Il discusso decreto n. 104 voluto dal ministro Carrozza, e battezzato “L’istruzione riparte”, inizia la prossima settimana l’iter di conversione in legge. Moltissimi gli emendamenti presentati sia dal Pdl che dal Pd. Due di questi, a firma Giancarlo Galan (Pdl), presidente della commissione Cultura della Camera e relatore del provvedimento, riguardano la copertura finanziaria e il bonus maturità. “Questo decreto è stato fatto pensando innanzitutto ai precari e non basta la parte sul welfare studente a controbilanciarlo. E pensare che i finanziamenti dovrebbero seguire gli studenti” dice Galan a ilsussidiario.net. “Se fosse davvero così ci sarebbe attenzione anche per la scuola paritaria” osserva il parlamentare del Pdl.
Presidente Galan, una sua opinione sull’impianto del decreto?
Il mio auspicio è che la discussione risulti proficua, perché diverse cose sono ampiamente migliorabili. Per esempio, è rivolto agli insegnanti e non agli studenti: la prima, vera preoccupazione sembra essere quella di sistemare 69mila docenti e 16mila Ata (personale ausiliario, ndr). Detto in modo più esplicito: è stato fatto pensando innanzitutto ai precari, e non basta la parte sul welfare studente a controbilanciarlo. E pensare che i finanziamenti dovrebbero seguire gli studenti. E poi c’è il problema della copertura finanziaria.
In che senso?
I soldi per finanziare il decreto verranno da un aumento delle accise su birra e superalcolici. È una misura depressiva e alla fine lo Stato introita meno. Somiglia un po’ alla famosa tassa sulle barche: ha avuto il meraviglioso risultato di deprimere un mercato che era fiorente, col risultato però di portare nelle casse dello Stato molto meno del previsto.
Dunque i finanziamenti non seguono gli studenti, secondo lei.
Per ora no. Se fosse vero, ci sarebbe attenzione anche per la scuola paritaria. Ma è quello che ci dà questo governo di coalizione. Certo il decreto è diverso da come sarebbe se lo avessi fatto io. Un’altra cosa che non va è la poca attenzione al merito.
Parla dei bonus maturità che sono stati cancellati? Erano ingiusti.
Sì, ma non si cambiano le regole in corsa. Molti studenti che hanno fatto il test d’accesso a facoltà a numero chiuso si sono seduti all’esame convinti che il bonus ci fosse, quando sono usciti non c’era più. Non si fa così. Allora io dico: visto che la volontà politica è questa, manteniamo pure l’abolizione del bonus, ma tutti quelli che con il bonus sarebbero stati selezionati, devono aver salvo il loro diritto.
C’è un suo emendamento dedicato al bonus maturità; cosa prevede?
Tutti quelli che con il bonus sarebbero stati selezionati, si vedano riconosciuto questo diritto. Chi con il bonus avrebbe superato la prova, vada in graduatoria. Ci saranno studenti in sovrannumero, ma sarebbe sanata l’ingiustizia che viene dall’abolizione di una regola che all’inizio faceva parte del gioco.
Torniamo alla copertura. Anche su questo c’è un suo emendamento.
Il nostro mercato postale ha un grave deficit di concorrenza. Sulla “posta massiva” commerciale (grandi quantitativi di corrispondenza, ndr) il privato paga l’Iva, le Poste no: perché il privato deve ritrovarsi con un 22% di svantaggio rispetto all’azienda pubblica? In Europa non è così. Il mio emendamento è concordato con tutti i membri del Pdl presenti in commissione Cultura e vuole eliminare questa distorsione della libera concorrenza. In questo modo si troverebbero i soldi per la scuola senza nessun onere a carico dei cittadini.
I dati Ocse mettono l’Italia adulta (15-65 anni) all’ultimo posto nella cosiddetta “alfabetizzazione funzionale”, quella che serve per essere competitivi e trovare lavoro. Lei come la pensa?
Io sono ottimista per natura e tutti questi dati mi lasciano un po’ perplesso. Sono rimasto ai recenti dati Invalsi, stando ai quali la situazione dei nostri studenti, fatte salve le differenze terrioriali e quelle dovute alla condizione sociale, non è così brutta come la si dipinge. Se i nostri studenti sono così scarsi, perché poi quando si laureano hanno successo nelle migliori università del mondo? Mi lasci dire che queste statistiche mi sembrano molto spesso assomigliare un po’ ai sondaggi…
Un’altra cosa che lei cambierebbe della nostra scuola?
Elementari più medie fanno otto anni di scuola, ce n’è uno di troppo. Dobbiamo fare in modo che i nostri studenti escano da scuola un anno prima, come avviene per i loro colleghi in tutta Europa e non solo.
Un’opinione che non piacerà molto ai sindacati. Vuol dire meno insegnanti.
Per i sindacati i docenti, per dirla con Gramsci, sono solo una “casamatta” del potere sulla quale hanno messo la loro bandierina.
(Federico Ferraù)