Un giro di tweet, un colpo di chat e un invio collettivo di mail: in pochi minuti i maturandi si sono reciprocamente informati, tra wow d’esultanza e irripetibili espressioni di disappunto. Il Miur ha reso note le materie scelte per la prova scritta dell’esame di stato 2013, l’ex-maturità. Certo, l’attesa non è più spasmodica come fino a qualche anno fa quando “si portavano” all’esame solo alcune materie, ma comunque sia da oggi lo studio diventa più selettivo e il rito annuale dell’esame di maturità entra nel vivo. Come d’altra parte si riaccende il dibattito sulle tematiche legate ad esso: valore legale del titolo, educativo dell’esame, rituale del gesto, senza dimenticare la new entry riguardo l’anacronismo di una spesa evitabile in regime di economie e tagli. Ilsussidiario.net ne ha dialogato con il professor Giorgio Chiosso, ordinario di Storia dell’educazione e presidente del Consiglio di corso di studi in Scienze dell’educazione all’Università di Torino.



Entriamo nel vivo del dibattito: ha ancora senso, oggi, l’esame di maturità?
Sì, per me vale ancora la pena impegnarsi in questo passaggio della vita. E per almeno due ragioni. Innanzitutto, nel corso della vita scolastica non ci sono più prove selettive, a parte l’esame di terza media che comunque non è particolarmente impegnativo. Quindi, proprio in rapporto a una logica interna di funzionamento della scuola, ha senso porre, al termine di un ciclo di studi di 13 anni, un evento che certifichi le conoscenze e le capacità acquisite dagli studenti.



E la seconda motivazione?
Questa concerne l’aspetto educativo. Oggigiorno i ragazzi crescono senza essere messi alla prova, almeno la maggior parte di loro. Non è quindi vano, se vogliamo davvero educarli, metterli davanti a una prova, a un impegno con il quale confrontarsi, sapendo che c’è un giudizio, una verifica del proprio impegno e delle proprie capacità.

Una volta, l’esame di maturità rappresentava una tappa sociale importante, apriva la porta per l’ingresso nel mondo adulto, quello del lavoro. Ora non è più così, pertanto…
Non sono d’accordo. Anche se in maniera differente rispetto ad anni fa, questa rimane una tappa importante, che segna comunque un passaggio: alcuni – pochi – si avvieranno al lavoro; altri – i più – andranno all’università; altri ancora si impegneranno in una formazione professionale più avanzata. Situazioni ancora transitorie, ma senz’altro condizioni differenti da quella scolastica. Un discrimine è necessario.



In questo periodo di tagli e di scarsità di risorse, alcuni dicono che si potrebbe tagliare questa spesa…

Non sono in grado di quantizzare le risorse necessarie per organizzare oggi l’esame di maturità, ma è una questione malposta. Tutto dipende da come di considera questo evento: se lo si giudica necessario –come per me lo è – lo si fa. Punto. Come in famiglia, quando le risorse scarseggiano e si indicano le priorità:si eliminano le spese superflue o quelle non indispensabili e si fanno anche sacrifici per quelle necessarie.

La percentuale di promossi, negli anni scorsi, ha sfiorato il 100%: se l’esame di maturità e una prova, non è certo selettiva…
Effettivamente, percentuali di promossi che si aggirano attorno al 96-97% non depongono a favore della selettività dell’esame. Per renderlo più serio bisognerebbe introdurre due elementi: una valutazione nazionale e il ritorno alle commissioni composte tutte da docenti esterni. Il che non sarebbe particolarmente onerose se ci limitasse al bacino cittadino o provinciale evitando le “migrazioni” sul territorio nazionale realizzate in passato. Ma è molto improbabile che ci sia la volontà di rendere più serio questo esame.

Un’ultima domanda: il suo giudizio sulle materie scelte per la seconda prova.
Nessuna sorpresa, nessuna fantasia.

 

(Daniela Romanello)