Credo che faccia un po’ parte del Dna di questo paese l’abitudine, di fronte al cambiamento, ad occuparsi solo delle difficoltà: a volte per fare notizia, a volte per inerzia, a volte per il gusto del cavillo burocratico.

Quando ilsussidiario.net mi ha chiesto di scrivere un pezzo sulla prossima scadenza delle iscrizioni solo on line alle classi prime della primaria e della secondaria, la mia prima reazione è stata di meraviglia. Ma perché, che problema c’è? Si prosegue sulla strada virtuosa di costruire un’anagrafe nazionale degli alunni e piantarla di scrivere le cose con la penna o comunque non far circolare e centralizzare le informazioni nate decentrate.



Da quando esiste l’informatica si cerca di applicare il principio secondo cui le cose si scrivono una volta sola e si leggono in tanti modi e le anagrafi informatizzate sono una delle tante occasioni di applicazione di questo principio: si risparmiano tempo e danaro, si acquista in sicurezza, affidabilità e manutenzione dei dati. So bene che in molti uffici e in molte segreterie l’informatica è stata utilizzata per appesantire i processi, ma questo è un problema di cultura degli impiegati e soprattutto dei dirigenti. Quella non è informatica ma uso maldestro del computer.



Il fatto è che le difficoltà fanno notizia, meglio ancora se si gonfiano. L’altro giorno al TgCom, di fronte ad un decremento del 18% di qualcuno degli indicatori economici che vanno per la maggiore, il giornalista ha parlato di caduta verticale. Se proprio vogliamo parlare di caduta, il 18% corrisponde ad una inclinazione del diagramma di poco più di 10°, mentre quella verticale ne richiede 90. La caduta verticale però scatena più emozioni. Ecco allora le statistiche sul numero di famiglie che non hanno il pc, o hanno il pc e non hanno la connessione ad Internet, oppure vorrebbero l’adsl ma in quel posto non arriva. 



Leggo sui giornali percentuali che non corrispondano alla mia percezione diretta di uomo di scuola. Qualcuno ha persino scritto di un 45%. Non scherziamo. È vero che in Italia i telefonini e poi gli smartphone hanno avuto molto più successo dei pc, così come nella pubblica amministrazione il dio-fax continua ad essere preferito alla posta elettronica certificata. Ma non siamo all’età della pietra.

Qualche famiglia avrà delle difficoltà con la compilazione on line (derivante più da paura che da mancanza di strumentazione informatica) e allora, visto che siamo all’inizio, le scuole (sia di provenienza, sia di destinazione) daranno una mano dando assistenza a quelle famiglie che ne hanno necessità. Ovvio. D’altra parte, la scelta di prevedere un mese di tempo per un processo che, a regime, potrà tranquillamente durare una settimana, mi pare che vada in quel senso.

Perché cambiare se le cose funzionano? È la stessa logica per cui si continuano ad usare i fax. Spirito di conservazione e mancanza di cultura organizzativa. 

Se anche si avesse un temporaneo appesantimento a livello decentrato (e non è così), si guadagnerebbe in quel principio che citavo sopra: dati più affidabili, visione di insieme, migliori capacità di programmazione, diminuzione di quei giochetti che spesso si nascondono dietro la segretezza e mancata centralizzazione dei dati (le doppie iscrizioni, i nulla osta ritardati, l’allungamento dei processi amministrativi).

Nell’informatizzazione del processo di iscrizione c’è anche un elemento che sino ad ora è stato trascurato. Se aumenta l’efficienza sarà possibile, gradualmente, spostare in avanti nel tempo il periodo della scelta e ne guadagneranno le attività di orientamento.

Il tentativo di centralizzare le informazioni si scontra all’inizio con la diversificazione dell’offerta interna alle scuole (gli indirizzi, le articolazioni, le lingue straniere, le attività alternative all’insegnamento della religione). Questo è un problema reale che, proprio in questi giorni, viene sistemato dalle segreterie scolastiche che intervengono e precisano la modulistica che le famiglie vedranno dalla prossima settimana. Rimarrà qualcosa da sistemare con l’interazione diretta. Ovviamente qualche associazione professionale e sindacale ha chiesto di rinviare. Ma va?

Ma la privacy? Secondo qualche giornale qualche famiglia direbbe: “ma io non voglio fornire il mio indirizzo e-mail alla pubblica amministrazione”. E perché non si dice anche: “io non voglio fornire il mio indirizzo di residenza”? 

Siamo uno strano paese. Normalmente ci si lamenta della burocrazia, delle carte inutili, delle code agli sportelli, dei costi della pubblica amministrazione. Quando poi partono i processi di semplificazione c’è sempre qualcuno che se ne dimentica e sogna la penna d’oca.

Non sono tra quelli che pensano che aver snellito le procedure burocratiche e aver fatto circolare in tempo reale l’informazione voglia dire aver risolto i problemi della scuola italiana, ma certamente significa togliere di mezzo alcuni intoppi e risparmiare tempo ed energie per le cose serie.

Faccio un esempio e concludo: qualcuno afferma che l’introduzione del registro elettronico e la comunicazione in tempo reale di informazioni scuola-famiglia faccia male al rapporto educativo perché i genitori smetterebbero di presentarsi a scuola. 

Tipica confusione tra cause ed effetti. Se uno veniva ai colloqui solo per conoscere i voti è evidente che non ci verrà più. Aveva una cattiva concezione del ruolo della scuola e la mantiene anche dopo la messa on line delle informazioni. Qualche docente di scuole dove il registro elettronico è in uso mi ha fatto osservare che si sta rivelando quasi inutile il ricevimento settimanale (perché viene molta meno gente) e aumenta invece la richiesta per gli incontri pomeridiano-serali in cui sono presenti tutti i docenti e in cui si può meglio ragionare dei problemi anziché dei voti.

Le componenti relazionali, quelle emozionali del rapporto educativo non vengono meno. Questa è una battuta, e prendetela davvero come tale. Diceva una mia collega ormai in pensione da molti anni che “gli studenti allucinanti bisogna bocciarli finché sono piccoli perché se no diventano grandi e fanno i genitori”.