LIPSIA – Caro direttore,
il mondo della scuola è riuscito a raggiungere sabato (12 ottobre 2013) la prima pagina del rinomato quotidiano di Francoforte sul Meno, la Frankfurter Allgemeine Zeitung (Faz), addirittura con un peso più grande delle notizie riguardanti il vescovo di Limburg, Franz-Peter Tebartz van Elst, di cui la procura della repubblica di Limburg sta inquisendo se vi sia o meno una prevaricazione, nel restauro del palazzo vescovile, dei poteri relativi al suo ufficio di vescovo.



L’esperta scolastica del giornale francofortese, Heike Schmoll, nell’editoriale “Der Osten leuchtet” (“L’est splende”) commenta la notizia, riportata anche come primo articolo della prima pagina stessa, che nell’est della Repubblica federale tedesca, cioè nei nuovi Länder, in matematica e nelle scienze naturali i ragazzi della nona classe (corrisponde alla prima superiore italiana) sono molto meglio che i ragazzi della stessa età nei vecchi Länder, cioè quelli che anche prima della caduta del muro facevano parte della repubblica federale tedesca. Solo i ragazzi bavaresi tengono testa in matematica ai ragazzi dell’est, ma già per biologia e chimica ciò non è più vero. I ragazzi bavaresi sono in queste materie un anno più indietro dei coetanei dell’est, che in confronto di altri Länder, come per esempio quello della città di Breme, sono addirittura due anni e mezzo più avanti nel curriculum scolastico.



La classifica tra i Länder, fatto dall’Institut für Qualitätsentwicklung im Bildungswesen (IQB) può essere interessante anche per il pubblico italiano, perché pone una questione di importanza europea. La tesi di Heike Scholl è chiara: “i risultati eccezionali degli scolari dipendono dagli insegnanti che sono stati formati nella ex Ddr”.

Nei miei undici anni qui nell’est della Germania, precisamente nella Sassonia-Anhalt, che nel paragone tra i Länder è arrivata dopo la Sassonia, la Turingia, il Brandeburgo e la Baviera, spesso ho sentito dai colleghi o genitori, anche da quelli che erano critici nei riguardi della mancanza di libertà nella ex Ddr, che il loro sistema scolastico era certamente migliore, in modo particolare per le materie come matematica e scienze naturali, perché esse avevano un grande valore nella politica scolastica della Germania est e perché venivano insegnate sistematicamente e non con un’accentuazione eccessiva dei metodi cooperativi i quali spesso sono solo dei giochetti didattici che non portano alcun frutto.



Posso testimoniare che anche nella scuola dove lavoro gli insegnanti formati nella Ddr hanno certamente una grande professionalità e con alcuni ho un dialogo continuo e per me fruttuoso (in modo particolare nell’ambito biologico), anche se io appartengo al mondo delle scienze umanistiche; ma ovviamente questi insegnanti non sono tutti uguali ed alcuni confondono “sistematicità” con un “regime militare scolastico”.

Heike Schmoll dice con ragione che bisogna fare un’analisi precisa delle cause dei dislivelli tra le regioni. Alcuni Länder si sono nascosti nel passato dietro la scusa secondo la quale in un Land  come la città di Berlino, essendoci un grande numero di immigrati, è più difficile avere dei risultati eccezionali. Ora questo elemento sociologico deve certamente essere tenuto presente, come devono essere tenuti presenti anche altri elementi sociologici come le differenze tra ragazzi che vengono da famiglie in cui i genitori stessi hanno studiato, e quelli invece che vengano da famiglie in cui genitori e parenti non hanno alcun rapporto con il mondo dello studio. 

Ma anche tenendo conto di questi elementi rimane il fatto che in Sassonia, per esempio, tra i ragazzi eccellenti e quelli meno bravi vi è un distacco minore che in altri Länder dell’ovest della Repubblica e che quindi sembra di poter dire che il dislivello est/ovest – normalmente c’era in Germania un dislivello sud/nord, con colore contrario a quello italiano – abbia realmente come causa la preparazione universitaria e didattica degli insegnanti formati ancora nella Ddr (che hanno attualmente più di cinquant’anni) e che questo elemento è decisivo forse ancor di più dell’altrettanto importante elemento che la Schmoll sottolinea, e cioè che in genere nella scuola negli ultimi anni ci si è occupato troppo degli scolari deboli (particolarmente fallimentare è stata la politica scolastica nel Land Nord-Rhein-Westfalen, in cui si è pensato che la scuola sia riformabile solo con riforme a livello della struttura scolastica) e si è fatto troppo poco per quelli eccellenti, abbassando così il livello scolastico ad un livello pericoloso, ora sottolineato ancor più dal dislivello est/ovest di cui stiamo parlando.

Se è così si apre ovviamente una domanda che ha un importanza anche a livello europeo: sistemi fallimentari a livello economico e politico sono riusciti comunque, per una loro attenzione a materie “solide” come matematica e scienze naturali, a raggiungere in esse risultati eccellenti, formando sistematicamente insegnanti capaci di comunicare il loro sapere ai ragazzi, mentre l’occidente con le sue riforme scolastiche, con le tante chiacchiere didattiche, forma insegnanti che non reggono il confronto.

Qui bisognerebbe sviluppare una serie di riflessioni che renderebbero la mia lettera troppo lunga, ma rinvio a ciò che le ho scritto e che è stato pubblicato ultimamente qui, e cioè che un sapere che si riduca a comunicazione di “modelli matematici” può certo funzionare meglio di altri che invece tengono più presente questioni “umane”, come la cooperazione tra studenti e insegnanti, ma rimane aperta la domanda, senza per questo voler scusare l’incompetenza rivelata dallo studio dell’IQB, se poi vale realmente la pena di vivere in questo sistema funzionale e di quale sia il senso ultimo della cultura per l’uomo, anche di quella matematica e scientifica.

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