genere, specie, gruppo); il metodo abduttivo all’ammissione della categoria della probabilità, così determinante nel percorso di ricerca. La logica, quando è usata bene nella scuola e con attenzione allo scopo educativo, mostra tutte le potenzialità della ragione ed è alleata del docente che sfida l’alunno ad entrare nella realtà facendo i passi adeguati, attento all’oggetto che ha di fronte e realisticamente pronto all’imprevisto che si nasconde dietro una lezione, un segno, la pagina di un libro. Di tutto questo, quanto verrà rispecchiato nell’imminente quizzone selettivo che dovrà valutare l’attitudine logica di un personale non qualunque, non genericamente impiegatizio, ma destinato all’insegnamento? Non ci resta che attendere.

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