Da tempo ho maturato la convinzione che le cose non succedono mai per caso. Pensare ad un amico e poi sentir squillare il cellulare e vedere che è lui che chiama. Chiedersi come fosse la strofa di una canzone e poi accendere la radio e sentire proprio quella melodia. Qualche mese fa ho letto un libro che si intitola Nulla succede per caso di Robert H. Hopcke, un testo intelligente e provocatorio che si ferma a riflettere sulle coincidenze che cambiano la nostra vita. Era da un po’ di tempo che volevo fare qualche riflessione sulla mia generazione, su tutti coloro che sono nati alla fine degli anni 60 e che non sono sopravvissuti a una guerra né hanno creato il miracolo italiano. E più ci pensavo e più ritenevo di dover creare un parallelo con la carriera di Lorenzo Cherubini ovvero Jovanotti. Mi sembrava che le due cose fossero assolutamente sintoniche e perfettamente allineate.



Mi chiederete: cosa c’entra il tema degli “eventi sincronistici” con questo articolo? Ebbene c’entra eccome. Perché quando mi sono finalmente deciso a scrivere questo pezzo, era (del tutto casualmente!) proprio il giorno del compleanno di Jovanotti (27 settembre, ndr). Ma torniamo allo spunto. In un mondo che sta affrontando un passaggio epocale da tanti punti di vista (economico, ambientale, tecnologico, educativo, interculturale), la nostra generazione ha saputo crescere, trovare i suoi valori, evolvere. Ma soprattutto aprirsi.



Come ricorda Lorenzo nel suo diario Gratitude che accompagna la raccolta di 25 anni di carriera, noi partiamo dall’Italia campione del mondo di calcio di Spagna 1982 e, da quel momento, cominciamo a diventare grandi. Per essere ancora più diretti, varrebbe la pena di citare quello che Enzo Jannacci disse un giorno a Jovanotti: “Sei partito come un pirla ma adesso stai facendo cose che mi piacciono! Penso che i ragazzi lo sentano e se ne accorgano e tu svegliali! Diglielo di pensare positivo, non ti stancare mai di ripeterlo”.

Ecco, se devo cercare un leitmotiv della mia generazione, mi sembra di poter dire che sia questo. Cerchiamo insistentemente, tenacemente, di pensare positivo. E lo facciamo non perché siamo degli ingenui sognatori, ma perché partendo da tante strade diverse ci siamo costruiti, siamo cresciuti, abbiamo creato delle famiglie e abbiamo lavorato. Spesso partendo da posizioni normali, per arrivare fino a quelle di responsabilità o addirittura di riferimento.



Non siamo usciti da una guerra e non abbiamo avuto il merito di creare il boom economico italiano. Ma forse, proprio per quello, abbiamo fatto tanta strada. Giorno per giorno. Senza dogmi. E con tanta voglia di mettersi in discussione. Sempre. Forse facendo meno clamore di altre generazioni, ma con tanta sostanza.

Siamo passati, per seguire la carriera di Lorenzo, da “Jovanotti for President” all’ultimo “Ora”, evolvendo come ha fatto l’artista grazie ad un mix di curiosità, energia, passione, valori, entusiasmo. Crescendo costantemente. Come donne e uomini. Come mamme e papà. Come lavoratori. Come cittadini. Come persone. Abbiamo costruito in modo silente, ma consistente. Assumendoci responsabilità. E qualche segnale, anche a livello istituzionale, lo vediamo. Abbiamo un premier e un vice premier che sono di questa generazione.

Segno che anche nei palazzi della politica qualcosa si sta muovendo. Abbiamo viaggiato e continuiamo a farlo. Abbiamo un rapporto aperto e curioso con la tecnologia, ma ci appassioniamo ancora dei libri che teniamo in mano, di cui gustiamo tutto, anche l’odore della carta. Siamo aperti alle altre culture e rispettiamo le differenze. Non abbiamo dei nemici da combattere, ma soltanto delle persone con cui confrontarci. Ma per fare dei passi. Tendenzialmente in avanti. “Io ho cercato – ricorda ancora Lorenzo – di mettermi in contatto con chi avevo di fronte. Ho cercato di capire che lingua parlava la popolazione del luogo dove mi ero paracadutato e ho cercato di parlare usando la loro lingua per dire le cose che avevo da dire io“. L’approccio della mia generazione è esattamente questo. La voglia di esprimere se stessi, ma nella lingua di chi ci sta di fronte. Per andargli incontro. Per aprire un canale. Senza schemi precostituiti.

Abbiamo davanti delle sfide importanti (scuola, rilancio economico, emergenza sociale, intercultura, sostenibilità), ma è venuto il momento di non rimandare più queste tematiche. Abbiamo risorse importanti che ci vengono riconosciute all’estero, anche da coloro che sono scettici nei nostri confronti. Una di queste è la creatività che però si deve unire alla serietà e alla continuità se vogliamo davvero cambiare marcia. “La creatività – dice Lorenzo in Gratitudeè un’attività come la preghiera, deve essere incessante e profonda, deve impegnare l’animo al cento per cento, non permette distrazioni, non ha nulla di bohemienne, è una pratica devozionale vera e propria. Le porte della percezione si aprono trovando la chiave giusta sapendo che quella chiave funzionerà per aprirle una volta sola, poi la serratura cambia e bisogna rimettersi al lavoro“. Pensiamo positivo. Il Paese ne ha bisogno.